La Germania è ufficialmente in recessione. Ma il Dax è sui massimi assoluti. Quindi, in base alle nuove leggi che regolano economia e mercato, va tutto bene. Il problema non sta in quei due trimestri di calo. E nemmeno nella necessità – quantomeno irrituale per Berlino – di operare una revisione al ribasso del dato di crescita precedente. Il dato sta tutto nel grafico che mostra il breakdown delle voci di contributo al Pil di alcune nazioni europee: la Germania appare nella stagnazione totale.
Oltretutto, in piena bolla immobiliare come mostra questo secondo grafico.
E con il settore automotive, storico contrafforte della crescita, destinato a un ridimensionamento epocale e sistemico. Ma attenzione, perché al netto dell’interdipendenza da fornitura che lega l’economia delle aree produttivamente più forti del nostro Paese ai Land tedeschi (nel pieno, oltretutto, di un’emergenza come quella di un motore di crescita come l’Emilia-Romagna), ecco che quell’area rossa che caratterizza la scomposizione del Pil italiano dovrebbe farci riflettere. Lo stato di salute relativamente positiva di cui gode la nostra economia è garantito pressoché totalmente dal boom delle costruzioni. Tradotto, dai sussidi statali legati al superbonus. Il quale non solo oggi è in via di ridimensionamento, ma, soprattutto, ha inferto un colpo da semi-ko ai conti pubblici. E intasato di crediti di fatto incagliati il già poco tranquillizzato settore bancario. In attesa del Godot della soluzione di sistema per Eurovita.
Per il resto, oggi l’Italia galleggia con i servizi garantiti dall’aprile boom del turismo e dall’export. Quest’ultimo per almeno due trimestri mantenuto in surplus commerciale dalle esportazioni verso la Cina, Paese cui ora vorremmo chiudere la porta in faccia attraverso uno stralcio unilaterale del Memorandum d’intesa firmato dal Governo Conte-1. In compenso, guardate quale voce appare la più qualificante per la Francia: un’area azzurra che significa proprietà intellettuale. Insomma, oltre ad aver scippato alla Londra post-Brexit la corona di piazza finanziaria europea, Parigi è di fatto divenuta il punto di riferimento europeo per l’innovazione. Ovvero, il futuro. Quello vero. Mentre la Germania raccoglie apparentemente i cocci post-industriali del Novecento e noi sopravviviamo di sussidio in sussidio e di incentivo in incentivo, affidandoci alle ricettività dei turisti come prestatore di ultima istanza del Pil.
Capito perché il ministro dell’Interno francese ha scomodato il rischio del terrorismo islamico e chiesto grande collaborazione all’amico americano? Perché Parigi ha messo la freccia, sta sorpassando e già vede all’orizzonte l’agognata grandeur di ritorno, l’egemonia europea. Nel frattempo, la Bce vende Bund tedeschi e salva Btp e appunto Oat francesi nel corso del suo Qt, come mostra questo ultimo grafico.
Tutelando gli spread e i costi di finanziamento del debito di Italia e Francia. Implicitamente. Ma nemmeno troppo. Sicuri però che la Bundesbank accetterà ancora per molto di veder andare a fondo la sua nave, prima di intervenire in sede di Eurotower? Come leggere le mezze reprimende mischiata alla solidarietà di facciata per il dramma emiliano che giungono in queste ore da Bruxelles? Come valutare quel lasciare appesa la terza tranche del Pnrr, quando ancora la seconda è congelata e da sbloccare a fronte di necessità immediate di cassa e soli 400 milioni di euro in arrivo dai fondi di emergenza proprio dell’Europa? Ma se e quando finirà il grace period, la Francia sarà in pole position. E noi?
(2- fine)
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