A non-spending tsunami. Uno tsunami di non-spesa. Così Alexandre Bompard, Ceo e presidente del gruppo Carrefour, ha definito la dinamica cui si sta assistendo nella sua catena di grande distribuzione. Ma c’è di peggio. E la schiettezza con cui il manager ha risposto alla Reuters fa paura. O, almeno, dovrebbe: “L’aumento dei prezzi ha costretto molti consumatori a tagli forzati su beni essenziali. E quando la gente esce dal punto vendita senza quelli nel suo sacchetto, occorre agire”.



Parole che pesano ancora di più, se lette in queste ore, quando Eurostat certifica il solletico che i rialzi dei tassi della Bce stanno facendo all’inflazione. Stagnante su livelli quasi tripli del target del 2%. In Francia e Germania, addirittura nuovamente in aumento. In Italia, il tavolo convocato dal ministro Urso con i responsabili di filiera produttiva e grande distribuzione per raggiungere l’accordo su un trimestre di prezzi calmierati proprio sui beni essenziali non è nemmeno più stato riconvocato, dopo il due di picche che il titolare del Made in Italy ha ottenuto dai suoi interlocutori. Di fatto, gli omologhi nostrani di Alexandre Bompard.



C’è ancora una relativa calma nell’aria. C’è ancora un colpo di coda estivo, persino nel clima. In compenso, le bollette in Italia sono già state vaticinate in aumento del 10% dal prossimo bimestre. Senza che siano esplose pipeline in giro per il mondo. Almeno per ora. Perché mentre noi ancora guardiamo all’Ucraina, in Africa le cronache parlano di un golpe al giorno. E tutti con epiloghi certamente non a favore della perpetuazione o dell’ampliamento degli interessi occidentali nell’area. Tradotto, i candidati imposti da Eliseo e Casa Bianca cominciano a cadere in disgrazia.

E fingere che quanto accade in Africa ci interessi soltanto marginalmente rispetto agli effetti collaterali sull’hotspot di Lampedusa è errore madornale. Anzi, esiziale. Perché il gas di cui abbiamo bisogno e che dalla Russia non arriva più – garantito e a prezzo concorrenziale – diviene arma in quelle diatribe solo apparentemente legate a satrapie tribali. E lo diverrà sempre di più. Soprattutto se i due azionisti di maggioranza geopolitica relativa, Cina e Russia, dovessero cominciare a spostare interessatamente l’asse della destabilizzazione a Sud.



Cosa farà la Nato, a quel punto? Allargamento all’Africa, campagna acquisti nel Maghreb e nel Sahel? In Niger la controffensiva dell’Ecowas e della Francia per “ristabilire l’ordine” era data per immediata. Non si è ancora mossa nemmeno una pistola ad acqua. E il Niger è paratia del gas nigeriano verso l’Algeria. Si può aprire. Ma anche chiudere. E con l’inflazione lungi dallo sgonfiarsi, una nuova crisi energetica quale effetto moltiplicatore potrebbe generare? E se la Bce a quel punto proseguisse come cane di Pavlov, avvitandosi nella spirale prezzi/tassi per evitare quella prezzi/salari sgradita ai referenti, quanto reggerebbero banche, famiglie e imprese?

Peccato i giornali non ne parlino. O, almeno, non tutti. Perché il Financial Times qualcosina l’ha detta. E volendo tradurre brutalmente, il messaggio nel sottopancia è il seguente: quanto deve durare ancora la pantomima? Perché, se in prima battuta a emergere è il tratto di incoerenza e poi quello di ridicolo, le temperature frizzantine di queste mattine mi fanno pensare al futuro prossimo. Molto prossimo. Quando i conti con le necessità energetiche andranno fatti davvero e non in punta di propaganda.

La realtà? Ce l’ha spiattellata in faccia appunto il Financial Times, giornale difficilmente accostabile al Cremlino. Su dati di Global Witness e forniti da Kpler. Nei primi sette mesi di quest’anno, Spagna e Belgio sono state rispettivamente secondo e terzo acquirente di LNG russo. Prima di loro solo la Cina. Di più, prendendo l’Europa nel suo insieme, le importazioni di gas liquefatto fra gennaio e luglio sono state del 40% superiori rispetto al medesimo periodo del 2022. Traduzione? Le sanzioni che hanno devastato interi comparti delle economie e ridotto al lumicino rapporti consolidati da decenni di partnership con Mosca sono servite unicamente agli interessi Usa e sostituire il più sicuro ed economico approvvigionamento via pipeline con quello decisamente più costoso e tortuoso via nave. Da quest’ottica, ecco che il botto a Nord Stream 2 assume tutto un altro valore. E quanto esportato fra gennaio e luglio, stando ai prezzi dello spot market, ha garantito al Cremlino qualcosa come 5,29 miliardi di dollari.

Starve the beast doveva essere l’imperativo, affamare la bestia. Forse servirebbe apporre su tutte le porte dei palazzi di Bruxelles le stesse scritte che compaiono negli zoo, invece: Don’t feed the beast. Non date da mangiare alla bestia. Chiaramente, qual è il Paese più stupidamente e pedissequamente allineato ai diktat Nato? L’Italia, ovviamente. La quale è certa di aver trovato l’alternativa alla dipendenza energetica russa nell’Algeria. La stessa che vede la propria utility statale sotto controllo di Gazprom. E che, oltretutto, dipende in gran parte dal gas che parte della Nigeria e arriva passando attraverso il Niger. Lo stesso Paese che vede al potere una giunta dichiaratamente filo.russa.

E se la stessa Spagna che fino all’altro giorno vantava i suoi contratti di importazione di LNG statunitense e la sua esuberanza di porti e rigassificatori è andata a fare shopping col badile a Mosca, cosa dobbiamo pensare? La Spagna, i cui inverni certamente sono meno rigidi di quelli italiani. Le cui necessità energetiche, stante i dati sugli stoccaggi, appaiono assolutamente “coperte”. Eppure, in barba alle sanzioni, l’intelligenza col nemico è regola aurea. E il fatto che il terzo acquirente sia lo stesso Belgio che vede come capitale la Bruxelles delle istituzioni europee dovrebbe farci riflettere.

Certo, parliamo dello stesso Paese che offre domicilio a Euroclear e viene utilizzato da Cina e Cayman assortite per acquistare debito ed equities senza comparire. Ma qui la questione è differente. Sarà per questo che la Germania ha già messo in campo un piano triennale di sostegno alle Pmi? E la Francia appare sempre più preoccupata dalla moda golpistica africana? Winter is coming…

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