Per il Presidente della Fed Powell, ieri in audizione al Senato americano, “l’elevata inflazione non è l’unico rischio che affrontiamo” mentre il mercato del lavoro è di nuovo bilanciato perché gli ultimi dati “mandano un segnale chiaro che le condizioni del mercato del lavoro si sono raffreddate considerevolmente”. La borsa americana ieri pomeriggio proseguiva il rialzo dopo un lunga fase di guadagni che ormai assume proporzioni record. Il mercato del lavoro rimane positivo, mentre l’inflazione scende e la Fed segnala di essere pronta a tagliare se l’occupazione dovesse mostrare segnali di indebolimento; il risultato è quello che si vede da settimane sui listini.
Due giorni fa il New York Times ha dato notizia di un piano per introdurre sanzioni che impediscano alle petroliere di trasportare petrolio russo permettendo a Mosca di evadere le sanzioni occidentali. Secondo il quotidiano, però, “i consiglieri economici dentro la Casa Bianca sono preoccupati che (il piano) rischi di infiammare i prezzi del petrolio questa estate e far salire i prezzi della benzina americani che potrebbero danneggiare la campagna per la rielezione di Biden”.
A meno di quattro mesi dalle elezioni americane, con in mezzo la “driving season”, la versione americana delle vacanze europee, il prossimo appuntamento elettorale rimane sullo sfondo di ogni scelta che conta sia sulla politica monetaria che su quella internazionale. La Fed, da sempre e in ogni anno elettorale, cerca, entro certi limiti, di evitare che i mercati entrino nella campagna elettorale danneggiando un candidato, per esempio con crolli azionari. In una campagna elettorale che sarà dominata dall’inflazione e dal caro vita, la Casa Bianca posticipa qualsiasi decisione che possa far salire il prezzo della benzina proprio quando gli americani si apprestano a mettersi alla guida per le vacanze.
La confusione politica di queste settimane con gli appelli a Biden perché si ritiri e lasci spazio a un candidato più promettente esaspera la necessità di evitare strappi potenzialmente traumatici sia sui listini che sui prezzi delle materie prime. I mercati petroliferi, per quanto possibile, devono rimanere stabili e con ogni probabilità lo stesso si applica a quelli finanziari.
Tutto questo vale fino alle elezioni presidenziali o alle settimane immediatamente antecedenti quando ormai i giochi saranno fatti. Qualsiasi squilibrio ci sia nei mercati, nella finanza americana o sui mercati delle materie prime, emergerà con il nuovo Presidente che verrà “travolto” da mesi di arretrati. In altre fasi quattro mesi sarebbero stati considerati una sfida poco impegnativa; oggi dopo due anni di inflazione record, deficit e debiti pubblici ai massimi e conflitti geopolitici la sfida è molto più seria.
La prima domanda del dibattito pubblico che rischia di condannare la rielezione di Biden è stata sull’inflazione e il caro vita; i mercati che salgono ininterrottamente da due anni non sono stati invece oggetto del confronto con Trump perché da mesi non offrono motivi di preoccupazione evidente. Qualsiasi discontinuità, sul primo o sul secondo tema, però, entrerebbe immediatamente nella campagna proprio nelle settimane cruciali.
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