Oggi sarò un po’ più breve del solito. E lascerò parlare i grafici, perché le chiacchiere cominciano davvero a esondare. Così come alcune previsioni in libertà. E si rischia, seriamente, di perdere il focus generale di cosa attende il Paese in autunno. Un quadro di insieme che spiega molte cose, in primis l’urgenza di questo green pass in stile groviera, stante la quantità di irrazionalità e contraddizioni presenti. Mario Draghi ha parlato di un Pil ben oltre il 5% per quest’anno, mentre la Bce ha ribadito la sua convinzione per un forte rimbalzo dell’economia dell’eurozona nel terzo trimestre, pur con qualche ombra da variante Delta sul settore dei servizi (meglio mettere le mani avanti, finché regge l’alibi). A mio modesto avviso, però, le vere due notizie di giovedì sono state altre.
Primo, Amazon ha rimandato il ritorno al lavoro in presenza per i suoi dipendenti corporate da settembre a gennaio 2022. E non parliamo di una fabbricchetta con un centinaio di addetti. Secondo, intervistato da Handelsblatt, l’amministratore delegato di Deutsche Bank ha confermato che, rispetto al 2018, la banca nel 2022 vedrà ridotto del 25% il suo spazio fisico di lavoro. Tradotto, uffici. Tradotto ulteriormente, un drastico taglio alle spese. Una silenziosa ristrutturazione. Grazie allo smart working.
Il Covid non ha portato soltanto morti, contagi e lockdown: ha cambiato e sta cambiando il nostro modo di vivere e lavorare. Il green pass ne è l’esempio: vuoi andare al ristorante o a teatro? Devi avere il passaporto sanitario in regola. Altrimenti, mangi a casa e guardi la tv. Di fatto, una limitazione della libertà personale. In nome del bene comune e superiore della sicurezza e della salute, a detta del Governo. Ma anche un indirizzare le scelte e un mappare la società, con le sue abitudini. E i suoi consumi. Perché se non sei vaccinato, o fai un tampone al giorno (spendendo soldi) o diventerai giocoforza un sedentario. E state certi, fra non molto le profilazioni sui siti Internet lo scopriranno. E vi offriranno a raffica prodotti finalizzati a rendervi più piacevole il vostro status forzato di eremita dalla vita sociale, di detenuto ai domiciliari sanitari di Stato. D’altronde, mesi e mesi di lockdown sono serviti a qualcosa. Non vi pare?
E poi, ditemi che anche voi non avete aggrottato le ciglia di fronte alla straordinaria casualità che ha visto il sistema informatico della Regione Lazio colpito dall’attacco hacker più pazzo del mondo, a colpi di password carpite da figli indisciplinati di dipendenti in smart working e l’accelerazione sulla cybersecurity messa in campo dal Governo, con tanto di nomina dello zar della super-agenzia ad hoc? Preso direttamente dal DIS, dipartimento per la sicurezza interna. I servizi segreti, per capirci. Settore su cui Mario Draghi ha posto la sua vera volontà di scelta con mano libera, il suo controllo quasi personale: altro che la delega di Giuseppe Conte.
Stanno preparando una società diversa. E fanno bene, perché il mondo post-Covid non somiglierà quasi per nulla a quello pre. C’è però un problema: una simile transizione, poco si sposa con certe prospettive rosee sulla crescita. Per una ragione semplice, spiegata da questi due grafici: in trent’anni di commercio globale, non si era mai registrato un parallelo con l’attuale situazione relativa ai costi di spedizione via container. Soprattutto sulla tratta maestra del consumismo mondiale, quella dalla Cina che produce alla West Coast statunitense che ingloba e distribuisce. E come mostra lo studio di Société Générale, quell’inflazione non mostra alcun segnale di transitorietà. E prima di essere smaltita o incorporata, picchierà durissimo sull’intera filiera. Cominciando dai costi del materiale alla produzione fino alla vendita del bene di consumo al dettaglio. Fateci caso, già ora, quando fate la spesa.
Il secondo grafico, poi, mostra come la riapertura delle società dopo i lockdown abbia fatto esplodere i consumi (anche grazie al potere d’acquisto drogato dai sostegni), se paragonati alla crescita del Pil statunitense. E questo a cosa porta, stante la situazione attuale dei trasporti commerciali? Che presto, le scorte di esauriranno e necessiteranno di un periodo di tempo per essere ricreate. A quale prezzo, però? E con quali tempistiche, se si vuole evitare un effetto shock su salari che, da qui a fine anno, giocoforza perderanno proprio i sostegni variegati delle politiche di welfare anti-pandemia? E, magari, esattamente in virtù di queste dinamiche, si aggraveranno con tagli occupazionali o cassa integrazione a rotazione, stante la mancanza di materie prime per produrre. Pensate che il green pass come conditio sine qua non per poter lavorare in fabbrica sia stata una sparata infelice di Confindustria? Ripensateci. Oppure credete pure alla favola bella del Pil ben oltre il 5%, mantenendo però sempre ben in mente da quale punto di sprofondo del 2020 arriviamo. E quale ratio debito/Pil dobbiamo onorare, quindi quale sia la necessità reale di deflattore da incorporare all’effetto calmiere della Bce sui costi del servizio del debito.
È facile dire +5%, evviva! Un po’ meno raccontare tutta la storia. La quale, ad esempio, avrà a che fare con le dinamiche rappresentata da questi altri quattro grafici, i quali mostrano quale sia già oggi il livello di inflazione energetica che l’Europa sta pagando. L’elettricità in Germania e Spagna, in primis. E poi il costo del gas, dopo che Gazprom ha già dimezzato di netto i flussi di fornitura sul corridoio principale, quello che dalla Russia attraversa la Bielorussia (bypassando l’Ucraina) e arriva all’hub tedesco di Mallnow.
Guarda caso, compaiono gli hacker – con il solito quotidiano che comincia a lanciare mezze accuse verso l’internazionale russa del cyber-terrorismo – e la Bielorussia torna nel mirino, fra dissidenti impiccati in parchi di Kiev e scene da balseros olimpici a Tokyo contro il regime di Minsk. Guarda caso, dopo l’incontro Biden-Merkel, in cui gli Usa hanno dovuto cedere all’avvio della pipeline Nord Stream 2, limitandosi a ottenere l’imposizione di una clausola anti-intromissione del Cremlino. Guarda caso, le intromissioni potrebbero essere già alla porta. Magari, in versione all’amatriciana. Al netto di tutto questo, quei costi per l’energia quanto incideranno sulle bollette dei cittadini e, soprattutto, sui costi della produzione industriale e manifatturiera? Perché se ora è l’elettricità a farla da padrone, stante la necessità di aria condizionata, fra non molto sarà il gas a dettare le regole per i riscaldamenti. Per parecchi mesi. E con i prezzi del gas naturale europeo (Dutch) già oggi alle stelle per il dimezzamento di fornitura russa, cosa dobbiamo aspettarci da ottobre in poi?
Perché nessuno racconta tutto questo, offrendo un quadro generale della situazione e non soltanto la foto di famiglia sorridente di un’Europa ancora assicurata dallo scudo difensivo del Pepp della Bce? Buon weekend.
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