“Il tema è: cominciamo a spendere questi soldi che dovranno arrivare dal Recovery fund e per i quali bisogna presentare dei progetti. Continuare a parlare del Mes è solo un’occasione per creare tensioni nella maggioranza e dimostrare che la si pensa diversamente”. Sta tutto in questa frase pronunciata a Mattino 5 dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il senso del mio voto per il No al referendum sul taglio dei parlamentari. Sono sincero: non me ne frega assolutamente nulla della tutela della rappresentanza, né posso far valere strumenti qualificanti tali da poter offrire argomentazioni in punta di diritto costituzionale. Il mio voto per il No si sostanzia unicamente nella speranza che possa servire, prima o poi, in un modo o nell’altro, a eliminare dalla faccia delle Terra quel cancro del buonsenso che risponde al nome di Movimento 5 Stelle.



Perché signori miei, qui si sta esagerando. E comincio a credere che il Quirinale ora abbia l’obbligo di intervenire. Duramente, anche. Perché quella frase del ministro degli Esteri è di una gravità inaudita, visto che svela due possibili facce della medesima, tragica medaglia. Ovvero, o Luigi Di Maio è un minus habens o è in palese malafede rispetto al bene del Paese. Tertium non datur. In entrambi i casi, non può stare alla Farnesina. Così come in nessun altro ministero. Né in Parlamento. Ecco, potrei votare convintamente Sì soltanto se questo configurasse in automatico l’ineleggibilità per gente come Luigi Di Maio. Altro che Severino, qui occorre scomodare Basaglia. Vi rendete conto cosa ha avuto il coraggio di dire il titolare della nostra politica estera (Dio passa davvero attraverso le ferite, come diceva Charles Peguy)? Che bisogna smetterla di parlare dei 36-37 miliardi pronta cassa del Mes e piuttosto cominciare a spendere i soldi del Recovery fund, ovvero denaro inesistente almeno fino alla prossima primavera, se tutto andrà bene in sede di vaglio della Commissione Ue!?! Il passo successivo per una persona che ragiona così è quello di girare per le strade con un guinzaglio vuoto in mano, millantando la presenza del cane invisibile con chi si incrocia.



Vi rendete conto del contesto politico-temporale in cui è stata proferita quella frase, poi? A 72 ore dal più colossale fallimento annunciato della storia, ovvero la riapertura delle scuole che già oggi appare un fallimento per il quale ci riderà dietro tutta Europa. Perché signori, tutta Europa ha riaperto – e da tempo – gli istituti di ogni ordine e grado. Solo noi ci ritroviamo a ridosso del D-day con i presidi che segano letteralmente i banchi in due e i bidelli che perimetrano le aree come agenti della scientifica di CSI. E il ministro degli Esteri cosa dice? Invita tutti a smetterla di parlare di soldi che sarebbero immediatamente disponibili e che potrebbero servirci proprio per evitare una figuraccia con pochi precedenti al mondo, magari garantendo l’acquisto di banchi in tempi umani e senza strane aziende-fantasma cui appaltarlo e munendo tutte le scuole di termoscanner come negli aeroporti, stazioni o supermarket, visto che sono i virologi a dire che la temperatura va provata a scuola e non a casa. E seguendo uno standard unico, garantito appunto da un’unica macchina rilevatrice uguale per tutti.



Ma il ministro Di Maio vola alto, lui lo schifa l’argent de poche del Mes e punta dritto ai 209 miliardi del Recovery Fund, nonostante sia il commissario Gentiloni che il ministro Amendola, quindi fuoco amico, nelle ultime ore abbiano ribadito in ogni modo che quei soldi arriveranno a babbo morto, quantomeno la prossima primavera inoltrata. Nel frattempo, che si fa? Un po’ di didattica a distanza, magari? Classi alternate come i sensi di marci dell’Autostrada dei Fiori? Mettiamo un po’ di alunni sui tetti, collegati via megafono all’insegnante in classe (così, almeno, prendono anche aria e il batterio si contrasta meglio)? O magari sospendiamo tutto fino all’arrivo dei fondi, lanciando una grande campagna per l’educazione casalinga e familiare dei ragazzi, come fanno gli Amish nello Utah per tutelare i pargoli dal marciume del mondo esterno?

E noi siamo il Paese che, non più tardi dello scorso giugno, malediceva i cosiddetti “frugali” perché osavano avanzare dubbi sulla nostra capacità di spesa dei fondi europei? Vi ricordate quel weekend infinito del Consiglio Ue, quando il Premier olandese Mark Rutte era ritenuto responsabile di qualsiasi cosa, persino del surriscaldamento globale e dell’omicidio di Kennedy? Ve li ricordate i 5 Stelle, ministro Di Maio in testa, mentre gridavano indignati contro l’inaccettabilità delle patenti politiche europee verso il nostro Paese e la sua classe di governo? E ora, cosa pensate che stiano dicendo e pensando in Olanda, in caso qualcuno si stesse interessando alla riapertura delle scuole nel nostro Paese?

Ancora convinti che i Paesi frugali facessero male a porre dei paletti alti come muri di Berlino allo stanziamento di denaro a pioggia, visto l’atteggiamento irresponsabile nei confronti del Mes, a fronte di una situazione macro italiana che ancora ieri l’Istat ha certificato come devastante, soprattutto a livello di disoccupazione giovanile? E attenzione, il tutto ancora con il blocco dei licenziamenti in atto e oltre 100 miliardi di scostamento di bilancio già varati: cosa pensate che accadrà in autunno?

Ci rendiamo conto che, dati ufficiali alla mano, i contagi continuano ad aumentare e i focolai spuntano come funghi dopo un temporale? Ci rendiamo conto che già mezza Europa è in piena seconda ondata, Francia in testa? Ci rendiamo conto che lo stesso viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha parlato di necessità per il sistema sanitario italiano pari a circa 25-30 miliardi per raggiungere un efficientamento serio, quindi praticamente l’ammontare del Fondo salva-Stati pronto a essere erogato? Può un ministro degli Esteri ed ex capo del partito di maggioranza in Parlamento, permettersi di uscire pubblicamente con una frase del genere a 72 ore dal fallimento annunciato della ripartenza di un perno della società come il sistema educativo, già fermo dalla scorso febbraio? E, oltretutto, direttamente dipendente da una sua compagna di schieramento politico?

Cosa sono all’estero, tutti dei fenomeni assoluti, un simposio di geni? Se sì, prendiamo atto e copiamo i loro modelli per le aule e i distanziamenti, per i trasporti sugli scuola-bus e le modalità di ingresso e permanenza nelle mense. Smettiamola, però, con la supposta superiorità politico-morale del nostro Paese. Perché, fatti e cronaca alla mano, stiamo dimostrando di essere patetici e ridicoli, incapaci di programmare persino una riapertura che era nota dalla fine del lockdown. Ovvero, dallo scorso maggio. Facciamo giugno, voglio essere magnanimo. Cosa si è fatto, da allora? Certo, idiozie varie di ispirazione grillina come i bonus monopattini o la difesa a oltranza di scempi del merito come il reddito di cittadinanza, mi rendo conto. Ora, però, forse è il caso che il Quirinale fischi la fine della ricreazione del buonsenso in politica e inviti gente come il ministro Di Maio a liberare le scrivanie e garantire al Paese la paradisiaca visione della sua uscita dalla Farnesina con lo scatolone in mano, stile broker di Lehman Brothers il 15 settembre 2008.

Pensate che l’Europa, intesa come Germania che deve già fare i conti con una crisi di politica interna senza precedenti, ci garantisca ancora per molto uno spread in area 150 punti base, quando non riusciamo nemmeno a riaprire le scuole e dobbiamo obbligare i presidi a comprare di tasca loro mascherine e gel igienizzanti?

Attenzione, perché il premio di rischio politico è ben più pericoloso e subdolo di quello di mercato. E, soprattutto, non è comprimibile artificialmente dalla Bce. Frasi come quelle del ministro Di Maio pesano più di un Pil in calo a doppia cifra, perché mostrano all’esterno la vera faccia del Paese. Una faccia da default alle porte, se non si cambia registro. E in fretta. La mitologica democrazia, principio che verrebbe leso da un’operazione di Palazzo che ridimensionasse peso e rappresentanza dei Cinque Stelle? Alla luce di parole come quelle del ministro degli Esteri, francamente mi pare che trattasi di un lusso che non possiamo più permetterci. Cominciamo a votare No in massa al referendum, tanto per mandare un segnale. Dopodiché, votatevi anche voi a Santa Bundesbank, protettrice del buonsenso. Il Quirinale, per pietà e amore del Paese, batta un colpo. Oppure Nicola Zingaretti faccia l’unico atto politico degno di nota della sua carriera, tale da garantirsi il mio voto per almeno un decennio (e anche la fotografia sul comodino, voglio esagerare): stacchi la spina all’esecutivo. Subito, senza attendere il 22 settembre.