Sentite anche voi l’odore di naftalina? I giornali italiani e la componente politica avversa al Governo hanno tolto dall’armadio quel vecchio abito buono dello spread. Spiegazzato. Ma basta portarlo in tintoria per una rinfrescata. Oltretutto, stavolta si può giocare di sponda. Come nel biliardo. Perché se da un lato il nostro differenziale che sale ha immediatamente sacrificato il bel tacere da parte delle eccelse menti economiche della maggioranza, pronte ad attaccare la medesima Bce che quello spread sta tenendolo lontano dai livelli del 2011, dall’altro offre la possibilità di prendere due piccioni con una fava. Perché a fare sensazione è l’impennata dello spread fra Oat e Bund. Ovvero, Francia e Germania. Tanto che il ministro dell’Economia transalpino, Bruno Le Maire, ha cominciato con il terrorismo finanziario a bassa intensità: Se il Rassemblement National applicasse il suo programma in caso di vittoria alle elezioni anticipate del 30 giugno e 7 luglio, una crisi del debito francese appare possibile.
Et voilà. E tanto per mettere nel mirino il numeretto magico, lo stesso Le Maire fa notare come mai dal 2017, tranne durante la pandemia da Covid, il differenziale tra debito sovrano transalpino e teutonico aveva raggiunto una divaricazione simile. Tanto per mettere la questione in prospettiva, l’allarme fa riferimento a uno spread che è meno della metà del nostro rispetto al decennale tedesco.
Il problema reale? Sta in questi due grafici. Il primo mostra il bagno di sangue bancario della giornata di martedì, quando le tensioni sul differenziale Oat-Bund sono esplose sopra area 60 punti base per il diffondersi della notizia – poi smentita ufficialmente – di possibili dimissioni di Emmanuel Macron.
Non ho scelto Mp a caso come titolo-pilota, nonostante tutti i nostri principali attori creditizi abbiano patito cali pesanti. Perché Mps, di fatto, è da un lato ancora schermata dalla presenza dello Stato ma, dall’altro, proprio il suo status da bambino che ormai deve togliere le rotelle dalla bicicletta ci mostra come sia il canarino nella miniera del rischio di ridenominazione, in caso davvero la Francia precipitasse in una crisi di sostenibilità. Perché la ratio debito/Pil di Parigi è ormai a tre cifre. Consolidate. E l’impennata dal Covid in poi di quel rapporto sanguinoso di spesa pubblica è stata addirittura parabolica. E tutto sta nella seconda immagine, più volta utilizzata in questi anni ma sempre, drammaticamente attuale.
Per quanto i dati facciano riferimento al 2018, un secolo fa visto la rapidità con cui si dipanano ormai i cicli economici nel mondo del Qe strutturale, difficilmente le banche francesi potranno aver sfruttato più di tanto gli acquisti Bce per scaricare il nostro debito in detenzione. Vogliamo azzardare un’ipotesi estrema? Ok, diciamo che hanno dimezzato e che oggi in pancia alle varie Société Générale, Bnp Paribas, Credit Agricole, Axa e soci ci siano circa 140 miliardi di controvalore di titoli di Stato italiani. Se, come prospetta Bruno le Maire, la vittoria di RN alle prossime elezioni dovesse scatenare i mercati, quale sarebbe la prima preoccupazione delle banche d’Oltralpe, alcune delle quali decisamente esposte territorialmente sul nostro Paese e nel nostro tessuto creditizio? Certamente quella di tamponare i Level 3, i meandri dei bilanci dove circolano prestiti a leva, derivati di vario genere, swaps ed esposizioni creditizie che rischiano di andare a zampe all’aria overnight, soprattutto se legate ad attività di hedge funds. A quel punto, cosa si scaricherebbe sul mercato, dovendo evitare come la peste di incappare nella vigilanza dell’Eba e soprattutto nella prezzatura di rischio del mercato? Il quale ci metterebbe un secondo a scontare sulle valutazioni le necessità di sanguinosi aumenti di capitale per evitare richiami sulle ponderazioni e i requisiti minimi. Quasi sicuramente una parte di quei Btp.
Il rischio nel rischio? Il fatto che entro fine anno la Bce tenga fede a quanto annunciato rispetto allo stop del reinvestimento titoli del Pepp, il programma di acquisto pandemico. Di fatto, ciò che sta mantenendo ancora sotto quota 150 il nostro differenziale. E, soprattutto, ancora in area 4% il rendimento del decennale benchmark, ciò che conta davvero sul mercato. Se le banche francesi scaricano e la Bce tramuta il detenuto a maturazione in negoziabile, dove finirà il nostro spread? Chi comprerà l’outstanding? A quale valore di negoziazione sulla parità?
Semplice, le nostre banche. Capito perché il Mef ha indetto un’asta alla settimana da inizio anno, praticamente inventandosi emissioni che nemmeno un genio del marketing avrebbe saputo partorire? Ma ora che il Signor Rossi è senza extra-risparmi da investire e facilmente ha ancora i polpastrelli scottati dai Btp indicizzati, l’unica alternativa è il ritorno in grande stile del doom loop. Il quale necessiterebbe di dirottare impieghi verso il sostegno del debito, invece che del credito a imprese e famiglie. In un contesto di tassi ancora alti e destinati a rimanere tali a lungo e con un livello di sofferenze e incagli che, da qui all’autunno, appaiono destinati a crescere, non fosse altro per la cloaca dei crediti congelati del Superbonus che rischia di esondare.
Ovviamente nessuno vi racconta questa storia. Molto più semplice per il Governo attaccare la Bce, mentre l’opposizione agita lo spread come uno spauracchio, pronta a prospettare un contagio nero francese anche per i nostri conti. La questione è antica, invece. E strutturale. E tutta in mano all’Europa e alla Bce. Ma con Olaf Scholz che, stante il pieno di voti dei rigoristi Cdu alle Europee, per sopravvivere ora dovrà lisciare il pelo ai falchi della Bundesbank e cercare capri espiatori e cortine fumogene in Europa e un Patto di stabilità che già ci condanna per un deficit che è ben oltre il doppio del 3% consentito, c’è poco da sperare in mediazioni. Tanto più che, fino a oggi, era stata proprio la Banque de France a operare di sponda con Bankitalia per cercare di arginare le tentazioni di austerity sui conti dei tedeschi.
Attenzione a non guardare troppo il dito degli Oat o della Bce, indicato in maniera bipartisan, ancorché con inclinazioni differenti. Perché la Luna siamo noi. E i Btp. E cominciano già oggi a circolare nubi e foschie poco confortanti.
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