Arroganza e dilettantismo. Sono questi i tratti caratteristici del Governo emersi dal giovedì nero dei mercati. E c’è voluto poco a farli emergere, davvero poco. Vi avevo detto fin dall’inizio che il nodo del Mes sarebbe tornato a galla, destinato a divenire spartiacque. E così è stato. Una perfetta cartina di tornasole di come la maggioranza intenda l’appartenenza all’Europa: ottenere tutto, quasi senza nemmeno ringraziare e dare il minimo indispensabile.
Ovviamente, il tutto in un’unica ottica: quella delle regionali di febbraio. Difficile altrimenti spiegare la reazione di due ministri dell’esecutivo alla normalissima e più che annunciata decisione della Bce di alzare i tassi: Regalo di Natale all’Italia, l’ha definita il titolare della Difesa, Guido Crosetto, alla luce dello spread volato a 207 e con il rendimento del decennale benchmark di nuovo sopra il 4%. Vittimismo allo stato puro. E, di fatto, una classica operazione di mettere le mani avanti: come dire, il nulla macro in cui si sostanzierà la manovra economica al vaglio della Camera sarà colpa della Bce. Per capirci, la stessa Bce che fino alla mattina di giovedì stava mantenendo il nostro spread sotto quota 200. Questo nonostante quella manovra fatta di nulla.
Cosa voleva il prode ministro della Difesa, spalleggiato dall’altro economista di punta della coalizione, il ministro Salvini? Che la Bce tagliasse i tassi come la Banca centrale turca, nonostante un’inflazione ancora in doppia cifra e raggiungere così il tasso al 70% di Ankara? Che attivasse il reinvestimento titoli con il badile, in modo da garantire un bel doping ribassista allo spread a spese dei Bund a maturazione messi sul mercato per fare spazio ai Btp a bilancio? O forse è proprio l’annuncio del QT a partire da marzo che ha fatto saltare i già fragili nervi a esponenti di una maggioranza che non riesce nemmeno a fare pace con se stessa e con le tonnellate di emendamenti presentati alla propria manovra? Anche in questo caso, basterebbe leggere ogni tanto Bloomberg per scoprire che quella decisione era ampiamente attesa. Per l’esattezza, al Consiglio di fine ottobre. E ribadita a metà novembre allo European Banking Congress. L’unico dubbio era legato al controvalore mensile di vendite dei titoli a bilancio. Forse 15 miliardi al mese sono troppi, dopo due anni in cui la Bce ha comprato anche l’aria? Forse, allora, non sarebbe il caso di preoccuparsi del livello di manipolazione di un mercato che, forte di 1,5 trilioni di liquidità in eccesso nonostante i rimborsi anticipati del Tltro, crolla per 15 miliardi al mese di tapering a partire da marzo e già annunciato da un mese e mezzo?
Cosa vuole di preciso il Governo, l’abolizione statutaria del premio di rischio per il nostro debito? Spoiler: impossibile. Perché il cosiddetto Fronte del Nord non consentirà ulteriori passi verso la monetizzazione strutturale del debito e il finanziamento diretto dei deficit. Se non tramite condizionalità. Tradotto, Mes o Tpi. Altrimenti, occorre stare sul mitologico mercato. E guadagnarsene la fiducia, ad esempio dando vita a una manovra non fatta di marchette e mancette varie per il proprio elettorato di riferimento. Perché quando la tua preoccupazione è garantire 5.000 euro di contanti in tasca, Pos statutariamente facoltativo e flat tax fino a 85.000 euro per le partite Iva, mentre una fascia sempre crescente del Paese sta scivolando in povertà, il segnale che stai inviando è chiaro. Così com’è chiaro che il tuo non voler ratificare il Mes significa una cosa soltanto: pura speculazione a fine elettorale. Perché se sei costretto a cambiare idea dieci volte in una settimana sulla proroga al superbonus significa solo che stai forzando una situazione strutturalmente già alle soglie dell’insostenibilità dei conti. E i numeri parlano chiaro: quando il titolare del Mef dice chiaramente che con i soldi regalati a palazzinari e false cooperative nate dalla sera alla mattina si potevano abbattere 10 punti di cuneo fiscale, sta dicendo essenzialmente due cose. Primo, il Governo Draghi è stato una calamità naturale, altro che Migliori. E su questo, totale solidarietà a chi ha avuto la sfortuna di succedergli alla guida del Paese. Secondo, però, che nonostante si sappia che la strada è quella che lastrica il cammino verso il fallimento, molto probabilmente la si batterà comunque. Masochismo o malafede, all’orizzonte non si scorgono molte altre alternative a livello di interpretazione.
Ed ecco che salta fuori la geniale intuizione: scaricare preventivamente ogni responsabilità sulla Bce e sulla sua decisione di alzare i tassi. Con l’inflazione al 10%. Accidenti, davvero una mossa che nessuno si attendeva! E, soprattutto, che né la Fed, né la Bank of England hanno compiuto in contemporanea! Ecco i sovranisti al Governo, in perfetto stile Ricucci: vogliono che l’Europa gli comprima lo spread, comprando Btp dalla sera alla mattina, ma vanno in televisione e in piazza a proclamare che per quella stessa Europa è finita la pacchia. E voi pensate che, a fronte del 130% e rotti di rapporto debito/Pil e di un atteggiamento simile, i Paesi del Nord utilizzeranno la carota nei nostri confronti?
Il mandato della Bce è quello della stabilità dei prezzi, clamorosamente fallito. Non quello di comprimere gli spread. E forse il nodo del problema è proprio questo: aver pensato che quella frase con cui Christine Lagarde esordì alla guida della Bce fosse davvero dal sen fuggita, forse per l’emozione. Invece no, la pensava davvero. E aveva ragione, perché non è quella la missione della Bce. La quale non è la Fed, né la Bank of Japan: deve tenere insieme un’intera eurozona, bilanciando le politiche monetarie di Paesi strutturalmente diversi fra loro.
Non ci piace? Usciamo dall’euro. Ma non a parole, lo facciano davvero. Dopodiché, terminate le fanfare propagandistiche, vadano porta a porta a proporre Btp indicizzati all’inflazione, come si fa con gli aspirapolvere a rate. Chiunque attacchi la Bce è semplicemente ignorante in materia. O in malafede. La realtà (triste) di questo Paese è che deve paradossalmente sperare in una recessione talmente violenta da costringere l’Eurotower a bloccare anzitempo rialzi dei tassi e Qt del bilancio: altrimenti, la tregua finora goduta sullo spread potrebbe tramutarsi in tempesta perfetta al massimo entro la primavera. E quando si è in condizioni simili, occorre prendersela in prima battuta con sé stessi.
Una cosa, però, occorre dire chiaramente: il Governo di Mario Draghi, sparito dalla scena come un fantasma, ha lasciato il Paese con i conti a pezzi e un Pnrr che rappresenta un’ipoteca sul futuro, altro che il piano Marshall 2.0. Colpa della Bce? Non mi pare che Francoforte ci abbia ordinato di basare l’intera crescita del Paese sul superbonus 110%, lo abbiamo scelto da soli con la solita attitudine alla scorciatoia. Eccone i risultati, un buco nei conti e un ennesimo, letale rinvio di quel taglio del cuneo fiscale che sarebbe la vera, unica risposta operativa, concreta e pragmatica al cul-de-sac del Reddito di cittadinanza.
Ci aspettano tempi durissimi, meglio esserne consci. E chi addossa alla Bce colpe che sono in gran parte solo nostre, forse non merita il posto che occupa.
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