Le rivoluzioni in Italia nascono al bar, si consumano sui social e finiscono da Findomestic. Nell’ultima settimana è accaduto di tutto. E nulla che sostenga la narrativa primaverile di un’economia che fa mangiare la polvere a quella tedesca e francese. Cominciano ad ammetterlo tutti. Confindustria e Fabi maledicono le Bce e confermano come ormai la stretta creditizia ricordi l’abbraccio dell’anaconda. Difficile che le imprese possano correre, stante la mancanza di distributori di quella benzina chiamata liquidità aperti o con prezzi accessibili. Fine del Reddito di cittadinanza. Via sms. Ma cosa ben più grave, sparizione totale dall’orizzonte dell’unico, vero provvedimento necessario: un intervento sul cuneo fiscale. Serio. In compenso, taglio draconiano degli stanziamenti del Pnrr, tale da mettere in allarme bipartisan gli enti locali di centrodestra e centrosinistra: si rischiano i cantieri chiusi. In Emilia-Romagna gli unici sostegni avvistati sono quelli dei gazebo sulla spiaggia. E in tal senso, come giudicare il controesodo di turisti da un Salento che sfoggia prezzi degni di Turks and Caicos o degli Hamptons?
I dati del Pil parlano chiaro: le uniche voci a sostenerlo erano edilizia e turismo. La prima si è tramutata in liabilities da 30 miliardi di crediti incagliati. Il secondo mostra approcci da last hurrah. E, comunque, ha la data di scadenza. In compenso, in Parlamento si discute animatamente di riforma del dress code per imporre la cravatta e vietare le sneakers. E solo giovedì pomeriggio, mentre veniva battuta la notizia del due di picche presentato con garbo della grande distribuzione e dai rappresentanti della filiera alimentare al ministro Urso rispetto al trimestre di prezzi calmierati per i beni di prima necessità, veniva confermato lo stanziamento di fondi per un progetto pilota in sei città: taxi gratis per chi esce dalla discoteca sbronzo. Non sto scherzando, cercate pure sui siti istituzionali. Dalla lotta ai rave al buono-taxi statale per lo sballato chic della movida, meritano un applauso anche soltanto per la faccia tosta. Sicuramente sarà uno stanziamento simbolico. Briciole da Milleproroghe. Ma in un momento in cui nei ministeri si discute di trimestre con i prezzi calmierati per i beni essenziali, i simboli contano. Soprattutto quando i supermercati e la filiera rispondono picche.
Ciliegina sulla torta, ecco che l’ex Segretario del partito erede del Pci piange miseria tra gli scranni della Camera. sventolando il suo statino da troppe poche migliaia di euro. In Francia sarebbe uscito dal Parlamento solo con la scorta dei Caschi blu dell’Onu. Ma qui siamo in Italia. Il Paese dove si fanno le barricate ma solo utilizzando i mobili del vicino di casa, come faceva notare Ennio Flaiano. Non conta destra, sinistra o centro al potere. Conta vedere cosa si guarda, così si legge, cosa si posta. E soprattutto a cosa si aspira.
Prendersela con la politica, le banche o le multinazionali è un alibi. Soprattutto se la rivoluzione finisce con la presa del palazzo di Findomestic per pagarsi sei giorni di finto benessere, la libertà dello schiavo nel giorno di festa. E lo diceva un conservatore di destra come Nicolas Gomez Davila. Non certamente Karl Marx. Ma non pensiate che negli Stati Uniti la questione sia molto differente.
Prendiamo gli ultimi tre giorni e ripartiamo dal downgrade dell’affidabilità creditizia del Paese. You don’t need a rating agency to tell you when it’s raining, verrebbe da dire vista la reazione del mercato. In compenso, a strettissimo giro di posta rispetto alla mossa di Fitch, ecco saltare fuori il coniglio dal cilindro. Donald Trump incriminato per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Un’onta senza precedenti per un ex Presidente, di fatto l’accusa di essere il sobillatore di una rivolta contro quello stesso status quo di cui, fino al novembre precedente, era stato il supremo garante. Il tutto a un anno dal voto.
Forse non serve un’agenzia di rating per dirti quando piove. Ma non serve nemmeno Agatha Christie per capire come il concetto di orologeria sia divenuto motore della politica Usa. Il grafico parla chiaro: Donald Trump non è mai stato un elemento estraneo al sistema. Né, tantomeno, un suo fiero antagonista. Wall Street non lo ha mai temuto. E Main Street non ne ha mai beneficiato in ossequio al proletariato springsteeniano.
Donald Trump, quando tutto sarà stato detto e fatto, verrà finalmente ricordato per il suo ruolo: l’uomo che ha reso inoffensiva l’Europa e creato i presupposti per la spartizione bipolare del mondo. I credit default swaps sono molto meno affascinanti di dotte dissertazioni politologiche. Sono freddi numeri. Punti base. Andamenti che ricordano a tratti elettrocardiogrammi impazziti. E in effetti, la narrativa ci ha parlato di un Paese alle soglie della sua moderna guerra civile. Ora ci dice addirittura che a sobillarla ci ha pensato nientemeno che il Presidente uscente, appena sconfitto e incapace di accettarlo.
Quanta gente è finita in galera per quell’assalto? E con quali accuse e condanne? I simboli contano. Più dei voti delle agenzie di rating. E contano anche i fatti. Come quello mostrato da questo secondo grafico: Donald Trump è stato il soldato più fedele dell’establishment Usa nella seconda battaglia del nuovo secolo americano. Se George W. Bush ha istituzionalizzato il warfare come booster emergenziale del Pil con la lotta permanente al terrorismo, l’ex tycoon con la sua falsa guerra commerciale contro la Cina ha dato il via al processo di de-industrializzazione della Germania. Di fatto, minando alle basi la produttività del terzo incomodo sul palcoscenico globale. Il vaso di coccio europeo ci è cascato con tutte le scarpe. E oggi, grazie al Covid prima e all’Ucraina poi, i due vasi di ferro sono senza più elementi di disturbo che si frappongano al bipolarismo de facto. Esistono solo satelliti, non più competitors.
Inflazione e transizione verde sono figlie legittime del grande inganno del trumpismo: solo una smaccata, violenta e volgare campagna di sostegno al fossile poteva infatti garantire germogli di viralità sociale e globale all’ambientalismo. Greta è figlia di Trump. E non del cambiamento climatico. E solo la guerra alla Fed sul costo del denaro – con minaccia di far saltare Jerome Powell come un tappo di champagne a Capodanno – , ha permesso il travaso di liquidità dalle equities nel sistema. A salari invariati, soprattutto. E chi l’ha combattuta quella battaglia contro la Banca centrale e a favore della manica larga? Donald Trump.
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