Ultimo appuntamento della settimana, quindi più breve del solito per evitare sovraccarichi di informazioni in un periodo che vede le nostri menti già affollate da molti pensieri tutt’altro che piacevoli. Forza, tenete duro. Nel mio articolo di ieri ho offerto un giudizio sul nuovo Qe annunciato dalla Bce, di fatto ridimensionandone la portata e soprattutto i presunti aspetti benefici per l’economia del nostro Paese (altra questione riguarda le banche, il cui grado di connessione alle reali esigenze creditizie è però sempre più risicato e minimale a livello sistemico). Oggi, invece, voglio brevemente mostrarvi il motivo per cui, a mio avviso, Madame Lagarde ha rotto gli indugi e mosso la cavalleria con decisione prettamente emergenziale, ma precisione d’intervento chirurgica.



Certo, conta molto l’effetto “scenico” dell’annuncio a notte inoltrata, quasi non si sapesse che l’eurozona era già in uno stato comatoso prima della pandemia, ma a far riflettere, paradossalmente, devono essere prima di tutto questi due grafici, relativi al rafforzamento record del dollaro occorso negli ultimi sette giorni. Siamo non solo a livello record assoluto, ma, appunto nell’arco temporale settimanale, l’aumento registrato ha come unico precedente il Black Wednesday del 1992, acme dell’attacco speculativo portato da George Soros contro sterlina e lira.



Bene, sapete quella riga rossa che si impenna nella parte destra del grafico cosa rappresenta? Una colossale margin call. Quella che stiamo vivendo da due settimane e che fa impazzire gli indici: sete inestinguibile di liquidità, presente fin dallo scorso 17 settembre quando cominciarono le turbolenze sul mercato repo Usa e divenuta valanga con i primi crolli innescati dall’espansione a macchia d’olio del contagio da coronavirus, capace di far grippare le aspettative macro. Di fatto, il classico detonatore. Anzi, l’accelerante di un incendio doloso. Il mondo esposto a leva che festeggiavamo fino allo scorso gennaio, ora è andato in modalità cosiddetta unwind: le posizioni assunte si “srotolano” e vanno chiuse, onorate a qualsiasi sia il prezzo. Quindi, serve liquidità. Tanta. Tantissima. Sempre di più e senza soluzione di continuità, altrimenti non si spiegherebbe il continuo aumento del tasso FRA-OIS, il proxy del mercato interbancario statunitense.



Questo grafico parla più di mille mie parole: ogni volta che la Fed interviene con qualche magheggio (aumento della platea di collaterale, istituzione di una nuova facility, ampliamento dei controvalori di acquisto in aste repo o in seno al Qe) sembra che il trend rientri nei canoni di normalità. Ma è questione di attimi e ricomincia ad andare fuori controllo: quando vedete gli indici azionari impazzire più di una volta nel corso di una seduta, quando si passa da -3% a +2% e poi ancora in calo, fino allo sprofondo oppure con rimbalzi folli del +8%, dipende tutto da quanta liquidità il sistema riceve o percepisce (prezza, in gergo). Non c’entrano le valutazioni reali dei titoli in negoziazione e nemmeno i dati macro, è soltanto questione di dollari. Pensateci: se i buybacks azionari sono stati, com’è ormai dimostrato e unanimemente accettato, il motore e l’architrave dei rallies per almeno un anno e mezzo abbondante, cosa può contare e far paura se non l’assenza di cash-flow immediato e disponibile per finanziare quella pratica di riacquisto titoli? Non importa quanto sia falsata in nuce la valutazione che quei buybacks sono chiamati a sostenere, importa solo che la sostengano. Punto.

Il timore, poi, rischia di precipitare verso una spirale da 2008, ovvero il rischio di controparte che congela del tutto il mercato interbancario, talmente terrorizzato da un credit crunch generalizzato da non trovare prestatori, quasi a nessuno prezzo. I mesi che precedettero il crollo Lehman videro questa dinamica dipanarsi sotto traccia per settimane: poi, il botto. Direte voi: tutto molto interessante ma cosa c’entra il Qe della Bce con queste dinamiche, le quali sono di fatto globali e finanziarizzate?

Ce lo spiega bene questo ultimo grafico, il quale suggerisce come la margin call sul dollaro che stiamo vivendo pare essere diretta emanazione di dinamiche di crisi tutte europee. Lo mostrano le strette correlazioni degli aumenti intraday della valutazione del dollaro con le tempistiche di negoziazione delle Borse del Vecchio Continente: cosa significa o può significare? Che questa volta, i “birichini” con l’abuso delle leva e dell’azzardo morale potremmo essere stati maggiormente noi europei. Nella fattispecie, le grandi banche francesi e soggetti too big to fail come Deutsche Bank, in lotta titanica in queste ore e giorni con il mantenimento di quota 5 euro per azione.

Quel grafico e le dinamiche che sottende parlano chiaro, a meno che anche questa volta non si voglia ricondurre il tutto a una mera casualità. Attenzione, questo non significa che a New York o Tokyo o Shanghai ci siano soltanto players ligi alle regole e ai bilanci che non operano a leva, anzi. Ci dice però che, stante anche la sua debolezza politica e la sua eterogeneità fiscale, l’Europa è meno attrezzata verso certe pratiche e, di fatto, si è fatta beccare con le mani nella marmellata dalla tempesta perfetta, oltretutto subito dopo il Brexit e in pieno vacuum legislativo sulla camera di compensazione dei contratti euro-dollaro che prima avevano il loro clearing naturale di compensazione nella City londinese.

In parole povere, non abbiamo il fisico e l’esperienza per fare certi giochini. Quindi, quando gli indici europei sono aperti e in negoziazione, tutte le criticità legate a contratti derivati di varia natura – soprattutto swaps – che si basano su equilibri labilissimi ed esposizioni enormi, emergono e spingono verso l’alto il dollaro, valuta benchmark della quale il sistema ha bisogno per evitare che la margin call si trasformi in una catena di default. In una collezione di Lehman Brothers, una sorta di Spoon River finanziaria europea. Quanto sta accadendo da tre settimane, di fatto, trova il suo senso reale in queste dinamiche. Nient’altro, tantomeno virus e allarmi sanitari (tardivi e, in alcuni casi, colpevoli al limite del doloso).

E sapete cosa conferma quanto sto dicendo? Una notizia che, di fatto, è stata bellamente ignorata, ma che rappresenta il vero varco del Rubicone emergenziale: due giorni fa, nel pieno dell’attivismo da disperazione, la Fed ha attivato nuove linee di swaps con cinque Banche centrali estere (Bank of Canada, Bank of England, Bank of Japan, Banca centrale europea e Swiss National Bank) con maturazione a 7 giorni e, soprattutto, su base giornaliera e non più settimanale, a partire dal lunedì 23 marzo e fino almeno alla fine di aprile. Cosa significa? È basico: le banche estere hanno bisogno di dollari, appunto, ma le loro Banche centrali di riferimento non possono ovviamente stamparli. Quindi, la Fed stampa biglietti verdi per loro in modalità Banda degli onesti, le Banche centrali estere stampano a loro volta qualsiasi cosa la fantasia perversa di questo regime di Qe perenne faccia loro partorire e le due entità danno vita allo scambio, con la promessa di un cosiddetto swap back in un secondo tempo. Traduzione di questa dinamica? La crisi del dollaro si è diffusa e continua a diffondersi più rapidamente del coronavirus. Piccolo particolare: la Pboc non fa parte di questo club della disperazione da biglietto verde. Attenzione, quindi alle mosse di Pechino.

A questo punto, un interrogativo finale. Non sarà che, forse, di fronte all’impotenza conclamata dei vari interventi della Fed nel calmare i misuratori della tensione finanziaria e del mercato interbancario e all’impazzimento quasi senza precedenti del Libor (arrivato l’altro giorno allo stesso livello dell’ottobre 2008), madame Lagarde abbia capito che doveva mettere sul tavolo tutte o quasi le carte che aveva in mano, stante il ruolo preminente del sistema creditizio e finanziario francese nell’attuale fragilità di mercato europea? D’altronde, è stata lei a dire che non è compito della Bce far rientrare nei ranghi gli spread sovrani: cosa dite, ha cambiato idea, rendendosi conto di essere incorsa in una gaffe oppure la pantomima è orchestrata da tempo e ha come principale e prioritaria finalità quella di salvare la ghirba ai conti della République? Buon weekend. E state in casa.