Premessa doverosa di questi tempi. Ovvero, sgombriamo subito il campo da complottismi o dietrologie da quattro soldi: non credo affatto che il protagonista dell’articolo di oggi sia il deus ex machina della Spectre mondiale, ne una sorta di Prescelto che nel tempo libero pratica strani rituali con sacrifici umani, tanto per rompere la routine fra una sobillazione e un colpo di Stato. Penso però che sia uno speculatore della peggior risma, un pescecane senza scrupoli che avendo fiutato l’aria e capito che la vasca in cui nuotava – con gli anni e il progresso tecnologico – si stava popolando di esemplari più feroci di lui, ha scelto la strada di un dorato pensionamento anticipato, dandosi una bella ripulita alla coscienza e re-inventandosi filantropo. Insomma, una strategia diversa per ottenere il medesimo risultato di quando speculava. Ma con minori rischi. E, anzi, garantirsi uno status quasi da benefattore dell’umanità che spalanca porte politiche e stende tappeti rossi diplomatici.



Non serve un campione di Indovina chi? per capire che sto parlando di George Soros, l’uomo che con i suoi magheggi muove pedine più o meno inconsapevoli sugli scacchieri internazionali, utilizzando i diritti umani e civili (leggi Ong, università e centri studi) come piede di porco per aprire le porte e favorire gli interventi dell’artiglieria di turno. Il caso del’Ucraina, in tal senso, fa scuola. Non a caso, in mezzo al grande can-can golpistico insediatosi nella ex Repubblica sovietica, ha sguazzato un figlio dell’establishment Usa come Hunter Biden. Insomma, George Soros non è l’Innominato, ma, certamente, nemmeno una dama di San Vincenzo. Frequenta la gente che conta. E difficilmente, a differenza di filantropi social come Bill Gates, tende a sovra-esporsi.



Capite quindi che quando, come mi è accaduto ieri, ci si imbatte in un suo consiglio pubblico all’Ue alla vigilia del Vertice spartiacque di domani, uno drizza le antenne. Non per cercare e svelare complotti, bensì per leggere fra le righe di quelle parole apparentemente zuccherine verso i destini dell’Europa. George Soros, infatti, ha pubblicato un intervento su Project syndicate , una syndication appunto che pubblica interventi di politici, intellettuali, scienziati, economisti (fra cui, Nouriel Roubini) e che si autoproclama nientemeno che la World’s opinion page, dal titolo che si presta a poche interpretazioni: The EU Should Issue Perpetual Bonds. Ovvero, l’Ue dovrebbe emettere perpetual bonds. Come foto di copertina, i quattro principali referenti dell’oligarchia comunitaria, fra cui David Sassoli.



I contenuti? Partendo dalla proposta di Ursula Von der Leyen di un Recovery fund da un triliardo di euro di controvalore, George Soros propone che il finanziamento dello stesso avvenga appunto attraverso l’emissione di bond perpetui, il cui costo per l’Unione – garantendo un coupon fisso dello 0,5% – sarebbe a suo dire di soli 5 miliardi di euro l’anno, meno del 3% del Pil comunitario. Inoltre, anche a livello tecnico, questa formula garantirebbe un facile assorbimento di mercato, poiché a fronte di un controvalore troppo ampio per essere “digerito” da investitori che oggi non sono proprio allo zenit della fiducia verso l’Ue e il suo futuro, si potrebbe appunto rateizzarne l’emissione gradualmente, senza bisogno di creare una nuova obbligazione ogni volta. Poi, la perla, ciò che mi ha davvero fatto drizzare le antenne. Per il filantropo, infatti, uno strumento simile sarebbe enormemente attrattivo per terminare nella platea di collaterale destinato agli acquisti della Bce in seno ai programmi di stimolo, visto che un perpetual bond – per sua stessa definizione – ha sempre medesima scadenza, quindi non richiederebbe alla Bce un ribilanciamento temporale del portfolio di investimento, come mostra questo screenshot dell’articolo.

Ma guarda un po’: quello che viene dipinto come il Gran Visir di tutti i complotti massonico-giudaico-plutocratici vorrebbe – alla fine della fiera e tagliando la materia con l’accetta – la Bce come prestatore di ultima istanza e acquirente marginale perfetto e designato del veicolo di finanziamento e pre-mutualizzazione dell’Unione europea per rispondere alla pandemia da Covid-19. Guarda caso, proprio ieri da fonti della Commissione Ue arrivava una dichiarazione netta, relativamente all’agenda prevista per il Vertice di domani: il Recovery Fund non è all’ordine del giorno dei lavori. Chi pensate che lo abbia tolto dall’agenda, forse l’Italia o la Spagna? O più facilmente quei cattivoni di tedeschi, i quali saranno anche rigoristi con la testa quadrata e il surplus commerciale esorbitante, ma una fregatura la fiutano lontano un miglio, essendo mal fidati di natura. E quando uno come George Soros aspetta la vigilia del Vertice Ue più importante degli ultimi anni per lanciarsi nell’endorsement palese di una mossa come l’emissione congiunta di debito perpetuo, giustamente fra Berlino e Francoforte i telefoni si fanno bollenti. E i diktat fioccano, con la finalità preventiva.

Ora, per capire cosa intendo, meglio spiegare più nel dettaglio cosa siano i perpetual bonds e quale sia il meccanismo tecnico che li governa. Questo strumento è entrato in Italia con la riforma Vietti del 2004, ma nel mondo anglosassone è noto da centinaia di anni, tanto che il Regno Unito lo utilizzò con il nome di Consols per finanziare le Guerre napoleoniche e poi per l’emissione di bond di guerra (war bonds) legati alla campagna del Primo conflitto mondiale: per capirci, la redenzione di quelle obbligazioni si è tenuta a Londra solo nel 2015, anno fino al quale hanno avuto corso legale. Gli stessi Usa, negli anni fra il 1870 e il 1880, utilizzarono questo tipo di bonds per consolidare le obbligazioni federali esistenti e continuarono poi con emissioni di Consols da parte del Treasury su diretto ordine operativo del Congresso. Insomma, roba esotica per l’Europa renana.

E qual è la principale caratteristica di quella carta? La sua natura ontologicamente ibrida, un po’ azione e un po’ obbligazione. Certo, paga un tasso di interesse fisso (come le obbligazioni, appunto) per un tempo determinato e normalmente a un valore più alto di quello di mercato, ma, come i titoli azionari, dal punto di vista di rimborso e scadenza non presenta specificità, né vincoli contrattuali. Ed ecco che, alla luce della natura particolare del mezzo di finanziamento proposto da George Soros, mi si è illuminata la lampadina del dubbio, come immagino sia accaduto in Germania.

Nei perpetual bonds, infatti, il pagamento di interessi – in verità – non è davvero perpetuo, perché in onore delle proverbiali clausole scritte in piccolo e piè di pagina, si stabilisce che l’emittente può unilateralmente decidere di rimborsarlo, cosa che in genere accade dopo un certo periodo di tempo. In caso di fallimento dell’emittente, però, il prestito irredimibile ha rischi superiori a quello di altri debiti, perché la legislazione lo considera un debito subordinato, stabilendo che sia rimborsato solo dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri creditori. Insomma, George Soros vorrebbe che l’Ue emettesse quello che di fatto – stante la natura di puzzle impazzito dell’Unione a livello fiscale e di fondamentali macro – è un’obbligazione ad alto rendimento, i cui rischi connessi sono comunque assorbiti da un principio cardine: visto che lo strumento mostra profilo di interesse e profittabilità di investimento, la Bce offrirebbe de facto una sua garanzia implicita come prestatore di ultima istanza, pronta a sobbarcarsi i rischi – ad esempio, un’implosione tutt’altro che impossibile dell’eurozona stessa – contabilizzandoli a bilancio e a fondo perduto. Gli piace vincere facile!

Non vi ricorda qualcuno, questo atteggiamento alla Ricucci nel cercare continuamente e in maniera quasi maniacale, degna di Dustin Hoffman in Rain man, la spalla della Bce, ancorché con tecnicalità diverse di intervento? Che strane convergenze parallele che saltano fuori, quando la finalità ultima è quella di far pagare ad altri i debiti altrui o, come nel caso di George Soros, lanciarsi come ai vecchi tempi nel prossimo big short, la grande scommessa di un’Ue che salta in aria del tutto.

Attenzione a cosa accadrà domani a Bruxelles, perché in gioco c”è molto. Moltissimo. E lo spiega un’altra tecnicalità. La proposta di George Soros, infatti, implica anche una netta e ulteriore revisione dei criteri di acquisto e accountability della Be, la quale per statuto oggi non può acquistare bond con maturazione superiore ai 31 anni. Qui, invece, si parla di perpetual bonds (e non pensate che quella in cui pare incorso George Soros sia una gaffe dovuta all’ignoranza, perché significa non conoscere e sottovalutare il personaggio). I quali, appunto, richiederebbero per la loro applicazione, un cambio di governance non da poco all’Eurotower, di fatto una suo inizio di morphing, di mutazione, nella versione europea della Fed.

Non vi ricorda anche questo qualcosa e qualcuno? Proprio vero che, spesso e volentieri, gli opposti si toccano. Ricordate sempre il mantra de La regola del sospetto: niente è ciò che sembra. Nemmeno i sovranisti. E per restare in ambito cinematografico, ricordate anche quando Peppone giocò al Totocalcio e, per celare la vincita al partito, anagrammò il suo nome in Pepito Sbazzeguti? Don Camillo lo smascherò con la storica frase, Gratta il Pepito e trovi il Peppone. Ecco, per gli adoratori del Dio laico del denaro facile e senza costi, per le vestali dell’helicopter money, vale lo stesso principio.

Datemi retta, teniamoci stretta la Bundesbank e il suo rigore. Perché l’alternativa è quella di cedere alle lusinghe di filantropi come George Soros, magari travestiti – paradossalmente e inconsapevolmente – da strenui difensori di confini e moneta. Il fine è uguale, diverso il mezzo: uno spensierato e irresponsabile mondo di debito.