La Corte costituzionale tedesca ha dato tre mesi alla Banca centrale europea per dimostrare che il programma di acquisto di obbligazioni non abbia effetti economici e fiscali sproporzionati. Il mercato ne ha preso atto, con una reazione sull’euro e sullo “spread” chiara, ma la reazione non è stata violenta. Oggi tre mesi sono un orizzonte temporale lunghissimo e presumibilmente si aprirà una fase di “negoziazioni”; nessuno ha intenzione di rompere in una recessione violenta. Tra tre mesi o sei però bisognerà fare i conti con gli effetti del coronavirus sulle economie dei Paesi dell’area euro e sui loro debiti pubblici. È persino inutile ricordare che i governi dell’eurozona hanno messo in atto misure diversissime in proporzione al Pil e per questo gli effetti “sull’economia reale” e sulle imprese saranno molto diversi. In questa specialissima classifica l’Italia è maglia nera e il mitico decreto aprile dovrà essere rinominato maggio. Nel frattempo si leggono di soldi a pioggia, il reddito di “emergenza”, mentre le imprese sono lasciate completamente sole. Scopriremo gli effetti di tutto questo in autunno e non sarà un bello spettacolo.



Oggi per i “mercati” e forse per le prossime settimane i problemi sono coperti dalle banche centrali che, chi più o chi meno, stanno evitando il collasso finanziario. Non pensate però neanche per un secondo che la decisione di ieri non venga messa nel conto. La Corte costituzionale tedesca ha detto in modo inequivocabile che può interrompere i programmi della Bce se violano le leggi tedesche e questo ha come minimo l’effetto di diminuire la fiducia dei mercati nell’Eurotower, che è l’unica istituzione nella imperfettissima governance europea che conti veramente. Nessun governatore della banca centrale sarà mai più in grado di dire “whatever it takes” con la stessa credibilità, “usurpata” di Mario Draghi nel 2012. La Bce non può fare “whatever it takes”; può fare quello che la Corte costituzionale tedesca le consente di fare secondo gli interessi che giustamente sono quelli dei cittadini tedeschi e che, altrettanto giustamente, vengono prima di quelli degli italiani.



Chi controlla la moneta, così si dice, controlla gli Stati e da ieri è conclamato che la Bce non è controllata dalle istituzioni europee, ma dalla Germania la quale rivendica, pubblicamente, di essere pienamente sovrana. Se la Bce viola le regole tedesche o si adegua e con lei gli Stati che condividono l’euro oppure i tedeschi si tolgono di torno. La Corte costituzionale tedesca svela cosa sia l’Europa e smaschera la nudità del progetto europeo. Tutte cose su cui danni non ci potevano essere dubbi e su cui a Londra o New York i dubbi sono finiti almeno dal 2012. Vincolarsi a trattati che sopravviveranno le istituzioni europee potrebbe avere senso se da questa parte della barricata, in Italia, ci fosse un Governo senziente in grado di procurarsi amici sullo scenario politico e economico internazionale. Invece ci è toccato un esecutivo che giorno dopo giorno accorcia la lista degli alleati, a partire dagli Stati Uniti, e si presenta al mondo con piani economici e finanziari inesistenti se non dannosi.



Questo avviene perché in Italia chi governa si sente sicuro delle “istituzioni europee” che come nel 2012 salvano la baracca imponendo agli italiani “qualche sacrificio”. Nel 2020 questa attitudine è pericolosissima sia perché la crisi è un multiplo di quella del 2008, sia perché l’utilità del “progetto europeo” a queste condizioni, con metà continente sfasciato, diventa opinabile per alcuni “alleati”. E la Bce non è più quella del 2012; la finzione è caduta. La priorità non è nemmeno un sovranismo “irresponsabile”, ma un sovranismo sano all’interno dell’Europa e del sistema di alleanze italiane che non può prescindere da un Governo serio che dimostri di fare cose serie affrontando sia l’emergenza che i problemi decennali dell’inefficiente spesa pubblica italiana e della sua governance fallimentare con regioni che non presentano neanche i bilanci e comuni perennemente falliti.

Questa è la sfida che, ripetiamo, non si coglie per un’analisi profondamente sbagliata che fanno i nostri “europeisti” che a questo punto, dopo la sentenza di ieri, non sapremmo nemmeno più come chiamare. L’europeismo adulto in Europa è quello tedesco non il nostro straccione e venduto che tutela in figure apicali del governo ministri e presidenti del consiglio senza arte né parte persino in una crisi devastante. Una mancanza di credibilità assoluta resa inequivocabile dalla ribellione più o meno pubblicizzata delle regioni italiane. Dal Veneto alla Calabria, dall’Emilia Romagna alla Toscana. Nessuno si fida, figuratevi fuori dall’Europa dopo la sentenza di ieri che ha depotenziato enormemente la Bce.