A meno di una settimana dalla decisione sul rialzo dei tassi, il Presidente della Fed Powell ieri ha avuto una nuova occasione di rivolgersi agli investitori nella sede dell’Economic Club di Washington. Gli investitori speculavano su una correzione ex post del messaggio di mercoledì sera che aveva dato il via a un rally azionario e tolto il velo sull’esuberanza dei mercati in una fase particolare del ciclo economico. Ieri il rally è proseguito con un’altra chiusura al rialzo degli indici azionari.



Powell ha di nuovo sottolineato la forza del mercato del lavoro, ha ripetuto che la Banca centrale americana dovrà fare di più per riportare sotto controllo l’inflazione con ulteriori rialzi e con una politica restrittiva che dovrà continuare ancora. Questi richiami non hanno intaccato l’appetito per le azioni e gli investitori non sembrano spaventati da tassi a livelli che non si vedevano da molto tempo.



È possibile che gli investitori non stiano credendo allo scenario delineato dalla banca centrale. In questo caso starebbero scommettendo su un rallentamento economico parallelo a una discesa dell’inflazione che costringerebbe Powell a smettere di alzare i tassi o ad abbassarli molto prima di quanto oggi dichiari di voler fare. Qualsiasi rallentamento economico, in questo caso, sarebbe ampiamente compensato da un miglioramento delle condizioni finanziarie che giustificherebbe l’acquisto di azioni.

La seconda ipotesi è che il mercato azionario sia ancora oggi lo strumento migliore per proteggere risparmi e capitale dall’erosione imposta dal rialzo dei prezzi. In uno scenario di crescita, come dimostrato dalla salute del mercato del lavoro, le imprese riescono a trasferire i costi e ricavi e utili crescono. Le azioni diventano appetibili tanto più in un mercato obbligazionario che offre rendimenti non particolarmente interessanti rispetto all’inflazione. I segnali di rallentamento che si registrano in alcuni settori, o i campanelli d’allarme che suonano per esempio nel settore del credito al consumo, sono troppo isolati per consegnare un quadro diverso.



Questo è lo scenario che occorre monitorare con attenzione. È uno scenario che si basa sull’assunto che un rallentamento della crescita si accompagni da subito a un rallentamento dell’inflazione. Il rischio che potrebbe rompere la magia è che l’inflazione rimanga elevata o aumenti anche in presenza di rallentamenti economici evidenti. Le tensioni geopolitiche, la riapertura della Cina che viaggia in contemporanea a una guerra commerciale che sembra sempre più decisa, la ristrutturazione delle catene di fornitura potrebbero generare “in Occidente” uno scenario inflattivo o una nuova spinta alla salita dei prezzi anche in un contesto di rallentamento.

In questo caso l’agognata discesa dei prezzi arriverebbe solo al termine di un deterioramento economico troppo pronunciato per piacere ai mercati. L’inflazione è “buona” fino a che si presenta insieme alla crescita; diversamente si devono rifare i conti.

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