Cieli azzurri a perdita d’occhio. Nonostante l’Europa sia nel pieno della seconda ondata di pandemia e gli Stati Uniti stiano inanellando un record negativo dopo l’altro a livello di contagi giornalieri, sui mercati sembra in vigore una tregua dalla realtà. Fateci caso. Qualche scossone, qualche criticità politica a guastare la festa (ad esempio, lo scontro fra Treasury e Fed per il rinnovo del programma di sostegno all’economia o il veto polacco-ungarico sul Budget europeo), ma, alla fine e preso atto del contesto circostante quasi bellico, il mondo equity sembra davvero un’oasi a sé stante. O forse no. O forse esiste un nesso diretto, una causalità esplicita fra crisi dell’economia ed euforia della Borsa?
D’altronde, quanto tempo è che sottolineo come i mercati azionari siano ormai quanto di più distante e svincolato dall’attività produttiva e imprenditoriale reale, capaci solo di far accrescere la propria massa muscolare di multipli come culturisti dopati, grazie alla liquidità delle Banche centrali? Qualche settimana, direi. Guardate questo grafico, quasi un’istantanea del mondo in cui viviamo: non esistono più ribassisti. Estinti. Roba da intervento immediato del Wwf.
Tutti rialzisti, tutti convinti che nulla di male potrà accadere. Per il semplice fatto che il male, sotto forma di virus, è già tra noi. E sta facendo benissimo alle equities, il miglior ricostituente di sempre. Meglio dell’Isis. O, magari, molti stanno operando in modalità di travisamento, avendo abbandonato da tempo lo short classico della vendita allo scoperto per muoversi con maggiore efficacia e senza dare troppo nell’occhio attraverso opzioni put? In effetti, la put/call ratio è a 1.89. Alta. Chissà. D’altronde, qualche motivo per alzare la guardia c’è. Ovviamente, i media mainstream non ne parlano. Quelli sono troppo impegnati a operare come uffici stampa di Pfizer o Moderna. Oppure a snocciolare dati da bollettino di guerra su ricoveri e terapie intensive. In compenso, attenzione signori. Dietro l’angolo c’è un bel detonatore pronto a fare click. Ce lo mostra questo grafico, in arrivo fresco fresco dai desk di analisi di JP Morgan.
E cosa ci dice? La scorsa settimana, Goldman Sachs aveva lanciato un allarme: attenzione, causa ribilanciamento statutario di portfolios, i fondi Usa entro fine novembre dovranno scaricare equities sul mercato per circa 36 miliardi di controvalore. Allarme, nuvoloni potenzialmente in grado di oscurare i cieli azzurri. Oltretutto, in un contesto generale di assenza totale di shorts. Ma JP Morgan va oltre. Prendendo in esame non l’orizzonte temporale di fine mese ma di fine anno, ecco che fra mutual funds e fondi pensione, a livello globale, la banca d’affari vede più di un nuvolone all’orizzonte. Praticamente, la tempesta perfetta. Solo per i mutual funds, l’ammontare equities che dovrà essere “sacrificato” alle norme statutarie relativa all’outperforming fra titoli e bonds equivale a circa 160 miliardi. Da qui a fine novembre, oltretutto. Ed entro fine anno? Circa 310 miliardi.
Capite da soli che scaricare posizioni per un controvalore simile, per quanto i mercati festeggino un record al giorno, potrebbe dar vita a qualche sgradevole inconveniente. Oltretutto, in un mondo fatato dove tutti sono rialzisti. Ma non basta. Perché quest’altro grafico ci mostra plasticamente come il mercato in effetti stia già prezzando quella liquidazione incombente. E attraverso quale proxy? Il solito, la liquidità. Praticamente in riserva sparata. Esattamente come alla vigilia del 17 settembre 2019, quando i tassi overnight del mercato interbancario Usa volarono al 10% e la Fed fu costretta a tornare in campo dopo 10 anni in panchina con il pilota automatico: la situazione doveva essere risolta con un paio di settimane di aste repo. Si andò avanti fino ad aprile.
Ma fermi tutti. Perché forse esiste una soluzione a questa rognetta. Cosa è in previsione per il fine settimana negli Usa? Forse la festa più amata, insieme al Natale. Il Thanksgiving, la festa del Ringraziamento. Quella che nei film vede le famiglie riunite di fronte al tacchino al forno, intente a celebrare rituali da Mulino bianco con la bandiera e l’inno in sottofondo, la neve che cade e il caminetto accesso. Quest’anno, poi, ancora più sentita e carica di significati, non fosse altro per la polarizzazione estrema del Paese dopo il voto del 3 novembre e la sua coda a dir poco polemica. E cosa accade in quei giorni, storicamente? Le famiglie si ritrovano, appunto. Anche quelle divise dal lavoro o dalle scelte di vita, i figli tornano a casa dal college per il winter break: insomma, il festival del virus in movimento. Vuoi vedere che a operare un efficace off-setting di quella messe di equities che devono essere liquidate in ossequio alla ratio 60:40 fra titoli e obbligazioni ci penserà un’impennata tale dei contagi da far scattare lockdown in mezzo Paese e armare la mano della Fed, il cui Fomc è fissato per il 15 e 16 dicembre prossimi?
Vuoi vedere che la timidezza che ha contraddistinto l’azione di Jerome Powell da giugno in poi verrà spazzata via dal timore di una seconda recessione a doppia cifra? Vuoi vedere che una drammatizzazione del sentiment dovuta a chiusure e ospedalizzazioni riuscirà a dar vita al miracolo non solo di aumentare la maturity del debito che la Federal Reserve è ben felice di monetizzare ma anche a ripotenziare il vaccino come catalizzatore di mercato, dopo che gli indici hanno già prezzato le sperimentazioni a tempo di record di Pfizer e Moderna? Attenzione, poi, perché come ci mostra questo grafico finale, se pensate che Bitcoin a quota 18.600 dollari rappresenti la madre di tutte le bolle con il suo +261% da inizio anno, date un’occhiata a Tesla, ovvero alla linea arancione in ascesa iperbolica: +585%.
Guarda caso, questo driver di rialzi lisergici da multipli in espansione ipertrofica dal 21 dicembre entrerà a far parte dello Standard&Poor’s 500. Una settimana dopo la riunione della Fed e potenzialmente in piena emergenza Covid da post-Thanksgiving. A occhio, già ora quelle vendite forzate di azioni sovra-valutate fa meno paura. È il magnifico mondo del Qe perenne, bellezza! Fin che dura, ovviamente. E ricordatevi: nulla dura per sempre. Soprattutto in un mondo apparentemente senza shorts.