L’America sì che sa come far fiorire la propria economia. Basta vedere l’ultima, farsesca rilevazione del GDPNow della Fed di Atlanta relativa al Pil del secondo trimestre: oltre il 4%. Altro che soft landing, gli Usa stanno andando in orbita.

C’è un problema, però. Il 70% del Pil statunitense è dato dai consumi personali. E quando la condizione attuale è questa, forse occorrerebbe pensarci due volte, prima di trarre conclusioni affrettate.



La linea che vola verso il cielo è quella relativa all’indebitamento su carte di credito. Quella rasoterra rappresenta il risparmio personale. Forse esiste un vaghissimo problema di sostenibilità. Ma attenzione. Il debito da carte di credito pesa solo per il 6% dello stock totale, un moloch da 17,5 trilioni di dollari. Il 70% fa riferimento a mutui immobiliari, debito scolastico, acquisti di automobili a rate e home equity credit.



Già così la faccenda vi spaventa? Il meglio deve ancora venire. E il fatto che a denunciare il rischio del neo-battezzato phantom debt sia stata una testata establishment come Bloomberg in un lungo e articolato report dovrebbe farvi capire la gravità e la magnitudo del trend. Quando i media autorevoli mettono le mani avanti, significa che il rischio di inciampo è ormai pressoché garantito. E al centro del giochino c’è il sistema del Buy Now, Pay Later o Bnpl, l’ennesimo schema Ponzi legalizzato grazie al quale si spingono cittadini pressoché alla canna del gas a consumare come nababbi. Salvo poi ritrovarsi sommersi da ulteriore debito. Che va rifinanziato. E via così in un’eterna catena di Sant’Antonio di schiavitù consumistica. Altrimenti, hai voglia ad assumere sceriffi e maestre per riuscire a inventarsi un 4% di crescita con sola spesa federale.



Date un’occhiata a queste due tabelle, le quali ci mostrano le colossali criticità rappresentate da questa forma sempre più subdola, diffusa e invasiva di credito al consumo.

La gente non si accorge di quanto in realtà stia spendendo. E nella maggior parte dei casi, solo quando è tardi prende atto di aver fatto il passo dell’indebitamento più lungo della gamba del reddito. Quando occorre rifinanziare. Stando allo studio di Bloomberg, da qui al 2028 il business del Bnpl potrebbe generare qualcosa come oltre 700 miliardi di dollari di phantom debt. Il quale ha una particolarità che piace tantissimo a Governo, Fed e Wall Street. Proprio come un ectoplasma, è invisibile alle tracciature macro e alle serie storiche. Quindi, decisamente innocuo, se l’intera narrativa economica si basa su manipolazioni. Le finanziarie che offrono questo tipo di servizio denominato anche pay in four – come Affirm Holdings, Klarna Bank o l’Afterpay di Block – semplicemente non comunicano questi veri e propri prestiti alle agenzie di rating.

Tutto legale, sia chiaro. Ma capite da soli come una simile pratica di (non) accountability rischi di inficiare la trasparenza dell’impatto costi/benefici che una simile pratica di credito al consumo può avere sulle finanze delle famiglie. E se Bloomberg ha deciso di intervenire, il sospetto è che già oggi si sia ampiamente superato il Rubicone di sostenibilità sociale. Perché quel primo grafico parla chiaro: l’americano medio è indebitato come se non ci fosse un domani sul mezzo preferito di acquisto, quello che di fatto già garantisce il differimento al mese successivo delle spese fatte oggi. E spesso e volentieri già consente una rateizzazione. Ma se al pagamento elettronico classico, il cui tasso di interesse medio (Apr) oggi negli Usa è al 24,66%, il massimo dal 2019, va a unirsi anche la pratica laterale dell’acquisto dilazionato di massa tramite finanziarie, l’epilogo si scrive da solo.

Se nel 2008 gli Mbs e i subprime in generale scatenarono uno tsunami di pignoramenti e ipoteche, oggi la diffusione a macchia d’olio dei programmi Bnpl rischia di generare schiere di cittadini soggetti a prelievi forzosi sui conti, al fine di ripagare i debiti contratti. Con trattenute alla fonte. E altre limitazioni finanziarie personali, quantomeno nei casi più gravi. A quel punto, quando l’apice sarà toccato e il rischio di rivolta sociale sale sopra il livello di pre-allarme, tranquilli che scatterà l’emergenza di turno. A oggi, mi sento di scommettere forte su un’epidemia di aviaria. Ma poco importa la ragione, l’importante è generare stimmy money per rimpolpare i conti correnti e fare in modo che quella linea rasoterra e simile a un encefalogramma piatto dei risparmi personali torni a dare segni di vita.

Pensate che questo accada solo negli Usa? Perché, a vostro avviso, le banche hanno smesso di emettere carte revolving? E siete proprio sicuri che i vostri acquisti rateizzati su Internet siano davvero senza interessi e vedano il do ut des a favore di chi eroga e garantisce soltanto nella gestione dei dati personali, la miniera d’oro del Big Data? Balle. Terminata la stagione da Bengodi di Tan e Taeg allegri, stante cittadini scottati che hanno imparato a leggere dietro quegli acronimi la scritta in controluce della fregatura, pensate davvero che sia normale una vita in cui tutto è debito, perché chi detiene il mazzo ha intenzione di far vincere al banco cifre sempre maggiori e senza correre rischi? Davvero pensate di avere bisogno di tutto ciò che comprate? Davvero pensate che convenga un mondo basato sulla logica Bnpl?

Se Bloomberg stessa vi suggerisce di no significa che la bolla sta già per scoppiare. Negli Usa. Qui probabilmente sta per dare il colpo di coda, sfruttando il ciclico anticipo del mercato Usa in queste diavolerie debitorie. E visto che la musica sta per terminare, sarà un colpo di coda con i fiocchi. Un tango sfrenato. Leggete bene, quindi. E se proprio non è indispensabile, rimandate l’acquisto. Chissà che un po’ austerità – sana, quasi luterana – non rimetta le cose (e gli interessi) al loro posto.

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