Stando a quanto anticipato dal quotidiano svizzero Aargauer Zeitung (e non smentito dai diretti interessati), le risultanze dell’inchiesta parlamentare sulla crisi di Credit Suisse resteranno secretate presso l’Archivio nazionale per 50 anni. E non per i “normali” 30 anni, a loro volta utilizzati solo 5 volte in precedenza per dossier caldi. Insomma, la Svizzera farà calare un silenzio di mezzo secolo sulla materia dell’indagine. Ovvero, il ruolo di Governo, regolatori finanziari e Banca centrale svizzera nello sviluppo della crisi che ha portato all’acquisizione emergenziale di Credit Suisse da parte di Ubs. In Svizzera, patria sì del segreto bancario più totale ma anche, politicamente parlando, del referendum come via primaria per la creazione delle basi di consenso politica e sociale. Qui, invece, 50 anni di segreto. I 30 previsti in nome della sicurezza dello Stato sono ritenuti insufficienti.



Insomma, se Berna voleva stuzzicare la curiosità e far partire una sfida tra hackers, c’è implicitamente riuscita. Perché la forza del mercato sta proprio nella sua natura di oscurità per i non addetti ai lavori. Utilizzando spesso e volentieri paroloni inglesi e formule astruse per allontanare le pruderie di trasparenza dell’opinione pubblica. Un po’ come si fa con le zanzare, spruzzando lo spray. Ad esempio, questo grafico ci mostra come l’aumento delle posizioni a leva su scommesse per un crollo dei futures dei Treasuries Usa rimandi echi sinistri di quel basis trading che nel marzo del 2020 generò perdite enormi ai pair-trading funds e obbligò la Fed all’ennesima iniezione di miliardi.



E cosa sarebbe mai il basis trading? Di fatto una strategia neutrale, poiché in via teorica dovrebbe isolare l’investitore dal rischio di fluttuazione dei prezzi. Ovvero, si va long su un asset e contemporaneamente anche short, utilizzando uno swap. Il cosiddetto cash and carry. Il rischio? Essendo strategia neutrale, formalmente assente. A parte un piccolo particolare: la neutralità è garantita dall’uso di un derivato. Problema ulteriore? Il meccanismo funziona perfettamente, a meno che non venga a mancare il lubrificante agli ingranaggi: la liquidità. Proprio ciò che sparì di colpo nel marzo 2020, causa Covid. Ed ecco che questo secondo grafico mostra come, per gran parte dell’ultimo anno, l’indice curato da Bloomberg che misura la liquidità nel mercato dei Treasuries abbia flirtato con livelli raggiunti nel picco della crisi pandemica globale. Tradotto, anche un limitato, singolo spasmo nel basis trading potrebbe innescare un effetto palla di neve a velocità siderale. E con conseguenze catastrofiche.



E il problema è che questa messa in guardia non giunge da un analista particolarmente scrupoloso o pessimista, ma è stata la materia dell’ultimo, allarmato report della Bank of England. Istituzione poco avvezza – anche e soprattutto per interesse di parte – al catastrofismo. Se la Old Lady pubblica i suoi timori, tanto per non sentirsi dire un domani come sia stata incompetente nel prevedere il rischio, cosa c’è di così grosso da richiedere 50 anni di segreto su Credit Suisse? Misteri. E azzardi. Perché il giorno prima. alla faccia della sentenza della Corte suprema di sole tre settimane fa, Joe Biden ha perdonato circa 39 miliardi di debito scolastico a una platea di oltre 800.000 cittadini. E lo ha fatto in perfetto stile Qe: se la legge mi vieta di utilizzare uno strumento, ne creo un altro. Ad hoc. Ed ecco nascere il piano Saving on a Valuable Education (Save), gestito direttamente dall’Education Department e in base al quale chi ha pagato per almeno 20 anni e rientra in una determinata categoria di creditore, vedrà la rimanenza del suo debito cancellata. Di fatto, una mossa elettorale in vista delle presidenziali.

Ma dietro a questa mancetta in stile Lauro d’Oltreoceano, c’è dell’altro. C’è un mindset pericoloso. Il grafico mostra infatti come, proprio nel giorno in cui veniva annunciato il Save, Fed di St. Louis e Bea certificavano come le spese per interessi sul debito federale Usa avessero superato per la prima volta in assoluto i 900 miliardi di dollari. E stando alle proiezioni, entro un trimestre o al massimo due sarà varcato il benchmark del trilione di dollari. Da quel momento in poi, inizierà il countdown verso il Minsky Moment, la trappola del debito che diviene insostenibile a prescindere dal tasso di crescita. Ma per gli Usa e non per la Cina, come si pensava fino a pochi anni fa.

Certo, Janet Yellen ha già dichiarato che, aggiustata all’inflazione, la ratio degli interessi resta storicamente bassa. Peccato che, al netto di un Pil destinato a contrarsi causa recessione, il debito federale non calerà. Mai più. Né in termini relativi, né assoluti. L’endgame del Qe, insomma. Cercare un dimagrimento strutturale del debito equivale a togliere il proverbiale mattoncino di Lego dalla costruzione: crolla tutto. Anche perché, come mostra questo altro grafico, l’utilizzo della facility di supporto bancario della Fed – quella emergenziale e a tempo riattivata lo scorso marzo dopo il caso di Silicon Valley Bank – è tornato a salire, di fatto sancendo la seconda realtà incontrovertibile: le banche regionali, quelle da cui dipende il 70% del debito sul commercial real estate statunitense, non possono reggere senza il polmone d’acciaio della Banca centrale. Se si stacca il macchinario, da qui a un semestre sarà una Spoon River.

Infine, ecco che questo ultimo grafico mostra come il calo del prezzo delle auto usate registrato a giugno mostri la sua faccia meno gradevole. E certifichi quella che il Wall Street Journal ha definito la peggior crisi per le assicurazioni del ramo auto da almeno 30 anni.

A fronte di un Cpi in calo al 3%, la sub-componente delle polizze auto, infatti, è salita del 16,9% su base annua, superando persino il picco pandemico. L’aumento dei costi per riparazioni, le spese sanitarie e quelle delle litigation fees ha infatti portato ad aumenti dei premi fino al 40% da parte della Allstate in Georgia, del 32% di Nationwide Mutual in California e dell’11% di State Farm a New York. Quella in atto è una spirale di rincorsa al ribasso verso la proletarizzazione strutturale. Cui solo altro Qe con i suoi addentellati di bonus e mancette garantirà sollievo e sostenibilità, aumentandone i danni sistemici. Tutt’intorno, il Sistema sguazza tra liquidità e profitti.

Signori, la palla di neve sta prendendo velocità. E il silenzio dei media ne è la conferma. Il board Bce del 26-27 potrebbe davvero dirci qualcosa in più di un nuovo rialzo già annunciato. Potrebbe dirci se agosto per l’Italia sarà un mese bollente non solo per il clima. Fossi nel Tesoro, sospenderei le ferie e creerei una task force. Per quanto riguarda la Consob, lasciamo stare, Probabilmente, se vanno in vacanza fanno meno danni. Allacciare le cinture. E magari anche il casco.

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