Avrete notato come praticamente tutti i media, ormai con cadenza quotidiana, aggiornino il presunto bollettino medico sulle condizioni di salute di Vladimir Putin: dal cancro alla tiroide all’Alzheimer, gli è stato diagnosticato di tutto. Ormai ha sostituito il bollettino delle 17 sui contagi da Covid. Conferme? Ovviamente, nessuna. In compenso, il suo omologo statunitense – al suo pari in possesso di codici nucleari e in grado di far scoppiare la Terza guerra mondiale – alla fine di ogni discorso pubblico, si gira e stringe la mano all’amico immaginario.
Quanti media si sono chiesti quale sia l’eventuale patologia di cui soffre Joe Biden, partendo dal presupposto che non sia proprio normale approcciarsi al vuoto come fosse lo spazio vitale di un nostro interlocutore? Nessuno. È soltanto un esempio. Probabilmente stupido. Ma terribilmente esemplificativo. Perché se è certamente vero che la Russia ha storicamente abusato della disinformazione come arma, appare altresì innegabile come il libero Occidente stia facendo lo stesso. E in grande stile.
Siamo nel pieno dell’offensiva mediatica finale. Una strutturale, organizzata e preordinata operazione di informazione unidirezionale, solitamente prodromo a eventi epocali. Insomma, volgarmente parlando, stanno cominciando ad aumentare nemmeno troppo gradatamente il dosaggio del sonnifero per il vostro senso critico. Anestesia collettiva, dopo l’isteria collettiva della pandemia. Gli esempi si sprecano e ormai nessuno fa più caso a quanto la bilancia sia palesemente pendente da un lato. Tutti i media hanno aperto le loro edizioni con i missili russi su Kiev nel corso della visita del Segretario generale dell’Onu al presidente Zelensky. Giustamente, poiché un atto tale prefigura un chiarissimo segnale politico di Mosca: la Nazioni Unite, il cui più alto rappresentante è stato accolto senza precondizioni al Cremlino solo 24 ore prima, non sono più viste come agente terzo di mediazione. Bensì, percepite come parte in causa e palesemente schierate con le istanze dell’Ucraina. Che sono quelle della Nato.
Quei missili di Mosca significano una cosa sola: da oggi in poi, la Russia si riconosce solo nella mediazione turca e nella bozza degli incontri di Antalia. Casualmente, prima che la strage di Bucha facesse saltare l’unico tavolo che sembrava in grado di generare una tregua. Qualcuno che ha appena stanziato 33 miliardi di dollari per Kiev, spingendo sull’acceleratore del warfare per cercare di pompare un Pil ormai stagnante (+0,4% nel secondo trimestre, stando al GDPNow della Fed di Atlanta) e garantire alla Fed la pantomima del tapering senza che la bolla azionaria deflagri del tutto, ha forse bisogno che il conflitto duri a lungo? Casualmente, solo Usa e Ucraina hanno già parlato di guerra che potrebbe durare per tutto il 2022. Non male come approccio alla mediazione.
Ma non basta. Perché mentre il mondo gridava ai missili sulla testa di Guterres, ecco che a Bruxelles andava in onda l’istituzionalizzazione dello stato di guerra per l’Europa: per la prima volta in assoluto, il Segretario della Nato era presente alla riunione dei Presidenti, sorridente accanto a Roberta Metsola e intento a garantire come l’Alleanza accoglierà a braccia aperte Finlandia e Svezia, se vorranno aderire. Insomma, mentre Joe Biden imponeva extra-spesa militare (cosa vi dicevo non più tardi di due giorni fa?) da record al Congresso, la Nato di fatto entrava ufficialmente in seno all’Ue.
Chi pensava che la crisi ucraina sarebbe stata prodromo della nascita dell’Esercito europeo, ci ripensi. Sarà soltanto l’atto certificativo della cooptazione Nato dell’Europa. E non solo quella a 28. Perché il Guardian nella sua edizione di ieri era molto chiaro: il Regno Unito invierà oltre 8.000 uomini e carri armati a quella che si prospetta come la più grande esercitazione dell’Alleanza atlantica dai tempi della Guerra fredda: decine di migliaia di uomini e mezzi schierati, da qui all’estate, in tutto il Continente, esattamente dalla Finlandia alla Macedonia del Nord. Di fatto, war games. Pensate davvero che da qui a tre mesi non accadrà nulla, davvero siete certi che non salterà fuori un casus belli, uno sparo di Sarajevo nel cuore dell’Ue che giustificherà una guerra permanente con Mosca? Se sì, siete solo degli illusi.
La guerra è alle porte. Anzi, ce l’abbiamo già in casa. Per capirci: quest’anno è molto probabile che quelle che vedrete la notte di San Lorenzo, non saranno stelle cadenti. Ma missili. Perché sempre mentre giornali e tg, questa volta in versione casereccia, si stracciavano le vesti per i razzi del Cremlino su Kiev, ecco che le parole del numero uno del Copasir, Adolfo Urso, al termine dell’audizione del ministro della Difesa, Guerini: «Si sono condivisi i contenuti del secondo decreto interministeriale che autorizza la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina, sui quali il comitato ha convenuto con il governo nella apposizione del vincolo di segretezza e gli esiti della riunione svoltasi nella base americana di Ramstein, Germania, lo scorso 26 aprile con la partecipazione dei Paesi alleati nel sostegno al governo di Kiev». Vincolo di segretezza.
Cos’è stato deciso a Ramstein che vincola l’Italia a un potenziale impegno bellico diretto in ambito Nato e alla vigilia delle più grandi esercitazioni di sempre, oltretutto in periodo bellico e non pace? Segreto. Quali armi stiamo per inviare a Kiev con il terzo decreto interministeriale e dopo che le forze russe hanno sequestrato mortai italiani in mano alle milizie ucraine, facendo in modo che Roma fosse al corrente di questo? Segreto. Mario Draghi riferirà in Parlamento? No, segreto. Il presidente è troppo impegnato a preparare i viaggi a Kiev e a Washington. Quest’ultimo previsto per il 10 maggio, il giorno successivo alla grande parata sulla piazza Rossa per la Festa russa della liberazione dal nazi-fascismo. Quando la sfilata di armi tattiche e non convenzionali fornirà ulteriore carburante carico di ottani retorici ai cantori del warfare come necessità da contrapporre all’impero del Male.
Mario Draghi è in trincea. Con l’elmetto ben calato sulla testa. Talmente preso dal suo ruolo da aver fatto slittare a lunedì il Consiglio dei ministri sul nuovo decreto sostegni al caro-energia, stante i soli 6 miliardi a disposizione, una situazione economica già oggi da mani nei capelli e una chiara indicazione dall’Europa di non azzardarsi nemmeno a mettere in campo un nuovo scostamento. Tradotto, le vostre bollette possono attendere, visto che soldi non ce ne sono, alla faccia dei fantastiliardi del Recovery Fund. Mentre le armi per Zelensky no. Per quelle si trovano tempo e risorse, oltretutto segretandone i particolari.
Ma cosa trovate sui media, siano essi quotidiani o tg o siti? Il presunto Alzheimer di Putin e i missili sulla testa di Guterres. Normalmente vi avrei detto di riflettere su quanto ho scritto. Ma oggi non me la sento. Perché ormai è tardi. Prendetene solo atto.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.