Se esiste un approccio pericoloso alla realtà è quello della supposta superiorità morale. Troppo spesso relegato e minimizzato alla categoria del mero snobismo, questo istinto tende a rivelarsi in due fasi: la prima è quella dell’imposizione forzata di una narrazione, la seconda – quando quest’ultima comincia a scricchiolare e necessita di un contrappunto meramente ideologico in grado di mistificare il corso degli eventi – la postura relativista. Guardate questa immagine, è uno screenshot della homepage di Repubblica di ieri mattina. Cosa vi dice un titolo simile, accompagnato poi da quel catenaccio?
Di fatto equivale ad affermare – senza aver il coraggio di farlo chiaramente – che quello russo è un popolo di beoti, un insieme di minus habens a cui basta dire che andrà tutto bene per vedersi garantiti consenso e pace sociale, nonostante in contemporanea il Governo stia di fatto combattendo una guerra sanguinosa. Ovviamente, alla base di tutto c’è la propaganda, la proverbiale disinformazione del Cremlino. A dir poco semplicistico ma tant’è, il suo effetto probabilmente lo sortisce. E, soprattutto, serve a mantenere vivo uno dei grandi totem occidentali: l’efficacia delle sanzioni e il conseguente default russo in arrivo, il Godot imbandierato nell’azzurro della Nato. Della serie, se questa estate suderete perché i condizionatori butteranno fuori aria calda, lo farete per una buona ragione.
Balle. E ormai lo sanno tutti. Le sanzioni finora hanno sortito l’unico effetto di garantire un surplus record alla Russia, l’export di gas e petrolio è andato a gonfie vele e riempito le casse di Mosca, nonostante le riserve congelate della Banca centrale. L’estromissione degli istituti di credito da SWIFT non è servita a nulla, né a livello di panico ai bancomat, né tantomeno per affossare del tutto il rublo. È bastato infatti che la Banca centrale di Mosca legasse implicitamente la valuta prima agli acquisti di oro fisico e poi appunto ai contratti delle forniture di gas per recuperare tutto quanto perso dal 4 marzo in poi. Dulcis in fundo, Gazprombank non è stata sanzionata. Brutto colpo da sopportare, per chi da qui a qualche settimana dovrà invece sopportare il caldo in nome di Zelensky. E, magari, qualche distacco programmato dell’alta tensione per risparmiare. E allora, meglio vendere la favola dei russi che si bevono la propaganda del potere, accecati dall’odio e dal neo-imperialismo.
Ormai il livello culturale di certe tesi atlantiste è talmente basso e ridicolo da tramutare il testo di Russians di Sting in un trattato di geopolitica. Ora vi faccio una domanda: qual è quella nazione a cui i governanti hanno talmente tanto operato un lavaggio del cervello collettivo da aver adottato come slogan resistenziale Andrà tutto bene e che cantava sui balconi come in tranche, mentre una sanità colta impreparata e con i fondi a livello territoriale tagliati a ogni Def cercava in qualche modo di limitare il numero di morti da Covid? Esatto, siamo noi. Non vi ricorda un po’ quel Ce la faremo che Repubblica ora mette alla berlina, di fatto tratteggiando un profilo del cittadino russo come di un bambino da ammansire con poco? Tutto questo non vi fa riflettere?
E non vi fa riflettere il fatto che oggi il rendimento del nostro Btp decennale sia al 2,58%, livello che non deve farci stare troppo tranquilli, stante l’imminente stop della Bce a ogni possibile supporto che non sia realmente emergenziale e quindi legato a strette condizionalità del Mes riformato? Non sarà che l’averne accantonato ancora una volta l’argomento ratifica parlamentare nasconda il timore di Mario Draghi per un’immediata e traumatica fine della luna di miele, già palesemente compromessa? Non sarà che l’Europa, stante il livello di divisione in atto non solo sul gas ma anche sull’aumento dell’invio di armi a Kiev, stia facendo finta di niente rispetto al fatto che, casualmente, manchino all’appello del via libera al nuovo Meccanismo europeo di stabilità proprio Italia e Germania, oggi antipodi dell’approccio alla crisi ucraina?
Ovviamente, la stampa ha gioco facile. Gli scossoni di una Fed sempre più falco garantiscono un effetto vaso comunicante allo spread, il quale infatti rimane placido nella relativamente rassicurante area dei 165 punti base, stante l’aumento contemporaneo anche del rendimento del Bund. Ma qui non conta lo spread, conta appunto lo yield. E il nostro sta dirigendosi verso un uncharted territory, un territorio inesplorato. Poiché il vero impatto di una Bce completamente fuori gioco deve ancora essere testato, stante gli acquisti dell’App fino al terzo trimestre e le continue richieste di un Recovery bellico in seno alla Commissione.
Reggeremo l’impatto in autunno, alla luce di inflazione tutt’altro che transitoria e recessione economica ormai garantita? Sarà per questo che si fa sempre più insistente la voce di un Mario Draghi in uscita da palazzo Chigi in agosto, quindi prima delle redde rationem dell’autunno caldo (e non per i termosifoni)?
Guardate quest’altra immagine, la quale ci mostra la pubblicità con cui Goldman Sachs sta celebrando la sua partnership con il programma governativo di accoglienza dei profughi ucraini negli Stati Uniti.
Ovvero, una banca d’affari si schiera apertamente in seno a un conflitto bellico che vede il nemico rappresentato da uno dei più grandi detentori ed esportatori di commodities al mondo. Folle. Nel senso che il mercato adora le guerre, ma, proprio per questo, non diviene mai parte in causa, non si schiera. Qui, invece, l’istituto che impersona al meglio Wall Street e il suo spirito non proprio umanitario, volontaristico e non-profit sventola nel depliant pubblicitario la bandiera giallo-blu di Kiev, nemmeno fosse un post su un social network. Non vi fa pensare, tutto questo? Non vi scomoda nemmeno un dubbio su quanto stia in realtà accadendo e su quale sia il nostro livello di propaganda e disinformazione in atto?
Attenzione, perché il dado sembra sempre più tratto per quanto riguarda l’Europa. Josep Borrell, infatti, è tornato a suonare i tamburi di guerra, dichiarando tronfio che l’Ue aiuterà l’Ucraina a respingere l’invasione russa. Come? Fornendo sempre più armi e spingendo il quadro verso un’escalation potenzialmente senza ritorno? E poi, se finora abbiamo continuato a finanziare Mosca tramite gas e petrolio e continueremo a farlo almeno fino alla fine dell’anno, tanto che le nuove sanzioni devono attendere l’esito del voto francese prima di essere emanate, pensiamo davvero di essere credibili? A nessuno viene il dubbio che l’armatevi e partite che gli Usa stanno imponendoci, di fatto rappresenti nulla più che la creazione in progress di un cavallo di Troia? Più armi l’Ue fornirà a Kiev, più aumenta infatti la possibilità che la Russia perda la pazienza – soprattutto in caso di fattiva riconquista ucraina di posizioni grazie a quegli armamenti – e decida di cominciare a colpire quei convogli, già oggi definiti bersagli legittimi?
E se per caso uno fosse intercettato e ridotto a posacenere in territorio Nato, cosa accadrebbe? Avete voglia di un po’ di missili in testa, dopo due anni di pandemia? Il buon Josep Borrell sposerebbe la strategia russa e comincerà a ripeterci che ce la faremo? Non ci è bastata la doccia fredda e il brusco risveglio dell’andrà tutto bene?
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