Il rendimento del decennale italiano ieri è salito insieme ai tassi delle obbligazioni statali di molti altri Paesi sviluppati inclusi gli Stati Uniti. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro americano, pubblicati ieri, hanno sorpreso in positivo e allontanato, almeno per il momento, la data in cui le banche centrali potranno o dovranno fermare il rialzo dei tassi e iniziare il processo inverso. Il numero di offerte di lavoro ad agosto ha registrato il maggiore incremento da luglio 2021 battendo le stime. Il mercato del lavoro americano non solo regge, ma rimane in buona salute. Alcuni settori rallentano; il mercato degli immobili residenziali e commerciali da settimane manda pessimi segnali; il settore aereo flette e subisce i primi effetti dei tagli dei consumatori. Altri settori invece mandano segnali completamente diversi; in queste settimane i sindacati dei lavoratori dell’automotive americano stanno negoziando per ottenere un incremento salariale di oltre il 30%. Queste richieste sarebbero impensabili se fossimo in recessione o se non ci fossero in atto forze che spingono, in questo caso i salari, indipendentemente dal ciclo economico.
La fine della globalizzazione spezza le catene di fornitura lunghe ed efficienti e ne crea altre più corte, le sposta da Paesi con bassi costi ad altri con costi più alti e duplica gli impianti. Crea domanda di lavoro dove prima non c’era. La demografia, con un numero di pensionati e pensionandi superiore ai potenziali entranti, crea un deficit strutturale di forza lavoro. In Europa si aggiunge un altro fattore; l’Ue è alle prese con prezzi dell’elettricità più che doppi rispetto a quelli del 2019 e con una rivoluzione energetica che può essere giusta o sbagliata eticamente, conveniente o meno nel lungo periodo, ma che per il prossimo decennio comporta costi più alti.
Torniamo alle contrattazioni tra le case produttrici d’auto americane e i sindacati. Incrementi salariali del 30% difficilmente si conciliano con un quadro di “fine dell’inflazione”. Per quanto in calo, l’inflazione sarà dura a morire a meno di ipotizzare una recessione severa. Esiste uno scenario in cui la banca centrale americana può posticipare la data di inversione della politica monetaria anche in presenza di evidenti segnali di rallentamento come quelli che coinvolgono già da settimane il settore immobiliare. I deficit ancora fuori scala e in generale i problemi strutturali dei conti pubblici che riguardano la maggior parte dei Paesi sviluppati in questo quadro spingono per un rialzo dei tassi in attesa, ma non si sa quando, che arrivi alla fine la cavalleria delle banche centrali.
Gli Stati Uniti si possono permettere di essere l’ultimo Paese a invertire la politica monetaria. Sono favoriti dalla valuta di riserva globale, dalla crisi dell’Europa che ha messo fuori gioco le sue imprese e dal rientro di parte delle produzioni che prima avvenivano in Cina. Questa posizione mette all’angolo molti altri Paesi, inclusa l’Europa costretta a perseverare su una politica monetaria che probabilmente è già insostenibile per la sua economia interna. Se si arrendesse troppo in anticipo si troverebbe alle prese con un deflusso di capitali e con maggiori costi per le materie prime.
Se gli Stati Uniti decidono di guardare solo in casa propria potendo contare su un’economia che beneficia di un deficit che gli altri non si possono permettere, su prezzi energetici bassi e sul rientro delle produzioni che in Europa è impedito dalla crisi del gas, allora le risorse fluiscono dalla periferia verso il centro. Poco importa che alla fine, come è ovvio, si dovrà tornare a politiche espansive per l’insostenibilità dei conti pubblici. Quello che importa è quello che succede nel frattempo; questo spazio di tempo che lega l’inizio della crisi alla sua manifestazione non è neutro e non produce gli stessi effetti per tutti. Chi ne beneficia vorrà prolungarlo il più possibile anche se i tassi alti fanno male a tutti. Il rafforzamento del dollaro degli ultimi giorni, arrivato dopo l’esplosione del debito pubblico a stelle e strisce, conferma questo scenario.
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