Stando all’ultimo H.8 della Federal Reserve, il valore equity implicito delle banche commerciali statunitensi (ovvero, il semplice calcolo di assets in detenzione meno liabilities) ha toccato il suo massimo storico. Il tutto nel pieno di quella che è la peggior crisi del settore creditizio dai tempi del crollo di Lehman Brothers. Qualcosa non torna. O forse, no. Forse serve dare un’occhiata a questo primo grafico: Fausto Tonna e la sua contabilità creativa sarebbero fieri di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Quasi l’allievo che supera il maestro.



La realtà parla di qualcosa come una fuga di depositi dalle banche Usa da 360 miliardi di controvalore solo nelle ultime tre settimane. La realtà, però. Se invece al pubblico vendi un dato che ha goduto del maquillage di un bell’aggiustamento stagionale – totalmente ingiustificato dalla situazione -, ecco che la cosa cambia. Ecco che si può vendere la narrativa della crisi contenuta. Ecco che ogni nuovo istituto che collassa rappresenta semplicemente un caso singolo e non parte di una dinamica sistemica. Ecco che JP Morgan può fare l’affare del secolo e garantirsi anche buona stampa, risultando il cavaliere bianco.



Mediamente, oggi quel gap fra realtà e aggiustamento stagionale è nell’ordine di 10x. Eppure, nessuno lo sa. E chi lo sa, lo ignora. Perché in effetti, questo secondo grafico ci mostra come la Fed abbia orchestrato a tavolino e con tutti i crismi la crisi in atto: attraverso l’uso massimo di facilities – alcune strutturali come la Discount Window, altre create ad hoc grazie agli stessi contribuenti Usa che generano le bank run -, la Banca centrale Usa è entrata in gioco con timing perfetto per colmare il gap generato dai depositi in fuga.

L’alternativa a questo giochino delle tre carte? Duplice. E doppiamente rischiosa. Primo, perdite da circa mezzo trilione di dollari su prestiti. E contagio, Secondo, l’impossibilità di gestire mediaticamente e politicamente la crisi, trovandosi costretta ad ammettere un’emergenza a tutto tondo con l’opinione pubblica. Ora, tutto questo porta con sé un unico, enorme interrogativo: per quale ragione, la Fed avrebbe prima stimolato il collasso delle banche regionali e poi messo in campo misure massive per tamponarlo, invece che intervenire preventivamente su criteri di accountability o rating allegri, evitando che Svb facesse partire l’effetto domino?



E qui potrebbe davvero risiedere la chiave di lettura per il futuro prossimo. Il punto di svolta. Ciò che negli Usa – ovviamente solo ai piani alti – hanno già ben presente e che invece in Europa ancora viene percepito come teoria cospirativa, quando invece i dati sugli utili di queste settimane dovrebbero spingere la gente a rilassarsi. E investire, magari. Non è un caso che la scorsa settimana Christine Lagarde, mostrando un’irritazione decisamente rivelatrice, in conferenza stampa abbia sottolineato stizzita come l’azione politica della Bce non è Fed-dependent. Resta il fatto che, ora, Francoforte risulti già in palese fuorigioco. A sentenziarlo, implicitamente, ci ha pensato Bank of America. Con un titolo chiaro. Assertivo. Senza punto interrogativo finale. E con questo grafico.

Il ciclo turbo-rialzista della Fed ha sfasciato le banche regionali. La domanda del post precedente ha trovato risposta: se non si è intervenuti prima del crollo di Svb, è perché il regime di Qe strutturale e perenne necessita di default selettivi. Si possono chiamare capri espiatori. Oppure alibi. O anche detonatori. Semplicemente, il Sistema decide nel corso della crisi precedente quale sarà la pedina sacrificabile per generare la successiva. Perpetuazione manipolativa. E nessuno dice nulla. Per il semplice fatto che i rallies artificiali, il buy the dip sistemico, gli short squeezes autogeneranti e i buybacks come vera e propria strategia corporate dipendono da questo new normal. E nessuno intende rinunciarvi. Quantomeno non ancora. Perché banche, fondi ma anche investitori retail amano vincere facile, quando è la Fed a gestire il banco. Mostrandoci carte segnate.

Pensiamo davvero che l’operazione GameStop sia stata frutto unicamente del genio di qualche nerd su Reddit o Robinhood? O, forse, quel periodo di febbre da retail trading ha rappresentato la “Piazza Fontana” della dumb money, ovvero la perdita dell’innocenza e l’ontologica impossibilità di schierarsi ancora dietro striscioni che invitino a occupare Wall Street? Ora anche Mr. Smith è Wall Street. Coi soldi del Governo, oltretutto: i sostegni pandemici. Un vero e proprio capolavoro.

Adesso, guardate in rapida successione questi due due grafici. Il primo ci mostra dove siamo: ora comincia lo show, siamo esattamente al punto in cui il Qe venne generato. Il Big Bang manipolatorio. I tassi cresciuti a quella velocità hanno sì sfasciato le banche regionali, ma hanno garantito un’altra discesa vertiginosa. E il conseguente, potenziale rally del secolo. L’ennesimo. E scegliere le banche regionali è stato geniale: zero contagio sulle Big, le quali ancora dormivano fra due guanciali di riserve in eccesso strepitose. Tanto da potersi permettere comparsate come “cavalieri bianchi”, dopo generose quanto aleatorie promesse di salvataggi di sistema. E, soprattutto, fughe miliardarie di depositi verso le medesime grandi banche.

E adesso? Cosa manca? Il punto di sintesi che generi il detonatore perfetto. Con la miccia della lunghezza giusta. E il comparto tech che va in out-performance sullo Standard&Poor’s e oggi raggiunge i livelli del febbraio 2000 pare darci un suggerimento al riguardo. Guarda caso, Apple apre la sua banca. Offre il 4,15% sui conti. E fa il pieno di outflows dalle piccole banche, proprio quelle sfasciate dalla Fed. Se dovesse arrivare uno scossone transitorio, ma in stile prima bolla tech, tale da permettere un déjà vu anche rispetto ai tassi da record del 2006, chi avrà garantito alla big fra le big, quella che da sola regge Wall Street e a tutte le sue colleghe dai bilanci estrosi e dagli utili esplosivi garantiti da licenziamenti di massa, collaterale pronta cassa per non affondare? Proprio Mr. Smith, direttamente con i suoi depositi e indirettamente con le sue tasse, di fatto la benzina che tramuta in carburante ad alto contenuto di ottani le facilities di finanziamento della Fed. Poi, sarà di nuovo Fed-time. Capolavoro. E sipario.

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