Verrebbe voglia di completare un vecchio detto che recita “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare” aggiungendo “e gli incompetenti al governo iniziano a fare disastri”. A iniziare da Draghi, che con fare impacciato in Parlamento ha dovuto ammettere che “abbiamo bloccato i conti ai russi, ma non c’è rimasto quasi niente”, passando per il ministro Cingolani (quello della misteriosa “Transizione ecologica”, ma che vuol dire?!) il quale ha mostrato tutta la sua competenza dichiarando nel giro di 5 giorni: «Sostituiremo gas russo, nessun problema per arrivare all’estate» e poi: «In 24-30 mesi indipendenti da gas russo» e infine: «Senza import gas russo è tragedia sociale». Cinque giorni. Una volta a Milano c’era la “Sei Giorni” di ciclismo. Ma si sa che Cingolani è un fenomeno, a lui bastano cinque giorni per passare da un estremo all’altro della pista dello scibile umano.
Ma non manca nemmeno il fenomeno di Roma, al secolo il Governatore del Lazio Zingaretti: c’è il caro del gas e lui che fa? Fa prendere freddo ai dipendenti della Regione, abbassando di un grado le temperature negli uffici regionali e spegnendo il riscaldamento per due ore in tutte le sedi regionali. Alla riunione in cui si sono prese queste brillanti decisioni partecipava anche il Sindaco di Roma Gualtieri il quale ha subito partecipato festante al nuovo gioco, decidendo di abbassare anche lui di due gradi gli uffici comunali e di far spegnere tutte le fonti di luce e di energia al termine dell’orario di lavoro. Che genialata. E lo hanno pure detto: “Noi in queste ore viviamo una imprevedibile tragedia umana per l’invasione di Putin dell’Ucraina e gli effetti sulle persone sono già entrate nelle case con il caro energia. Noi abbiamo preso la decisione di abbassare il riscaldamento di un grado e di spegnerlo in tutte le sedi regionali per due ore al giorno. Questo per dare una mano non solo simbolicamente”.
Per comprendere appieno l’espressione di tanto genio occorre considerare che circa il 75% del consumo di gas è dovuto alle industrie le quali di fronte ai recenti cali hanno solo una scelta: chiudere.
Ora, se qualcuno tiene presente che nel 2008 il petrolio era arrivato al prezzo di 148 dollari e il prezzo della benzina allora era circa 1,38 euro (mentre oggi con il petrolio a 108 dollari il prezzo alla pompa è superiore ai 2,1 euro) capisce benissimo che il “cattivissimo” Putin non c’entra un piffero e la colpa è tutta del Governo, delle sue scelte criminali in tema di politiche energetiche, compiute unicamente per compiacere i poteri europei.
Colpa di Putin? Ma il gas russo continua ad arrivare regolarmente, il colosso Gazprom sta continuando a rispettare i suoi contratti. E poi come mai la benzina a Barcellona, in Spagna, costa 1,3 euro? E perché a Malta costa lo stesso?
Le sanzioni alla Russia? In realtà sono sanzioni contro l’Italia, non ci vuole molto a capirlo. Come già detto nello scorso mio articolo, il piano delle Banche centrali per contrastare l’inflazione galoppante è semplicissimo quanto efficace: devono creare la crisi nell’economia reale, strozzandola con la mancanza di denaro, in modo da impedire l’acquisto di beni e servizi a prezzi sempre maggiori. Quindi devono far fallire le aziende e far aumentare la disoccupazione.
Gli incompetenti sono stati messi li, al potere, proprio per contribuire alla distruzione dell’economia italiana. E se per farlo occorrerà distruggere pure la politica e le istituzioni, allora si farà pure quello. Altrimenti perché un Di Maio (ministro degli Esteri? Ma ne siamo sicuri? Un diplomatico, lui?) si permetterebbe di dire che Putin non è paragonabile ad un animale, perché è molto peggio come crudeltà? Lasciamo stare se sia vero o no, la domanda da porsi è: a quale fine fare queste dichiarazioni? Dov’è, in questo frangente, la differenza tra un diplomatico che prepara a strada per una possibile trattativa e un soggetto che per ora fa politica e che si sente continuamente in campagna elettorale, come se dovesse giustificare il posto che occupa?
E lo stesso accade a livello europeo, gli incompetenti sono al potere; ma sono così incompetenti che ogni tanto gli scappa di dire la verità, così come successo al capo della politica estera dell’Unione europea Josep Borrell; “Sono pronto ad ammettere che abbiamo fatto un certo numero di errori e che abbiamo perso la possibilità di avvicinare la Russia all’occidente. Vi sono momenti nei quali potevamo fare meglio come, per esempio, quando abbiamo promesso ad Ucraina e Georgia di poter entrare nella Nato. Penso che sia stato un errore fare promesse che non si possono mantenere”. Queste le dichiarazioni di Borrell in una intervista alla canale TF1. Vi rendete conto? Il rappresentante della diplomazia europea che promette a due Paesi l’entrata in un organismo internazionale di cui non ha il minimo controllo? Non dovrebbe essere licenziato immediatamente? Ma perché è ancora al suo posto?
L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (questo è il nome preciso del ruolo dello spagnolo Borrell) guida la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea e l’attua in qualità di mandatario del Consiglio dell’Unione europea. È membro ed ex officio vicepresidente della Commissione europea. Con quelle sue dichiarazioni dovrebbe rassegnare immediatamente le dimissioni. Invece è ancora al suo posto. C’è il fondato sospetto che la sua “azione” diplomatica abbia causato una guerra. Ma lui è li per quello, per la sua incompetenza, per causare disastri. Il vero problema è che tutti noi facciamo fatica a credere una simile enormità.
Qui non si tratta di essere pro Putin o pro Ucraina, qui si tratta di capire la realtà dei dati, dei fatti, delle situazioni, prima di ogni giudizio. Occorre sapere perché la moderna l’Ucraina, nata dallo scioglimento dell’Urss avvenuto nel 1990, non sia entrata né nella Nato, né nell’Unione europea, neanche dopo la “rivoluzione arancione” del 2013 che fu di fatto un colpo di stato che però portò al potere un Governo totalmente filo europeista. E allora perché non è entrato nell’Unione europea?
Forse perché tali governi hanno avuto troppe collusioni con i nazionalisti neonazisti, la cui bandiera ha i colori rosso e nero, un chiaro riferimento ai nazionalisti dell’epoca di Hitler, i quali in funzione antisovietica abbracciarono l’ideologia nazista e si macchiarono di orrendi crimini contro l’umanità, tentando a modo loro una pulizia etnica prima verso gli ebrei e poi verso i polacchi (si stimano circa 100 mila vittime polacche).
Certo, i nazisti in Ucraina sono una minoranza, ma non sono una minoranza trascurabile. Il loro appoggio ha permesso il successo sia di Poroschenko che di Zelenski ed entrambi i governi hanno riservato a quegli estremisti una fetta di potere e una sostanziale immunità per le loro malefatte contro gli ucraini di lingua russa. Anche grazie ai fondi americani la loro presenza è così diffusa a livello internazionale che persino in una recente manifestazione “per la pace” svoltasi il 25 febbraio (il giorno dopo l’attacco russo all’Ucraina) a Reggio Emilia insieme alle bandiere dell’Ucraina è spuntata una bandiera di Pravyi Sektor (Settore Destro), partito di estrema destra e organizzazione paramilitare ultranazionalista, che presenta se stesso come difensore della nazione ucraina e contro il multiculturalismo.
Quella bandiera in piazza ha suscitato un certo scandalo e ne hanno parlato alcuni giornali.
Questi gruppi furono gli stessi particolarmente attivi nella rivolta popolare del 2013, appoggiati dai soldi americani (5 miliardi di dollari) portati dalla Nuland all’epoca della presidenza Obama. E furono gli stessi poi incorporati nel reggimento Azov, divenuto un reggimento dell’esercito ucraino, particolarmente attivo in numerose violazioni dei diritti umani contro la stessa popolazione ucraina, però nel Donbass, cioè contro la popolazione di lingua russa, lingua proibita dal 2013.
A questo quadro aggiungiamoci pure l’accordo di cooperazione UsaUcraina per la “prevenzione alla proliferazione di patogeni che potrebbero essere usati nello sviluppo di armi biologiche” come si legge sul sito ufficiale del Dipartimento di Stato Usa. Praticamente la stessa motivazione per cui Fauci ha finanziato, per vie traverse, il laboratorio di Wuhan. Con la differenza che l’Ucraina non è la Cina e che in un Paese dove il reddito medio pro capite è di circa 1.800 euro (in Italia è 30.000 euro circa) non si spiega facilmente la ricchezza di Zelenski (villa a Forte dei Marmi più villa a Miami più conti offshore).
Lo ripeto, non si tratta di stare dalla parte di Putin o dell’Ucraina, ma, se davvero si vuole perseguire la pace, si tratta di comprendere tutti i fattori in gioco. E tra questi c’è anche la crisi economica e lo smodato rialzo del prezzo delle materie prime, che porterà l’inflazione a livelli incontrollabili.
Una pacchia per i soliti ricchi, con la scusa di una guerra che poteva e doveva essere evitata.
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