La disperazione sta raggiungendo il suo apice. Con tempismo che nulla lascia al caso, l’intelligence Usa ha scoperto che dal 2014 la Russia avrebbe finanziato con almeno 300 milioni di dollari politici e partiti in 20 Paesi al fine di destabilizzare le tornate elettorali e indirizzare le politiche degli esecutivi. Ora, già il fatto che un’attività apparentemente iniziata 8 anni fa veda miracolosamente svelato il proprio lato oscuro casualmente a 12 giorni dal voto italiano e con il centrodestra in vantaggio siderale, farebbe aggrottare le ciglia anche a un bambino dell’asilo. Ma vi invito a mettere la questione in prospettiva. Parliamo di 300 milioni di dollari spalmati lungo 8 anni e divisi, immagino in base all’importanza del contesto politico da sobillare, fra 20 Paesi. E per ogni Paese, volete che almeno non ci sia stato da ungere un paio di partiti e almeno 5-10 politici o manager? Al netto di una complicatissima operazione di divisione, forse troppo ardita per le menti dell’intelligence Usa, cosa scopriamo, di fatto? Semplicemente che al Cremlino hanno il braccino cortissimo. Altro che i bei tempi dei rubli sovietici a Botteghe Oscure!
Signori, se Mosca avesse messo in campo quella cifra per destabilizzare 20 Paesi significherebbe aver finanziato sì e no l’acquisto dei volantini. Forse, quello della colla per i manifesti elettorali. Guardate questo grafico, ci mostra quanto speso da Democratici e Repubblicani per le campagne elettorali presidenziali e legislative per il Congresso. E attenzione, quelle cifre fanno riferimento a miliardi di dollari. Insomma, semplicemente per vincere elezioni che non necessitano turbative o frodi – almeno sulla carta, ovviamente – ma solo mezzi di marketing politico per convincere i cittadini, la democrazia Usa ha messo in campo qualcosa come 4,1 miliardi di dollari nella tornata risultata meno cara, quella del 2000.
Vi prego di notare la cifra planata sul piatto per lo scontro Trump-Biden, oltre il doppio. E ripeto, trattasi di competizioni che formalmente non necessitano di fondi neri, mazzette, conti cifrati e quant’altro. Davvero pensate che Mosca possa aver pensato di conquistare le democrazie occidentali con 300 milioni di investimento in 8 anni? Lo può credere Carlo Calenda, lo può credere mezzo Pd. Ma voi no, vi prego. Perché qui la questione è seria. Molto seria. Di fatto, l’Italia sta vedendo sostituiti a tempo di record i contatori della luce con smart inverter, i quali da remoto abbasseranno del 5% quotidiano la disponibilità energetica delle abitazioni. Perché l’Europa ha deciso: occorre risparmiare il 10% a livello mensile. Punto. La stessa Europa che nel giorno del grande scoop dell’intelligence Usa vedeva la sua presidenza di turno ammettere candidamente come il price cap fosse ormai una chimera da dimenticare.
La Repubblica Ceca, infatti, ha deciso un tetto sul prezzo del gas a livello nazionale, poiché stanca di attendere un accordo a livello Ue che lei stessa dovrebbe coordinare, stimolare e raggiungere! In contemporanea, Wall Street bruciava 1,6 trilioni di dollari di capitalizzazione in sei ore di trading. Semplicemente perché l’inflazione è cresciuta ancora frazionalmente, quando tutti speravano in un calo anche infinitesimale che segnalasse il raggiungimento del picco. Signori, Wall Street ha dilapidato 1,6 trilioni di dollari di market cap in sei ore, mentre la Russia avrebbe tentato di destabilizzare l’Occidente con 300 milioni di dollari in 8 anni.
Ora, mi piange il cuore. Ma quando una persona che solo pochi giorni fa avevo incensato per acutezza politica come Guido Crosetto arriva a evocare l’alto tradimento per chi avesse partecipato a quella magra mensa di contributi, significa che la campagna elettorale ormai ha posseduto tutti. Nel frattempo, tutt’intorno il mondo brucia. Mancava l’Armenia, ma è arrivata. Casualmente, dopo che l’Azerbaijan aveva comunicato l’intenzione di aumentare del 30% le esportazioni di gas verso l’Europa. E alla vigilia dell’incontro fra Xi Jinping e Vladimir Putin in Uzbekistan, cuore di quell’Asia Centrale che è anche armatura dell’antico impero russo contro le talassocrazie globali. E in perfetta contemporanea con l’annuncio-scoop del Governo Usa rispetto alla scoperta dei propri 007, ecco che la medesima America che intendeva metterci in guardia da cosacchi e bolscevichi assortiti, muoveva le sue ulteriori pedine.
In primis, operando un clamoroso caso di aggiotaggio, poiché Bloomberg rendeva nota l’intenzione della Casa Bianca di cominciare ad acquistare petrolio per rimpinguare le riserve strategiche, quando il barile avesse toccato gli 80 dollari di valutazione. Se voi foste un grande player energetico, cosa fareste, al netto di un’informazione simile? Certo, ad Amsterdam si gioca sporco con il prezzo del gas: ma qui si parla della presidenza Usa che manipola il mercato. Tutto bene, nulla da ridire?
E sempre in perfetta contemporanea, ecco che la Reuters rendeva noto questo: gli Usa starebbero lavorando a un pacchetto di sanzioni preventive contro la Cina, al fine di operare deterrenza in difesa di Taiwan. E funzionari di Taipei starebbero compiendo opera di lobbying molto pesante in tal senso anche presso l’Unione europea. Quindi, preparatevi: dopo le sanzioni alla Russia che ci stanno costando pochissimo, da Oltreoceano intendono imporci anche una guerra commerciale contro la Cina.
Cosa significa? Inutile che io vi annoi con ulteriori parole e ragionamenti, basta questo grafico relativo alla ratio import/export di Berlino e Pechino per capire le ragioni strategiche e tragiche di questa scelta: distruggere l’economia europea colpendo definitivamente e al cuore la sua locomotiva, già in fase di deragliamento per il caro-energia.
Se invece pensate che il vero problema sia quello dei presunti 300 milioni di mazzette dei russi a politici europei e italiani, allora state pure tranquilli. E votate con fiducia Carlo Calenda. Poi, però, vietato piangere. Perché mentre Ursula von der Leyen ieri spargeva unicorni rispetto alla nuova e geniale strategia energetica europea, la sua Germania apriva ufficialmente alla nazionalizzazione totale di Uniper. Dopo aver speso 10 miliardi di denaro pubblico fra prestiti, linee di credito e garanzie. Contrappasso, karma o mera stupidità?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.