Quanto state per leggere non va considerata un’indicazione elettorale, sia chiaro fin da subito. Più che altro, si tratta di un consiglio per meglio decodificare quanto sta accadendo sottotraccia nel Paese. Il tutto utilizzando una cartina di tornasole che è anche un po’ bussola politica, al fine di mappare il vero umore che si respira nel partito che i sondaggi danno in testa e che, in virtù di questo, potenzialmente è chiamato a esprimere il prossimo presidente del Consiglio.
Parlo ovviamente di Fratelli d’Italia e della sua presidente, Giorgia Meloni. La quale da ormai settimane è nel mirino della libera stampa, oltre che del Pd, in una campagna di discredito tanto ossessiva quanto disperata. Bene, se volete davvero capire i motivi che stanno alimentando questa non-stop a reti unificate di delegittimazione (a forte rischio di sconfinamento nella character assassination), evitate i talk-show, utilizzate i giornali per scopi meno nobili della lettura e fate a sua volta la tara a ogni dichiarazione ufficiale della numero uno di quel partito.
Fate altro. Seguite come fa il sottoscritto la febbrile attività su Twitter dell’eminenza grigia e testa pensante di quel partito, Guido Crosetto. Il quale si guarda bene dall’entrare troppo nella logica da fango nel ventilatore e guarda al quadro d’insieme. Chiaramente, fissando il suo focus sulle dinamiche economiche.
Vi invito in tal senso a dare un’occhiata a questo cinguettio di giovedì scorso, mentre il dibattito generale si alternava fra falso stupore per la mossa della Bce e cordoglio per la scomparsa di Elisabetta II. Guido Crosetto non scrive mai a caso. Spara razzi segnaletici come fanno i marinai per indicare situazioni di pericolo. O, meglio, la propria posizione. In quella previsione c’è poco di ipotetico o volutamente provocatorio. Non fosse altro che per due ragioni. Primo, Guido Crosetto conosce certi ambienti e fiuta l’aria in base ai messaggi che riceve. Secondo, la funesta previsione è giunta dopo lo strano richiamo all’Italia da parte di fonti della Commissione Ue rispetto alla necessità di una rapida approvazione parlamentare della riforma del Mes. Un appello fatto scomodando patti politici vincolanti e necessità connesse alla riforma bancaria, la quale necessita di un backstop come il Fondo salva-Stati nella sua versione aggiornata. All’appello mancano infatti solo il nostro Paese e la Germania, la quale attende per il via libera solo la luce verde da parte della Corte di Karlsruhe.
Qui, invece, la pratica giace in Parlamento, guardata da tutti con il timore che normalmente si tributerebbe a una bomba ad orologeria innescata. Perché è inutile stare a raccontarci barzellette, almeno fra noi: il Mes è ciò che attende il nostro Paese. Magari nella formula diluita e più digeribile del Tpi, il cosiddetto scudo anti-spread, ma nessuno in Europa intende lasciare navigazione libera al futuro governo. Meglio esserne consci.
Ecco quindi che la profezia di Guido Crosetto appare qualcosa di più di una mera boutade un po’ complottista. Se l’Italia non dovesse accettare un aiutino europeo vincolato da enormi e strutturali condizionalità, magari spacciato per sostegno contro il caro-energia, ecco che qualcuno potrebbe minacciare in sede Ue quel tipo di riforma esiziale dei conti pubblici.
E non pensiate che certe cose non possano materializzarsi dalla sera alla mattina, poiché in tal senso basta chiedere al numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, come si sviluppò quasi nottetempo il blitz per imporre un cap alle detenzioni di debito pubblico a banche e assicurazioni europee. Di fatto, una mossa che avrebbe costretto l’Italia a ricorrere al Mes, poiché costringendo i soggetti storici del nostro doom loop a scaricare quei Btp, immediatamente i costi per il finanziamento sul mercato sarebbero volati alle stelle. E il valore di quella carta precipitato.
Attenti, insomma. Attenti a non prendere come oro colato le dichiarazioni ufficiali, poiché castrate da necessità diplomatiche che mal si conciliano con la verità. La stessa che vi stanno negando, occultando ed edulcorando rispetto ai rischi legati al caro-energia. E in questo caso a livello europeo. Guardate questa immagine.
È lo strappo della prima pagina della lettera che gli amministratori delegati delle 40 aziende produttrici di metalli non ferrosi più importanti d’Europa – riunite sotto la sigla Eurometaux – hanno scritto ai vertici Ue in vista del meeting sull’energia di ieri. E a far paura è l’evoluzione della percezione di rischio. Non si tratta più solo di mettere in chiaro il potenziale distruttivo di un’esondazione finanziaria della crisi energetica attraverso le margin calls cui incorrono le utilities strangolate dai prezzi dello spot market, qui si parla chiaramente di prospettiva di medio-lungo termine di permanente deindustrializzazione dell’Europa.
L’appello è tanto chiaro quanto disperato: “Chiediamo ai leader dell’Unione e degli Stati membri di intraprendere ogni opzione a disposizione per salvaguardare le nostre aziende e il nostro futuro”, si legge nella nota. E ancora: “Siamo profondamente preoccupati che l’inverno ormai alle porte possa inferire un colpo fatale alla nostra operatività, quindi chiediamo a chi di dovere di operare con azioni di emergenza per preservare le industrie energivore strategiche e prevenire perdite permanenti di posti di lavoro… Già oggi il 50% della capacità europea relativa a zinco e alluminio è stata forzatamente posta off-line dalla crisi energetica. Gli investimenti a lungo termine relativi a operatività strategica sui metalli in Europa vivono già oggi in un clima che vede produzione e progetti a rischio di decimazione”.
Insomma, ecco su quale argomento i mercati attendevano parole e silenzi dal vertice di ieri. Ed ecco perché la lettera di Eurometaux si conclude così: “La preoccupazione è per una situazione critica per il futuro prossimo, tale da configurare una tempesta perfetta di prezzi dell’elettricità alle stelle, nessuna liquidità nel mercato energetico per insicurezza nelle forniture, un continuo abbandono di nucleare e carbone e fonti alternative insufficienti a coprire le necessità”.
E sempre giovedì, quando la missiva dei Ceo stava per raggiungere i tavoli europei e Guido Crosetto twittava la sua ipotesi di trappola mortale, la Alfa Acciai ha comunicato lo stop alla produzione per due settimane nella sua acciaieria di Catania, dove produce tondini di acciaio per il cemento armato. La ragione? Costi insostenibili dell’energia e un conseguente calo di commesse. E proprio Acciaierie di Sicilia aveva già fermato le linee produttive a giugno e a luglio, salvo poi bloccare gli impianti per tutto il mese di agosto, lasciando a casa i circa 500 dipendenti, compresi quelli dell’indotto.
Il rischio? Se per caso il chicken game – per capirci, la gara automobilistica di Gioventù bruciata fra chi salta prima dall’auto in corsa – che l’Europa ha ingaggiato contro la Russia a colpi di ricatti e rappresaglie dovesse rivelarsi totalmente sballato nelle tempistiche, il rischio non è quello di un tonfo della Borsa o un balzo degli spread. Ma il game over industriale. Dal quale non ci salverebbe nemmeno il ritorno emergenziale e a tempo di record a un regime di Qe. Ci vorrebbe il Mes. O, almeno, questa sarà la giustificazione che vi daranno. Un secondo dopo la chiusura dei seggi.
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