Questo articolo è una messa in guardia. Se volete derubricarlo a catastrofismo, va benissimo. Diciamo che sono abituato e ho le spalle sufficientemente larghe. Partiamo da un presupposto, temo innegabile persino per i più ottimisti: votare alle elezioni europee non è servito assolutamente a nulla. A meno che la pantomima francese non sia da annoverare tra i grandi risultati della riscossa sovranista. Di fatto, il Governo italiano e le sue mire rivendicative sono state silenziate sul nascere con il solo proferire di una formuletta, tanto desueta quanto sempre efficace nei confronti del Belpaese: procedura d’infrazione.
Et voilà, la Commissione Ursula 2 può nascere. Ovvero, un Governo dell’Europa designato in maniera pedissequa sul perseguimento degli interessi Usa. Ben inteso, se questo non fosse l’epilogo, sarei felicissimo di cospargermi il capo di cenere e andare in pellegrinaggio a via della Scrofa. Ma temo che non sarà questo il caso.
Ora date un’occhiata a questa immagine, presa dall’edizione on-line di Nikkei Asia del 18 giugno.
E cosa ci dice? Che il detonatore di guai potrebbe essere pronto. La banca cooperativa di pescatori e agricoltori giapponesi – la stessa di cui vi ho parlato alcune settimane fa, sottolineando la necessità di raccogliere almeno 7 miliardi di dollari per tamponare le perdite su investimenti a reddito fisso andati nella direzione sbagliata – ha comunicato che per cercare di salvare il salvabile, farà spazio nei registri. Per l’esattezza, scaricherà 63 miliardi di dollari di titoli di Stato statunitensi ed europei.
Ora, attenzione. Questo grafico ci mostra come prima della riunione del board della scorsa settimana, la Bank of Japan stessa avesse già scaricato debito estero per un controvalore di 17 miliardi di dollari, il massimo da 9 anni a questa parte. In un solo giorno. A mio avviso, la vera ragione della over-reaction degli Oat francesi rispetto al Bund, più che il rischio di una Vichy 2.0 che nascesse dal voto legislativo anticipato in Francia.
Ora una delle più disastrate ma anche più sistemiche banche giapponesi, titolare di circa 6.000 filiali, comunica che scaricherà da sola oltre 3 volte quell’ammontare. Certo, un’operazione simile non avviene in un solo blocco. Né in un solo giorno. Non fosse altro perché il mercato secondario oggi non pullula di compratori pronti a scannarsi per quella carta. Altresì, l’annuncio en plein air sembra quasi voler preparare il resto degli investitori alla mossa, evitando così tsunami. Ma c’è un particolare. Tutt’altro che secondario. Gli Usa non possono permettersi di vedere scaricati Treasuries da parte di un detentore primario come il Giappone. Non dopo i 63 miliardi scaricati dalla Cina solo nel primo trimestre. Altrimenti, addio ai piani della Fed di far pagare proprio a Sol Levante ed Europa il prezzo del suo rinvio post-elettorato del primo taglio dei tassi. E state certi che Janet Yellen e Jerome Powell si saranno già fatti sentire con i loro omologhi nipponici.
D’altronde, gli Usa sono noti per le capacità di moral suasion monetaria. Mentre l’Europa, oggi come oggi, non ha nemmeno un Governo in carica. Soprattutto, poi, difficilmente può resistere a richieste di sostegno, quando la tua Banca centrale deve più di un favore alla Fed. Ad esempio, il fatto di aver inserito la medesima banca cooperativa di pescatori e agricoltori nella sua platea di partecipanti alla Discount Window fin dai primi tremori, lo scorso luglio. E vogliamo parlare dell’assist del Tesoro Usa per sostenere lo yen, quando era precipitato oltre quota 160 sul dollaro (by the way, nonostante 62 miliardi gettati nel wc, oggi siamo già tornati sopra 158)? E le swap lines emergenziali?
Tranquilli, a Tokyo non ci pensano nemmeno a scaricare debito Usa. Almeno non come prima opzione. Quindi o quella cifra di controvalore va ridimensionata oppure quei 63 miliardi andranno in capo a debito dell’Eurozona. E chi pagherà maggiormente il contraccolpo, ancorché annunciato? Sicuramente gli Oat, non fosse altro per l’incertezza elettorale. Ma se Marine Le Pen scenderà a compromessi o, addirittura, l’ennesimo fronte repubblicano darà vita all’ennesimo inciucio, paradossalmente il debito d’Oltralpe diverrà appetito. Parigi sta già pagando, oltretutto. Ha appena perso il titolo di prima piazza finanziaria d’Europa, scettro che aveva conquistato dopo la Brexit e la banca britannica HSBC ha annunciato l’intenzione di uscire da French Life, il gruppo assicurativo che aveva detenuto con le unghie dopo la cessione del ramo retail a Cerberus solo un anno fa. Se con 7 miliardi di Btp scaricati in primavera da Deutsche Bank, il 2011 stava per rivelarsi l’anno zero del nostro debito, cosa potrebbe accadere oggi, stante una Bce che a dicembre metterà sul mercato i titoli acquistati in seno al Pepp e un Governo che si presenta all’esame del nuovo Patto di Stabilità con il 7,2% di deficit e 170 miliardi di zavorra del Superbonus, come appena certificato dal report aggiornato di Bankitalia?
Certo, la sell-off giapponese non sarà alluvionale. Né inattesa. Probabilmente, trattasi addirittura di una messa in guardia. Ma poco cambia. I margini di manovra per l’Italia in un contesto simile sono pressoché a zero. A chi venderemo debito, stante 340 miliardi da rifinanziare quest’anno, senza Bce e con il Signor Rossi che maledice il Mef e il suo gestore di filiale per l’affarone dei Btp indicizzati? Capito perché, non appena ventilata l’idea di una procedura d’infrazione (di fatto prodromo a un blocco delle future tranche di Pnrr e altri sostegni), l’Italia sovranista ha abbandonato l’approccio da X Mas e ha immediatamente salutato una Commissione Ursula 2 come il migliore dei compromessi possibili? D’altronde, accadde lo stesso con la riforma del Patto di stabilità, ricordate? Ed eccoci qui a tremare alla sola idea di dover rientrare dal 7,2% al 5% prima del Def autunnale, poiché l’unico compromesso a una situazione simile risponde al nome di manovra correttiva.
I nodi stanno venendo al pettine. Come vi avevo detto, bastava attendere che passasse la campagna elettorale. Adesso si comincia a ballare. Perché attenzione, le banche francesi sono stracariche di Btp. E se Parigi dovrà scegliere, certamente non presterà il petto al mirino dei mercati al posto nostro. Anzi. Ma tranquilli, trattasi di catastrofismo. Come mio solito.
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