Per essere stata una nuova Lehman Brothers, Evergrande ha un po’ deluso le aspettative. In circa 36 ore, il terrore globale per il cigno giallo è sparito. Nonostante il mancato pagamento del coupon sui bond offshore. Forse era tutta un bufala? No, affatto. Evergrande per anni e anni è stata un generatore di debiti su larga scala, un emittente di bond a ciclo continuo. Ovviamente, certe indigestioni prima o poi si pagano. Soprattutto, quando il soggetto che finora ti aveva fornito continuamente il rimedio per digerire senza esplodere, decide che è tempo che tu purghi gli eccessi e ne paghi le conseguenze. Certo, tamponando i fall-out maggiori, poiché la stragrande maggioranza dei cinesi ha investito i propri risparmi in prodotti legati al mercato immobiliare. Ma senza offrire l’impressione che, giunto quasi sul ciglio del burrone, sia lo Stato a lanciarsi dall’auto per primo e fare la figura del codardo.
C’è però un problema, ovviamente bellamente ignorato dalla stampa che attendeva con ansia la catastrofe cinese e si è ritrovata a dover commentare mercati in rialzo nel giorno del mancato pagamento. Domenica, la Pboc ha iniettato 100 miliardi di yuan in operazioni open market. Ieri, lo stesso. Per l’esattezza, 100 miliardi in reverse repo a 14 giorni a un tasso del 2,35%. La ragione? Mantenere il mercato liquido. Sia perché il caos Evergrande comincia a inviare scossoni su altri soggetti del ramo immobiliare, sia perché si avvicinano le scadenze di fine mese e trimestre. Infine, a inizio ottobre la Cina chiude per una settimana di festività. Di fatto, in una settimana la Banca centrale cinese ha iniettato nel mercato 271 miliardi di yuan. Tradotto in dollari, non si raggiunge nemmeno la metà di mese di Qe della Fed, a ben pensarci.
Ma attenzione a due particolari. Primo, il ristretto arco temporale di intervento. Secondo, la rottura del dogma conservativo sposato dalla Cina a livello monetario dopo l’ultimo stimolo per contrastare la pandemia. Di fatto, Xi Jinping ha dato luce verde. Ed Evergrande, in tal senso, ha operato come alibi mediatico perfetto. Occorreva salvare il mondo dalla Lehman cinese, quindi nessuno sarà così poco intelligente da mettersi a fare le pulci alla coerenza del leader comunista. Anzi, segretamente ne sta facendo costruire un altarino votivo. Il problema però è più grave e va letto in prospettiva. Per l’esattezza, quella che ci offre questo grafico: quella che vedete è la correlazione fra indice manifatturiero globale (linea azzurra) e impulso creditizio cinese (linea blu).
Quest’ultimo si era esaurito, avendo subìto – dopo lo shock pandemico del 2020 – la cura di austerity imposta da Xi Jinping alla Banca centrale: solo interventi mirati, iniezioni chirurgiche e tagli dei requisiti di riserva bancari. Il problema sta nella correlazione, purtroppo storicamente perfetta: il PMI globale ha ancora parecchia strada al ribasso da fare per operare il ciclico re-couple con il trend di politica creditizia cinese. Cosa significa? Indicatori macro a precipizio nel quarto trimestre, quello che si apre fra pochi giorni. E che sta vivendo, già oggi, un combinato potenzialmente devastante di caro-energia e aggravamento dei problemi di fornitura sulla supply chain. Praticamente, la vera tempesta perfetta. Altro che Evegrande.
Cosa pensare? Il fatto che la Pboc, utilizzando la scusa della crisi quasi terminale del conglomerato, abbia riattivato con forza quattro la sua stamperia ci porta a prevedere un’accelerazione del ciclico rimbalzo dell’impulso creditizio di Pechino. Tradotto, la discesa del PMI globale potrebbe essere meno ripida, se la Cina immette liquidità con magnitudo e tempi da emergenza e forza la ripresa innescando l’overdrive. Ma, comunque sia, una flessione è garantita. Solitamente, quell’indicatore cinese anticipa di 6-7 mesi l’andamento manifatturiero globale ma la crisi della supply chain ha drammatizzato il contesto e ridotto i tempi a 3-4 mesi: fine agosto ha visto l’impulso creditizio toccare il suo livello più basso, il bottom. Ma la sua risalita è cominciata, per quanto in grande stile grazie a Evergrande, solo ora. Tutto, quindi, dipende dalla volontà della Cina di proseguire su quella strada.
Ed ecco che, con ogni probabilità, l’affaire Evergrande con i suoi potenziale addentellati di contagio potrebbe proseguire per settimane e settimane, magari esacerbato da volontari default su pagamenti di cedole da parte di altri soggetti. Un bel flip-flop strutturale. Come l’Isis, la Corea del Nord, la guerra commerciale, il Russiagate, il Covid. Come capire se davvero qualcosa sta andando fuori controllo, se davvero c’è da cominciare a preoccuparsi per evento di credito di sistemico e non per l’ennesimo trucco a cui si ricorre per stampare e far proseguire la giostra del Qe? Ce lo mostra questo grafico: se esiste al mondo un indicatore di rischio e liquidità sul mercato monetario, questo è lo spread Libor-Ois, il canarino nella miniera dell’interbancario.
Nell’aprile del 2020, al picco della crisi pandemica, toccò quota 135,213. Venerdì, il giorno seguente al mancato pagamento del coupon da parte di Evergrande, è sceso ulteriormente dal suo livello già rasoterra, arrivando a 3,2. Il mercato non mente, pur drogato di Qe, quando lo si guarda nei suoi meandri meno conosciuti e più strategici: se ci fosse davvero stato un rischio sistemico, quantomeno sarebbe salito in area 40-50 di colpo o nell’arco di due o tre giorni. Da un lato, quindi, ridimensioniamo la canea millenarista attorno a Evergrande. Ma guardiamo al quadro di insieme che questa finora ha nascosto, operando come il proverbiale dito da fissare per non guardare la Luna: se davvero Fed e Bank of England intendono operare un taper, lo stanno per fare in un periodo contingente di contrazione monetaria acclarata e soprattutto di rallentamento macro che tende a peggiorare rapidamente. Un suicidio nel suicidio. Tradotto, si cerca l’incidente controllato, consci del fatto che senza Qe il mondo non va più avanti, come mostra questo grafico finale.
Il rischio? Anche l’incidente controllato meglio organizzato sconta rischi nella sua esecuzione. In questo caso, l’esplosione di una stagflazione globale che renda impossibile stimolare la crescita con manovre espansive. A quel punto, il Libor-Ois volerà alle stelle. E se lo starete monitorando, ne avrete le avvisaglie. Come le ebbero alcuni attenti osservatori nell’estate 2008.
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