Altra giornata di record del mercato azionario quella di mercoledì. Tutto va bene.
Il problema sapete qual è? Le condizioni da cui nasce e da cui trae linfa questo rally che sembra senza fine.
Ovvero, queste. Questa eloquente immagine mette in comparazione i livelli di sostegno bancario – e, di conseguenza, proprio a quelle equities in modalità di festeggiamento continuo – che la Fed ha messo in campo nel corso del triennio della crisi Lehman e in quello attuale e post-pandemia.
Signore e signori, questo è il new normal finanziario che garantisce le chiusure al rialzo senza fine. E la narrativa dell’El Dorado. La quale, ad esempio, permette alla catena di fallimenti bancari statunitensi legati al real estate commerciale praticamente di non fare notizia. E, soprattutto, di non disturbare il manovratore dei continui record aggiornati. Quelle aree colorate che negli ultimi due anni paiono letteralmente esplose al rialzo sono soldi pubblici. Sono denaro stampato dal nulla dalla Fed e fatto circolare sotto forma di liquidità percepita e classificata dai medesimi regolatori come in eccesso attraverso una gamma infinita di facilities. Basta vedere i colori nella legenda: ogni colore, una porta cui bussare per ottenere denaro a costo zero. Apparentemente senza che vi sia alcuna recessione in atto. Anzi, mercato alle stelle e fondamentali macro descritti in modalità soft landing.
Perché, allora? Ma per tenere in piedi la baracca, perché servono tutti quei soldi delle Banche centrali? Il trucco è tutto qui. Come i consulenti vi ricordano sempre il principio cardine del diversificare il portafoglio, ecco che il playbook della Fed si basa invece sulla suddivisione del sostegno e degli aiuti a pioggia. Tanto per non dare nell’occhio. Non a caso, è tornato di gran moda il trucchetto preferito dalle banche estere più sotto pressione: ovvero, utilizzare le loro filiali statunitensi per accedere alla Discount Window della Fed. Perché se non basta una Banca centrale, c’è sempre qualcuno pronto a offrire una spalla, persino dall’altro capo del mondo. Una swap line emergenziale non si nega mai. Perché ogni crisi ha una risposta emergenziale. E temporalmente limitata, almeno a livello di principio statutario. E un bell’acronimo per individuarla, così da far felici i media e i social. Al netto che capiscano o meno di cosa stiano parlando. L’importante è garantire il risultato: continuare a stampare carta da parati, altrimenti il Sistema salta. Tanto poi si sterilizza. Il Giubileo laico dell’azzardo morale.
Tutt’intorno, narrativa. Tranquillizzante. Anzi, euforizzante. Troppo euforizzante. Non a caso, non più tardi dell’altro giorno un ente notoriamente dormiente come la Consob è dovuto intervenire con un comunicato di messa in guardia verso le sempre più diffuso truffe finanziarie legate a sedicenti corsi di formazione al trading on-line. Di fatto, simulazioni apparentemente innocenti. In realtà, pericolose e reali come il gioco fra uomo e computer di War games. Perché il conto titoli è reale, non simulato. Cosa significa? Significa che dentro a quel pozzo di truffe non ci stanno cascando in centinaia. Ma già in migliaia. Tutta colpa dell’ignoranza finanziaria degli italiani? In parte, certamente sì. Ignorantia non excusat. Ma, altresì, res ipsa loquitur. Se sappiamo che l’italiano medio è ignorante, perché gli enti preposti non verificano prima l’agibilità di certe truffe, invece di rincorrere la criticità una volta che il gran circo del gonzo ammaestrato ha lasciato la città verso una nuova meta?
Forse perché in troppi sono a vario titolo responsabili di quanto sta accadendo. E ancora di più sono quelli che ci guadagnano sopra. A Wall Street come nell’ufficio sotto casa, dove i server si surriscaldano per la febbre da guadagno dei polli da spennare. Perché se la stampa, se i media sanno solo parlare di rialzi degli indici, ma non spiegano mai i motivi, di fatto alimentano quella retorica del Fomo che è alla base della perdita totale di lucidità e giudizio. Fear Of Missing Out, la paura di perdere il treno del rialzo del secolo. Soldi facili. Talmente facili che ognuno di noi può improvvisarsi trader, basta un corso gratuito di simulazione.
Non esistono pasti gratis, non esistono scorciatoie gratis. Ma quando la stampa, i media fanno affidamento sempre di più sull’intelligenza artificiale, cosa sperate di ottenere a livello di informazione? Quale plus può garantirvi un algoritmo? Nulla. Solo far risparmiare tempo e soldi all’editore. E alle redazioni, strapiene di stagisti sottopagati o addirittura in stage gratuito. Volete capirla che stanno introducendo false rivoluzioni, debitamente tramutate in fenomeni social e virali invasivi come metastasi solo perché non si poteva continuare a razionalizzare, delocalizzare, licenziare senza che qualcuno, prima o poi, si incazzasse? E magari chiedesse conto di profitti stellari a fronte di tagli del personale strutturali come voce di bilancio. Volete capirlo che, oggi come oggi, nel 90% dei casi la tanto declamata AI altro non è che una versione poco più affidabile di Google Translate?
Non ci credete? Guardate qui: signore e signori, Goldman Sachs abbandona la nave dell’intelligenza artificiale. E lo fa nel pieno del boom, mentre Nvidia e soci reggono da soli – anzi, insieme alla Fed – l’intero carrozzone dei rialzi senza fine. E lo fa ufficialmente. Mettendoci la faccia.
Sapete infatti cosa scrive nel report il capo della global equity research della banca d’affari influente del mondo, Jim Covello? Abbiamo preso atto che l’intelligenza artificiale può aggiornare i dati storici nei nostri modelli aziendali più velocemente di quanto accada procedendo a quell’operazione manualmente. Ma a un costo che è 6 volte tanto. E terminando la sua analisi così: Abbiamo stimato che la costruzione e la messa in operatività infrastrutturale dell’intelligenza artificiale costerà circa 1 trilioni di dollari solo nei prossimi anni, cifra che include spesa in data centers, utilities e applicazioni. Ma questo ci impone di rispondere alla domanda cruciale: quale problema da 1 trilione di dollari l’AI sarà in grado di risolvere? Forse rimpiazzare posti di lavoro a basso salario con una tecnologia tremendamente costosa, di fatto una transizione che rappresenta l’opposto polare di tutte le altre transizioni tecnologiche precedenti a cui ho assistito nei 30 anni di lavoro che ho alle spalle nell’industria tech?
Perché ora, poi? Perché tagliare il ramo su cui si è seduti? O forse a Goldman Sachs sono diventati tutti pazzi o in preda a tardive crisi di moralità? O forse hanno solo deciso che è meglio uscire per primi, spaventati dall’inevitabile ressa. Perché quel rapporto costi/benefici che richiederà decenni per diventare favorevole, il mercato lo prezza già oggi come reale nelle revenues trimestrali e nei multipli di utile per azione. Quindi, crash garantito.
Attenti a pensare di essere sempre e comunque i più furbi. A volte – molto spesso, in realtà – è solo la strategia che quelli furbi davvero usano per fregarvi.
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