Gérald Darmanin è il ministro dell’Interno francese. In Italia è noto per essere la testa d’ariete utilizzata da Emmanuel Macron per attaccare l’Italia sul tema dei migranti. Un pasdaran della polemica. Spesso fuori luogo, eccessiva e strumentale. Ma proprio per questo, occorre soppesare con attenzione le sue parole. Perché personaggi simili sono l’equivalente politico del corvo Rockfeller: quando parlano, lo fanno per conto di un ventriloquo che non può esporsi in prima persona.



E lo scorso weekend, nel corso di una due giorni a Washington e New York, il buon Darmanin ha calato un asso che nessuno si aspettava nascondesse nella manica. In vista dei Mondiali di rugby del prossimo autunno e delle Olimpiadi dell’estate 2024, il ministro dell’Interno ha chiesto alle controparti Usa maggior collaborazione e scambio di informazioni di intelligence, poiché a suo dire la Francia si troverà ad affrontare la minaccia di un risorgente terrorismo di matrice islamista.



Et voilà, due emergenze in due giorni: signori, siamo ufficialmente in pre-recessione. Perché dopo le nuove varianti di Covid pronte a colpire la Cina e il mondo a orologeria nel mese del potenziale default Usa, ora torna anche il grande classico del jihad globale. In attesa di scoprire il brand ufficiale della nuova minaccia barbuta, il grafico ci viene in soccorso.

La Francia ha sì un problema che la lega direttamente agli Stati Uniti, ma non si tratta dell’embrione operativo del nuovo Isis, bensì della fuga di depositi dalle sue banche. Finora, nessun giornale ha scritto una riga. E persino Bce ed Eba hanno taciuto i rischi, salvo lanciare una revisione delle condizioni di liquidità degli istituti Ue, subito minimizzata come unicamente precauzionale proprio in ossequio ai casi occorsi negli Usa e a Credit Suisse. Il problema? Ben più serio. Qui non si tratta di Level3 troppo esotici che rischiano di veder giocoforza esposto al pubblico ludibrio lo sporco nascosto finora sotto al tappeto. Qui si tratta di un Paese spaventato dalla riforma delle pensioni e da un’inflazione nei generi alimentari senza eguali in Europa. Tradotto, il cittadino sta perdendo la fiducia. E scappa. E lo fa dal minimo sindacale di finanziarizzazione del suo salario eroso, ovvero il conto corrente o deposito.



Nulla che abbia a che fare con Svb e First Republic Bank, per carità e per onestà. Per ora, però. Perché questo secondo grafico mostra come, già oggi, la concessione/richiesta di prestiti nell’eurozona sia al livello di guardia.

Cordoni della borsa creditizia chiusi. E con una Bce che – anche al netto dell’ultimo dato sull’inflazione – pare intenzionata a proseguire i rialzi dei tassi almeno fino a settembre. Se alla paura per l’incertezza sociale e occupazionale e al dimagrimento forzato del reddito si unisse anche l’impossibilità di accedere a prestiti e mutui, cosa accadrebbe al mastodontico sistema bancario francese? Anzi, al grado di fiducia di cui gode presso i cittadini e quello di controparte che garantisce “fluidità” al mercato interbancario? A quel punto, se parte una margin calls su quei Level3 così esotici e magari pieni di AT1 silenti, cosa dobbiamo attenderci? Meglio rispolverare il blazer blu dell’emergenza, l’evergreen di crisi: l’estremismo islamico.

(1- continua)

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