Strategia a tenaglia. Ovviamente, invisibile. Quantomeno finché la nudità del Re non diverrà palese. E le opinioni pubbliche dovranno essere informate. Il silenzio, infatti, ha già il fiato corto. Come valutare il velo di disinteresse calato sul Niger, da quando l’ipotesi di ribaltare la giunta golpista filo-russa è divenuta nulla? E c’è di peggio. Tre giorni fa, proprio il nuovo Governo del Niger ha firmato un accordo di collaborazione militare con quello di Mali e Burkina Faso. Di fatto, la Nato del Sahel. E con tanto di articolo 5: in caso di attacco esterno verso uno dei Paesi membri, gli altri devono prestare aiuto e assistenza. Tradotto, Mosca si è garantita la farfalla che regola la flebo del gas nigeriano verso l’Algeria. Può aprire e chiudere, a suo piacimento.
Ora guardate questo primo grafico: il prezzo della benzina senza piombo negli Usa è arrivato a ridosso dei 4 dollari al gallone. E se Joe Biden rischia di pagare un prezzo pesantemente politico a questa dinamica, è altro che deve interessare noi europei. Il nuovo balzo verso l’alto si è sostanziato non dopo la decisione di Arabia Saudita e Russia di procedere con i tagli alla produzione fino al 31 dicembre, bensì quando giocoforza Washington ha smesso di drenare le proprie riserve strategiche di petrolio, attualmente al minimo dal 1981.
Prepariamoci a una campagna green a tempi di record, il Blame on Big Oil appare l’unica arma di distrazione di massa pronto uso per la Casa Bianca. La quale, infatti, se dovesse cominciare a rinfoltire le proprie riserve, spedirebbe il prezzo del greggio ulteriormente al rialzo. E i dati odierni parlano chiaro, sia per il Wti che per un Brent che torna a vedere la tripla cifra nel prezzo. E al netto degli shorts che potrebbero necessitare di copertura d’urgenza prima di tramutarsi in margin calls, ecco che il grafico principale ci mostra dell’altro. La strategia a tenaglia, appunto.
Nel febbraio del 2020, la stessa Arabia Saudita che intende operare uno squeeze sull’offerta di petrolio deteneva Treasuries Usa per un controvalore di 184 miliardi di dollari. Oggi (giugno 2023) siamo a 108 miliardi, un drastico -41%. Di fatto, detenzioni dimezzate in due anni e mezzo. Contestualmente, la Cina vede le sue detenzioni di debito Usa al minimo da 14 anni, 835 miliardi. Anche in questo caso, -40%. Siamo di fronte a un global flight dalla carta straccia che la Fed ha finora utilizzato come titoli al portatore per tenere in piedi un sistema manipolato e basato su leverage e schema Ponzi da buybacks? Se così fosse, probabilmente ci sarebbe di che preoccuparsi. Perché Washington non è stupida. Anzi. Ed è conscia del casinò su cui si basano i propri conti. Cosa pensate che farà, abbasserà il capo davanti a cinesi e ? Magari addirittura cercherà un dialogo con Mosca? O, come sempre, cercherà di far pagare il prezzo ai fessi dell’Ue?
E ora, strategia nella strategia. In attesa della Fed, c’era una dinamica di mercato più interessante con cui fare i conti. La mostra il grafico: nonostante il prezzo del petrolio in aumento e in scia verso il ritorno in tripla cifra, appunto, proprio gli hedge funds stanno continuando a scommettere contro i titoli energetici come avvenne soltanto in occasione del crash globale da Covid. Ovvero, quando la pandemia paralizzò tutto. Commerci, traffici, spedizioni, produzione. Addirittura (e, forse, soprattutto) spostamenti di cittadini. Interni e verso l’estero. Il mondo in stand-by. La crescita congelata. Supply chain grippata. Di fatto, una realtà che necessitava di vaccini e mascherine e non di petrolio e gas.
Il Prime Book nella ratio under/overweight tra energetici e Standard&Poor’s 500 oggi è a -1,55% e molto vicino ai minimi toccati nel maggio del 2020. Cosa sanno gli hedge funds che i sauditi ignorano? O, forse, a cosa si affidano i fondi speculativi per evitare di dover smontare posizioni ribassiste per centinaia di miliardi, prima che appunto la spirale auto-alimentante dei prezzi le trasformi in margin calls da chiudere forzatamente? E, soprattutto, a qualunque prezzo.
Certo, qualcuno potrebbe azzardare l’ipotesi più complessa. Ovvero, un calcolo geopolitico totalmente errato dai membri forti dell’Opec +, quelli del taglio della produzione fino al 2024 per generare squeeze di offerta e conseguente corner di mercato. Certamente, gli hedge funds non scommettono sul booster alle valutazioni che verrebbe garantito dalla prospettiva di un player come gli Usa che mette mano al rifornimento delle sue riserve strategiche. Anzi, quel potenziale accelerante dell’incendio doloso energetico viene del tutto ignorato. Forse, conviene accodarsi nel giudizio. Perché Wall Street conosce abbastanza bene le mosse della Casa Bianca. E in anticipo. E allora? Allora potrebbe davvero essere pandemia 2.0. Non necessariamente draconiana e drammatica come quella del 2020. Bastano i prodromi per raffreddare un mondo che, come mostra questo ultimo grafico, vede la curva 10 anni-3 mesi dei Treasuries invertita da 212 giorni consecutivi, la sirena d’allarme recessiva più lunga che il mercato obbligazionario abbia mai suonato.
E i segnali, in tal senso, non mancano. Negli Usa ma anche in Italia, dove da qualche giorno i dati sui contagi tornano a fare capolino. E già si preannunciano campagne vaccinali per i più fragili a partire da ottobre. Non servono i lockdown, questa volta. Al mercato basta solo un po’ di paura indotta per ottenere il risultato del no-landing, quello desiderato e prezzato in quelle scommesse ribassiste sull’energia. Se poi, nel frattempo, il comparto farmaceutico offrirà man forte a quello un po’ spompato del Big Tech, tanto meglio.
Certo, una lettura simile presta il fianco a pregiudizi e accuse. Ma con la geopolitica in subbuglio, l’Opec + on fire e l’inverno alle porte, quale altra brillante e pragmatica spiegazione ci offre il rasoio di Occam? Permettetemi un indizio, a mio avviso decisamente interessante da mettete nel novero: come recitava Il Sole 24 Ore di ieri, certamente testata non vicina al Cremlino, le forniture di Gazprom verso l’Europa stanno risalendo. Alla faccia delle sanzioni che gli Usa ci hanno imposto di porre verso Mosca. Ora, l’ultimo atto del nostro suicidio energetico potrebbe essere alle porte. E se Washington fa benissimo, forse sta per giungere l’ora di chiedere conto a vassalli e prezzolati europei. E italiani.
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