Venerdì prossimo il Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, terrà il proprio discorso all’annuale meeting organizzato dalla Federal Reserve di Kansas City a Jackson Hole. Gli investitori cercheranno di dare una forma al prossimo ciclo di taglio dei tassi per capire quanto saranno veloci e quanto profondi. Oggi il mercato non sembra avere dubbi su un cambio di politica monetaria e un taglio viene considerato certo a quattro settimane esatte dalla riunione di mercoledì 18 settembre. Il 2024, in realtà, è stato complicato per gli investitori; in meno di sei mesi si sono prima scontati sei tagli dei tassi per l’anno in corso per poi scendere a uno, mentre in questi giorni ne vengono scontati quattro. Sullo sfondo l’economia americana si è rivelata più solida delle attese e l’inflazione più persistente di quanto si prevedesse.



L’economia in queste settimane rallenta perché i consumatori non riescono più a far fronte agli aumenti di prezzi che si sono accumulati negli ultimi tre anni e che hanno eroso il potere d’acquisto dei salari. L’inflazione è salita per la prima volta sopra il 2%, l’obiettivo della banca centrale americana, dall’inizio della pandemia a marzo 2021, ma per il primo rialzo dei tagli si è dovuto aspettare marzo 2022 quando l’inflazione era già sopra l’8%. L’ultimo rialzo dei tassi della Fed è stato a luglio 2023 con l’inflazione al 3,2%; dopo dodici mesi l’inflazione in America è ancora su livelli equiparabili (2,9% a luglio 2024).



Per discutere di inflazione e di economia occorre chiedersi cosa accadrà al deficit americano; l’economia americana e il Pil crescono con un deficit ai massimi di sempre, escluse recessioni e guerre. Questa è il tema centrale per gli investitori; negli ultimi trimestri i principali esponenti del mondo bancario e finanziario americano hanno messo al primo posto tra le preoccupazioni proprio il deficit e il debito pubblico americani giudicati come “insostenibili”. I rischi del sistema, la crescita e le borse, si sono trasferiti sul debito pubblico e il deficit senza il quale è lecito chiedersi cosa sarebbe accaduto all’economia non solo nei mesi neri del lockdown, ma anche negli ultimi trimestri. I tagli fiscali promessi da Trump o i programmi di spesa pubblica annunciati in questi giorni da Kamala Harris difficilmente si conciliano con una riduzione del deficit. Più a lungo il deficit rimane alto, più gli investitori introducono nel proprio orizzonte l’inflazione e più chiedono tassi alti e questo è un problema sia per la valutazione degli asset finanziari, sia per la tenuta dei conti pubblici.



Il comportamento della Fed dal 2021 a oggi sembra in qualche modo aver assecondato la politica fiscale dei Governi americani. Mentre gli americani si apprestano a votare il nuovo Presidente con i prezzi al primo posto nella discussione politica sarà interessante osservare se da Jackson Hole arriveranno avvertimenti. Non ci sono soluzioni facili perché, da questi livelli, gestire un ridimensionamento della spesa fiscale e il rallentamento economico anche da un punto di vista politico è complicato; l’inazione invece “risolve” il problema nel breve, ma prolunga l’aumento dei prezzi.

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