A quanto pare hanno preso una decisione. Sembra che alla Fed abbiano preso la decisione di non tagliare i tassi di interesse. Una decisione sbagliata, ovviamente. E cosa avrebbero dovuto fare? Tagliare i tassi? Oppure alzarli? Decisioni sbagliate pure queste. Come, tutte sbagliate? E cosa avrebbero dovuto fare? Avrebbero dovuto portare in ufficio uno scatolone, metterci dentro tutti gli effetti personali e lasciare il posto di lavoro, prima di fare altri danni. Se siamo in un vicolo cieco, lo dobbiamo a vent’anni di scelte sbagliate, per cui rimediare ora è praticamente impossibile, a meno di un reset totale del sistema bancario e finanziario. Questa è la semplice e terribile verità.
Con un Pil americano che inizia a soffrire, visto il dato a +1,6% mentre le attese erano per un +2,5%, il taglio per giugno sembrava doveroso. Ma l’ultimo dato sull’inflazione, che con un 3,4% rimane solidamente ben al di sopra del target del 2%, sta facendo propendere i falchi della Fed a non procedere con il taglio previsto.
E questo vuol dire una cosa sola: l’economia continuerà a soffrire. La scelta scellerata sarebbe fondata sul fatto che i dati sulla disoccupazione non sono così negativi, ma non tengono conto che in realtà mentre vi sono tante persone senza lavoro, ve ne sono altre che per sopravvivere di lavori ne fanno due o tre, quindi i dati sull’occupazione (o disoccupazione) sono falsati.
In Europa, a quanto pare si arriverà al taglio dei tassi; ma qui la situazione è molto diversa, anche perché il Pil previsto (finora) per il 2024 è a livello dello zero virgola qualcosa, soprattutto dovuto a una Germania ancora in recessione.
Tutto ciò è occasionalmente dovuto ai due grandi eventi che hanno segnato gli ultimi anni, la pandemia e poi la guerra in Ucraina. Ma è strutturalmente dovuto a un sistema bancario e finanziario che non ha mai risolto i suoi problemi cruciali, quelli che derivano dall’ideologia turbo-capitalista oggi dominante, che ha tratto la sua linfa vitale dalle enormi liquidità generate dalle banche centrali e riversate sui mercati finanziari, insieme alle disfunzioni trasmesse all’economia reale dove i grandi capitali fanno il bello e il cattivo tempo, calpestando ogni principio di bene comune.
Si avvicinano le elezioni europee, dove vi sarà un unico certo vincitore: l’astensionismo. Non solo perché i partiti (tutti) si sono dimostrati incapaci di promuovere o anche solo difendere il bene comune. Ma anche perché in particolare il Parlamento europeo è totalmente imbrigliato dalle norme attuali e non ha un effettivo potere legislativo.
La decisione di non rialzare i tassi è in definitiva sbagliata, e quindi stupida, perché, anche se immediatamente fatta per difendere i grandi capitali, alla fine non li potrà difendere dall’ineluttabile crollo. La liquidità immessa a fiumi in fatti non è a costo zero, ma ineluttabilmente diventa debito pubblico: questo è il perverso meccanismo che, seppure con giri complicati, di fatti privatizza i profitti e socializza le perdite. Ora la montagna di debiti pubblici, insieme al crollo dei consumi privati e dei debiti delle aziende, è tale che inevitabilmente finirà per spazzare via ogni cosa e nulla potranno fare le banche centrali, con la loro sfrenata immissione di liquidità.
Stiamo parlando di debiti per centinaia di miliardi, ovvero di titoli che varrebbero complessivamente centinaia di miliardi, ma che rischiano di veder crollare il loro valore a carta straccia: e si tratta di titoli che sono tra gli attivi nei bilanci delle banche.
Faccio un esempio concreto. Dal 2010 la moneta giapponese yen si deprezza pesantemente nei confronti del dollaro Usa. Nel 2010 il rapporto Usd/Jpy valeva 75 yen, ora ne vale 155, con un aumento pari a oltre il 206%. Questo vuol dire che la stampa di yen da parte della Boj (la Banca centrale giapponese) vale sempre meno, pesa sempre meno nel mercato internazionale. In altre parole, per esempio, ci vuole il doppio del valore in yen per comprare il petrolio in dollari Usa. Vi potete immaginare cosa accadrebbe al valore materiale dello yen se crollasse il dollaro Usa?
Facciamo un passo indietro. Perché lo yen si sta deprezzando? Perché il Giappone è pieno di titoli di stato americani e questi vengono percepiti come sempre più deboli. E perché vengono percepiti più deboli? A causa del grande indebitamento sempre crescente del Governo Usa. Capite ora il collegamento tra debiti pubblici e valore delle monete?
Ora, la notizia che non è una notizia è che il dollaro Usa si sta deprezzando, in modo “invisibile”, perché nel frattempo si apprezza (o mantiene il suo valore) nei confronti delle altre monete. Allora come faccio a dire che si sta deprezzando? Perché si stanno deprezzando tutte le monete, chi più e chi meno, a causa dell’inflazione. E perché, dato ancor più evidente, sta decollando il prezzo dell’oro, ormai sulla soglia dei 2400 dollari per oncia e con una pressione a salire che sembra inarrestabile.
Tutta questa spinta, tutta questa fuga dal dollaro è concausata da diversi fattori: il primo già citato è l’inflazione stessa; il secondo è dato dalle difficoltà sempre maggiori nel mercato interno, dove all’indebolimento del Pil (sempre positivo ma sempre più fiacco) si stanno aggiungendo le notizie sulle difficoltà di numerose banche in sofferenza.
Occorre ricordare che un anno fa falliva la Silicon Valley Bank, il più grande fallimento bancario dal 2008; ma da allora nessuno ha fatto qualcosa per cambiare il perverso meccanismo che porta le banche in crisi, un meccanismo che rischia di ripetersi senza sosta. Ora la situazione sembra tranquilla. Tuttavia questa calma è apparente, perché secondo un rapporto di Klaros Group, attualmente sarebbero 282 le banche statunitensi a rischio.
Tra i fattori della debolezza del dollaro aggiungiamo pure l’inizio della guerra in Ucraina e il consolidarsi dell’alleanza dei Paesi Brics, che ovviamente stanno pianificando scambi commerciali che non abbiano la necessità di usare i dollari americani.
Nel frattempo, al contrario del Giappone, la Cina nel 2023 ha incrementato fortemente la vendita di bond Usa e l’acquisto di oro fisico.
Capite quanto è grave la crisi, anche se nessuno ne parla?
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