In attesa di capire quanto ci metterà il mercato a prezzare la mossa disperata della Banca centrale svizzera per mantenere in vita Credit Suisse e vincere le resistenza alla fusione con UBS e soprattutto a mettere in fuorigioco la Bce con la sua millantata fermezza, ecco che negli Usa fa capolino il caso First Republic Bank.
Ennesimo caso di piccola banca destinata ad andare zampe all’aria? No. Perché un inedito e irrituale consorzio di grandi istituti, di fatto le Big 4 con JP Morgan gran cerimoniere e altre 7 a nobilitare la mossa, ha annunciato l’intenzione di depositare 30 miliardi di dollari cash (non assicurati) nella banca di San Francisco. Di fatto, un salvataggio senza intervento statale. Il mercato si autoregolamenta e si autogestisce, capitalism at its finest. Certamente, First Republic Bank è soggetto decisamente interessante. Poiché è l’unica azienda quotata sullo Standard&Poor’s 500 che non presenta l’obbligo di comunicazione alla Sec riguardo alle vendite degli insiders. I quali, a inizio anno, avrebbero scaricato 12 milioni di dollari di titoli, quando questi viaggiavano a una media poco inferiore ai 130 dollari per azione, come mostra il grafico. Poi, il tonfo. Ma poco importa. Già da ieri i giornali hanno cominciato a vendere all’opinione pubblica la favoletta edificante del salvataggio di sistema, la primazia del bene comune sul profitto, il liberismo dal volto umano.
In realtà, quanto accaduto negli Usa nelle ultime 72 ore è qualcosa di molto differente. Attraverso il BTFP (Bank Term Funding Program) messo in campo dal Treasury per tamponare da subito il contagio di SVB, ecco che il Sistema ha trovato un nuovo, straordinario metodo per caricare sui contribuenti la rimozione di tutto il rischio asset-side presente nei bilanci bancari, mentre le Big 4 con i loro depositi rimuovono tutto il rischio sul liability-side. Tradotto? Semplice, la Fed deve aver telegrafato al Treasury che è ancora presto per cambiare approccio. Prima di giugno, nessuno taglio. E, a quanto pare, nemmeno operatività repo, poiché è chiaro che una mossa come quella del “consorzio di garanzia” si configura come atto autonomo di scongelamento dell’interbancario. In grande stile. E in favore di telecamere. Ma, quantomeno al momento, una tantum. Quindi, il Sistema non opera in maniera sistemica. Ma, guarda caso, ancora sull’epicentro dei guai: la California. Quanto leverage e collaterale lisergico è presente nei conti mascherati e dopati del presunto miracolo tech, delle start-ups che nascono e muoiono con identico domicilio, delle IPO stellari finite Chapter 11 e della ciclica verginità riconquistata attraverso aumenti di capitale in backdoor funding? Chi è esposto e per quanto? Perché muoversi con questo tipo di coordinamento equivale a lasciare tracce ovunque, quasi l’inconscia volontà del serial killer di farsi arrestare.
Tesoro e Big 4, di fatto una cosa sola tra chi emette e chi sottoscrive, stanno letteralmente operando in sostituzione di una Fed che sembra intenzionata a seguire le orme decisioniste dalla Bce nel board della prossima settimana. Problema: l’Eurotower ha alzato, nonostante le parole di Luis de Guindos sui rischi per le banche e le prezzature dei futures, proprio perché convinta di un assist di Washington. Mismatch? In realtà, poi, il salvataggio di sistema messo in campo dalle Big 4 verso First Republic Bank rappresenta qualcosa più di un mero trasferimento di 30 miliardi di fondi non assicurati, mossa indolore stante il livello di riserve in eccesso in cui ancora si trovano i grandi istituti, E la conferma è arrivata dalla pubblicazione del cosiddetto H .4.1 settimanale della Fed, dal quale si è scoperto qualcosa di davvero interessante.
Dal 15 marzo, infatti, l’ultima finestra di Qe ancora operativa negli Stati Uniti, la facility di liquidità nota come Discount Window, è letteralmente esplosa a 152,58 miliardi di dollari, qualcosa come 148 miliardi di balzo settimanale, come mostra il grafico.
Un ammontare di prestiti senza precedenti, ben superiore anche ai 112 miliardi erogati durante il picco della crisi finanziaria del 2008 e che fino a oggi rappresentava il primato assoluto. Ed ecco il primo problema. Le banche incappate in problemi dopo il crollo di SVB, infatti, hanno fatto bene i conti. E hanno preso la loro decisione. Per quanto il programma di prestito emergenziale messo in campo, il BTFP, possa sembrare un’àncora di salvezza, la sua capacity è di soli 11,943 miliardi di dollari. Briciole. Soprattutto, a fronte dello stigma in cui si teme possa incorrere chiunque faccia il primo passo e decida di accedere. Insomma, una sindrome Mes d’Oltreoceano. Come evitare quella lettera scarlatta?
Semplice, razziando tutto ciò di esistente che non presupponga condizionalità o formalizzazioni di adesione. Ovvero, mercato del debito, certificati di emissione di deposito e la Discount Window, appunto. Non a caso, pur in piena emergenza, i regolatori hanno trovato tempo, freddezza e razionalità per decidere che i nomi delle banche che decidessero di aderire al BTFP resteranno coperti per due anni. Ma fidarsi è bene, non fidarsi e andare dove il cash è anonimo (e abbondante) è meglio. E infatti, ecco che la stessa Fed che ha dovuto ammettere l’esplosione della Discount Window, sempre ieri ha certificato anche 142,8 miliardi di dollari di riserve rilasciate in contemporanea da Other Credit Extensions (voce la cui contabilità la settimana precedente era pari a 0 dollari).
Totale? Lo mostra il grafico: in una settimana di crisi bancaria, la Fed ha visto il suo bilancio aumentare di 297 miliardi, il tasso di crescita maggiore dall’aprile 2020 (piena crisi pandemica) e l’equivalente di 4 mesi di Qt dello stato patrimoniale buttati letteralmente al vento. In soli cinque giorni.
Non a caso, JP Morgan ha sentito il dovere di pubblicare una nota nella quale avvisava come la nuova BTFP facility della Federal Reserve potrebbe rapidamente veder aumentare la sua potenza di backstop massima a 2 trilioni di dollari, tanto che il livello massimo di riserve così generato potrebbe tranquillamente sostanziarsi come un Stealth Qe che eroghi miliardi alle banche medio-piccole più in difficoltà. Insomma, in attesa dell’atto formale del primo taglio dei tassi, il Qt è finito. E il reverse, già iniziato. Il criceto può tornare a correre sulla ruota.
Unico rischio? Che mercoledì prossimo la Fed alzi i tassi più del preventivato e spiazzi la Bce. E l’andamento nelle giornate di giovedì e ieri del cds a 5 anni di Credit Suisse e del titolo azionario di Mps ci dicono che il mercato già monitora questo rischio. Con attenzione. E non poca preoccupazione.
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