Il 13 marzo la narrativa di mercato è pericolosamente cambiata. Il 1 maggio si è intervenuti. Prima che fosse troppo tardi. Tutt’intorno, nessuno di noi si era accorto di nulla.

A confermare questa tesi ci ha pensato il capo degli analisti di Bank of America, Michael Hartnett. A detta del quale, il 13 marzo Bitcoin ha toccato il picco, proprio mentre i mercati davano vita a un cambio di impostazione. Dal prezzare più tagli della Fed hanno invertito il sentiment verso un minor numero di interventi al ribasso entro il 2024… Fortunatamente, la buona notizia è che a limitare i tail risks connessi a questa dinamica ci hanno pensato la medesima Fed con una sorta di allentamento attraverso la riduzione della vendita di assets a bilancio e la Bank of Japan con un intervento da 55 miliardi di dollari per frenare la caduta dello yen. Nessuno di noi ha percepito il rischio. Né un così netto e marcato cambio di sentiment. Poi, però, è arrivata la metà di aprile. Sono arrivati i dati Cpi che confermavano un’inflazione Usa che tardava – e non poco – a rallentare, di fatto allontanando addirittura al 2025 il primo, possibile taglio dei tassi. E il mercato ha cominciato a inviare all’esterno i segnali di quanto accaduto il mese prima.



Non a caso, i tremori più drastici sono arrivati dai titoli più soggetti a bolla come quelli legati all’IA, dal tech ai semiconduttori. Poi i rendimenti obbligazionari hanno posato la proverbiale ciliegina sulla torta. Dopodiché, la crisi dello yen e quello strano dato occupazionale Usa della scorsa settimana, talmente al di sotto delle attese da portare immediatamente i futures a prezzare due tagli dei tassi nel 2024 e tre nel 2025. Anche i rendimenti obbligazionari sono crollati. E cosa più importante, lo yen si è rafforzato. Senza che la Bank of Japan dovesse intervenire per la terza volta in una settimana. E, soprattutto, senza che potesse sfiorare a qualcuno il dubbio che Tokyo potesse mettere in preventivo una potenziale vendita di Treasuries Usa per finanziare la sua campagna salva-valuta. Tutto legato. Tutto interconnesso. Tutto assolutamente lontano dai riflettori.



E adesso, tutto a posto? Apparentemente. Ma in realtà, il fatto che nell’arco di un fine settimana l’escalation di russofobia occidentale abbia toccato vette che non conosceva dal duello Clinton-Trump deve farci pensare. Il Financial Times avvisa riguardo atti di sabotaggio russo in Europa in vista delle elezioni di giugno. E contestualmente, si inventa di sana pianta un effetto ritardato delle sanzioni finanziarie Usa contro Mosca che starebbe danneggiando la macchina bellica. Quale sia questo effetto, ovviamente, resta un mistero. In compenso, sarebbe interessante capire dove finiscono le decine di miliardi occidentali girati all’Ucraina per armarsi, visto che ormai persino Zelensky si è buttato sul mistico per mantenere pateticamente vivo un briciolo di narrativa resistenziale sul campo.



Il Cremlino annuncia esercitazioni con armi nucleari. Kiev comincia a preparare il terreno per l’ammissione di resa e forza la mano: Mosca può conquistare i Baltici in una settimana. Più preoccupante, la Russia avvisa: stiamo cercando conferme alla voce di una presenza della Legione straniera francese in Ucraina. Proprio mentre Emmanuel Macron accoglie Xi Jinping all’Eliseo. E il mercato è in bolla. Il che significa che non sta scontando nelle sue prezzature la presenza di una bolla anomala in un contesto di fair value. Bensì, è interamente in bolla. Dall’azionario all’obbligazionario fino alle attività speculative sulle commodities, nulla fa riferimento a fondamentali. Nulla.

Date un’occhiata a questo grafico: ci mostra l’ultima comparazione di trend dei Surprise Index di Bloomberg legati a crescita e inflazione Usa.

(PUBBLICA QUI DATA)

La prima si schianta, la seconda sale. Sintesi? Stagflazione. Praticamente, la ricetta per l’unico ambiente fiscale che garantisca agli Usa una sostenibilità di breve termine del proprio debito fuori controllo e del deficit elettorale in perenne espansione. Il regime higher for longer, ovvero tassi di interessi più alti per un periodo prolungato di tempo. Tradotto, impossibilità di tagliare il costo del denaro, se per mantenere artificialmente stabili i conti è necessario che il suo trend sia esattamente l’opposto. Quindi prepariamoci alla fine dell’effetto placebo garantito dall’ennesimo dato occupazionale manipolato, questa volta al ribasso per esigenze di sostegno al Giappone. E questo tintinnar di sciabole globale, dalla Russia all’annunciata offensiva israeliana su Rafah che sembra la copia mediorientale del sabotaggio Nato dei negoziati di Istanbul che avrebbero fatto finire la guerra in Ucraina dopo una settimana, ci dice che ora tocca al warmongering scendere in campo.

Le Banche centrali hanno tamponato il rischio di crash incontrollato, risolvendo in una settimana un mese e mezzo di margin calls bloccate all’ultimo istante. Ma quando scende in campo un armamentario simile di propaganda qualcuno potrebbe cominciare a pensare che la necessità di cortina fumogena stavolta sia davvero strutturale e sistemica. Rischiosa? Finora, occorre essere onesti, all’abbaiare non è mai seguito alcun morso. Se non nella fantasia di qualche agit prop nostrano che riesce a superare in umorismo involontario persino Jens Stoltenberg. Ciò non significa che qualcosa non possa andare fuori controllo. O non debba andare fuori controllo. Perché per quanto la macchina propagandistica sia ben oliata ormai da anni, ora la corda con un’opinione pubblica che vede il proprio potere d’acquisto devastato, la si sta tirando davvero troppo. E da troppo tempo. Higher for longer, come per i tassi di interesse. E in effetti, sia l’una che gli altri, servono allo stesso fine. Mantenere in vita il sistema del debito collettivo per il profitto privato. Altrimenti, perché ieri mattina il Mef avrebbe aperto il collocamento dell’ennesimo Btp Valore, seppur in condizioni di mercato e tassi simili e ormai raschiando il fondo del barile della fantasia per offrire sempre nuove condizioni specchietto, pur di attrarre ancora clientela retail ed esentare le banche?

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