Qualcosa comincia a rompersi. E non più nelle segrete stanze del mercato, nei meandri degli addetti ai lavori. En plain air. E ovviamente, l’epicentro è ancora il Giappone, il laboratorio a cielo aperto di ogni manipolazione. Il quale, a soli sette giorni dallo storico rialzo dei tassi e dall’uscita dal regime di costo del denaro in negativo durati 17 anni, è dovuto intervenire in difesa dello yen. Anzi, ha dovuto fingere di intervenire. Perché contro ogni buonsenso economico, la divisa nipponica nella giornata di mercoledì era precipitata al minimo da 34 anni sul dollaro. E pericolosamente vicino a quota 152, a quanto pare linea Maginot dei modelli di VaR di qualche istituzione finanziaria sistemica. Perché la potenza di fuoco comunicativo messa in campo della Bank of Japan è stata tale da tradire un chiaro panico. E una palese inadeguatezza.



Non ci voleva un genio, ma ora abbiamo la conferma: lo yen debole serve a sostenere il Nikkei sui massimi record. Ma troppo debole rischia di far saltare il banco di qualche scommessa eccessivamente azzardata.

Ora guardate questi due grafici: ci mostrano le valutazioni in yen di oro e Bitcoin. Tradotto, Miss Watanabe comincia davvero a non fidarsi più della sua Banca centrale. E in un Paese che vanta il debito pubblico record al mondo, ma al contempo autarchicamente in mano a cittadini e Istituto monetario nazionale, una dinamica simile può risultare decisamente rischiosa.



D’altronde, il Qe era senza costi e il debito non esiste, perché le Banche centrali lo sterilizzano stampando moneta. L’inflazione poi è solo un falso problema. Anzi è una risorsa perché fa costare meno gli interessi sul debito. Sicuri? Date un’occhiata a quest’altro grafico, tanto per capire cosa stia preparandosi in vista dell’autunno: l’ultima lettura manifatturiera della Fed di Dallas ci mostra ordinativi in calo e prezzo dei materiali in aumento.

Sapete come si chiama questa dinamica? Si chiama stagflazione. Ovvero, crescita al palo e prezzi in salita. Come può la Fed tagliare i tassi con la disoccupazione ai minimi storici, Wall Street che sfonda un record al giorno e la stagflazione sull’uscio di casa? Vuoi dire che ormai il mercato stia operando unicamente su base autonoma? Ovvero, i rialzi altro non sono che il frutto di una marcia a pilota automatico, generata unicamente da algoritmi che schiacciano con ordinativi record tutte le posizioni ribassiste che timidamente emergono e innescano così rimbalzi rialzisti. Basta dare un’occhiata alla giornata di mercoledì scorso, quando l’ennesimo record dello Stantard&Poor’s 500 è stato garantito da uno short squeeze colossale sulle small caps, i titoli a bassa capitalizzazione.



Ormai è una giostra autoreferenziale. Ma prima o poi, la realtà bussa alla porta. E guarda caso, in Giappone è accaduto a tempo di record. Se per caso la Bank of Japan non avesse alzato i tassi, dove sarebbe sprofondato lo yen? Siamo arrivati a questo: alla politica monetaria come strumento di sostegno alla speculazione e alla manipolazione del sistema. Altro che stabilità dei prezzi. Cosa rischia di accadere, in caso il cross dollaro-yen superasse la linea Gotica di 152?

Date un’occhiata a quest’altro grafico: ci mostra come hedge funds e asset managers abbiano creato una posizione short contro la valuta nipponica quasi da record. Proprio a seguito della decisione della Bank of Japan.

Vuoi vedere che lo stress test globale sta per essere innescato, mentre il mondo continua imperterrito a festeggiare i record a ripetizione della Borsa? D’altronde, nessuno presta troppa attenzione a quanto accade a Tokyo e dintorni. Il fuso orario gioca a favore della manipolazione. E per quanto uno possa essere più o meno interessato ai temi finanziari, il carry trade da trilioni di cui lo yen è protagonista tanto occulto quanto principale non finisce mai sui giornali o nei tg. Salvo in casi estremi. Come Archegos, ad esempio. Perché la prima a scottarsi le dita con la madre di tutti gli schemi Ponzi fu la giapponese Nomura. Quasi un contrappasso karmico, visto che fu la prima a gettarsi sul cadavere ancora caldo e a cuor battente di Lehman Brothers. Si salvò, alla fine. Ne uscì con le ossa rotte. Ma si salvò. Credit Suisse, no. Ricordate? Fallita in un weekend.

Certo, il fatto che Ubs l’abbia comprata per poco e niente e con le garanzie statali ha attutito il colpo mediatico. Ma non la realtà dei fatti. E all’epoca Nomura si salvò solo perché lo yen e la credibilità residua della Bank of Japan non erano sacrificabili. Serviva vendere la panzana del Qe salvifico al mondo occidentale. Oggi, invece, tutte le dinamiche rappresentata nelle immagini ci paiono dire il contrario. Tokyo può cadere. Magari, Tokyo addirittura deve cadere. Tutto sta a capire chi sia già sceso dal treno in corsa. E quanto ci sia da perdere nel perpetuare il mito criminogeno del Qe che tutto salva e tutto aggiusta.

Il debito non è mai buono, ahimè. E temo che a breve questo assioma migrerà come una rondine verso Ovest. Arrivando a fare il nido dalle parti di Francoforte. Paradossalmente, occorre sperare davvero in un’escalation bellica con la Russia che rimandi ancora un po’ il redde rationem con i conti pubblici. Ma le parole del ministro Giorgetti, in attesa di capire se avrà varcato il Rubicone dei 200 miliardi di salasso legato al Superbonus, rappresentano un spoiler non ignorabile: La situazione è grave. Come mai nessuno pare averne contezza? Come mai si parla di test psicologici per i magistrati, invece che di bolla speculativa sui Btp? Perché signori, se salta il fortino del Giappone, cade l’intero castello debitorio. E a quel punto, toccherà ricordarsi di come la Bce chiuderà il reinvestimento titoli del Pepp a fine anno. Stop allo scudo anti-spread. Mentre si dovrà dar vita a una Manovra correttiva che, giorno dopo giorno, si preannuncia da lacrime e sangue. Perché fino a giugno, tutto andrà bene. Le coperture saranno presenti. Poi, passate le Europee, toccherà raccontare la verità. Come ha fatto giocoforza la Bank of Japan attraverso la fine della pantomima dei tassi a zero. Una recita durata poco più di una settimana, prima della capitolazione. E se un giapponese compra oro e Bitcoin invece di debito pubblico, c’è davvero da preoccuparsi.

Capito perché tutte queste aste di Btp? Perché la sabbia nella clessidra è quasi finita. Per tutti. Il Giappone è solo il termometro. Ma la febbre è ormai pandemica. E il Qe è stato il paziente zero, il vettore di contagio. Che qualcuno vi ha spacciato come medico. Magari, in vista del voto, ricordatevi il suo nome.

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