Preparatevi, perché sta per ripartire il coro dei piangina. La newsletter di ciò che resta di Forza Italia, ovvero Il Giornale, ieri annunciava che l’Olanda già punta i piedi sul Recovery Fund, in vista del vertice europeo del 18 e 19 giugno. Qualcuno li avvisi che L’Aja la sua posizione non l’ha mai cambiata, è sempre stata contraria alla versione da 750 miliardi. La novità è che alcuni paletti alti due metri contro l’espansione del fondo sono stati alzati da membri della stessa Cdu-Csu di Angela Merkel, a detta dei quali la dotazione prevista dalla proposta franco-tedesca (ovvero 500 miliardi) sarebbe più che sufficiente. Ammesso e non concesso che l’esborso di ogni singola rata sia preceduto da una verifica dei progressi vincolanti in campo di riforme strutturali da parte del Paese beneficiario. Insomma, condizionalità.



Che cattivoni questi nordici, non vogliono più garantire denaro a fondo perduto al nostro Paese, il quale storicamente ha sempre fatto un uso attento, oculato e puntuale di quanto arrivava da Bruxelles (e che, soprattutto, aveva in parte finanziato come contributore netto, quindi fessi due volte). Signori, i pasti gratis sono finiti. Stop. E vi assicuro che noi stiamo mettendocela tutta per complicarci la vita in vista di un’estate talmente torrida da trasformare il ricordo di quella del 2011 in qualcosa di piacevolmente rilassante.



E non mi riferisco al Circo Barnum di Villa Pamphili, quello fa comodo a tutti per gettare un po’ di fumo negli occhi. Mi riferisco al fatto che, mentre invita gli italiani a comprare Btp a reti unificate, ospite da Bruno Vespa a Porta a porta, il senatore Matteo Salvini ha ufficializzato la nomina di Alberto Bagnai a responsabile economico della Lega. La più famosa fatica divulgativo-scientifica dell’economista in quota Carroccio porta come sottotitolo: Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa.

Ora, se in Germania, Austria od Olanda un qualunque cittadino-contribuente avesse compiuto il mio medesimo, limitatissimo sforzo informativo e – usufruendo del traduttore di Google – avesse colto il senso di quella mossa politica annunciata dal leader leghista, cosa dovrebbe pensare in vista del Vertice europeo sul Recovery Fund? Con quale atteggiamento, predisposizione d’animo seguirebbe quella discussione? Capite che se vi invitano a una cena fra amici e il vostro principale interesse è quello di corteggiare platealmente la moglie del padrone di casa, lamentarsi se poi prendete un pugno in faccia appare fuori luogo. E puerile. E voi, cittadini invitati a ogni piè sospinto a comprare Btp patriottici per non ridurci a schiavi di Berlino, cosa ne pensate? Al netto che quella carta sia denominata in euro, vi sentireste sicuri e sereni nell’acquisto, sapendo che il capo dei consiglieri economici del partito di maggioranza relativa nel Paese sostiene tesi come quelle espresse nel libro? Non vedreste all’orizzonte un vaghissimo rischio di ridenominazione, come si chiama in gergo finanziario, in caso il centrodestra tornasse al governo e la Lega muovesse i fili dell’esecutivo, forte dei suoi numeri?



Siete tranquilli, tanto il nemico è la Merkel? Meglio per voi. Immagino però che non lo siano né in Germania, né in Austria, né in Olanda. E, state certi, nemmeno in Spagna e Grecia: perché se l’azionista di maggioranza del Club Med, il Paese che possiamo definire il più forte fra i deboli, mette in discussione l’euro, allora il rischio di stigma si amplia a tutti coloro che possono essergli accomunati. Insomma, il rischio di un altro 2011.

Peccato che, al netto della mazzata finale del Covid-19, si partirebbe da condizioni macro da Guerra mondiale, ben peggiori del fallout della crisi Lehman di allora. Ma attenzione, perché si dice che il frutto non cada mai lontano dalla pianta. Ed ecco, infatti, che i leader politici si comportano in questa maniera semplicemente perché sanno che un’ampia fetta di elettorato fa lo stesso nella vita di tutti i giorni: ovvero, vive in base al teorema Ricucci. Lo stesso che, ciclicamente, porta qualche settimanale del Nord Europa a lanciarsi in copertine stereotipate verso le “cicale” del Sud, le stesse che solitamente obbligano l’onorevole Giorgia Meloni a ingurgitare confezioni di Tavor e il ministro Di Maio a minacciare interventi sugli ambasciatori che, ovviamente, non avranno mai seguito nella realtà. Questa notizia è fresca fresca di pubblicazione su Repubblica, poiché porta la data dell’11 giugno: La pandemia non frena la voglia di ferie: tre italiani su quattro pronti ad andare in vacanza. E mi pare giusto: piangiamo in favore di telecamera a ogni tg o talk-show, gridando allo scandalo della Cig che non arriva e dei 600 euro per gli autonomi che sono un insulto e poi, al primo sondaggio, si scopre che la stragrande maggioranza del Paese ha già le infradito ai piedi e sta chiudendo le valigie.

Scusate, ma non dovevamo porre in essere lo sforzo titanico di ricominciare, non abbiamo citato a sproposito il Dopoguerra e la ricostruzione, non fremevamo per riaprire negozi e saloni, palestre e uffici per riguadagnare il tempo perduto? Non abbiamo quasi tre mesi di inattività totale cui fare fronte? Non siamo pregni della retorica della gente che muore di fame, almeno stando a sentire i Del Debbio e i Giordano, le Merlino e le Palombelli? Cos’è, si muore di fame e poi per la stragrande maggioranza si pianificano le ferie? Strana dinamica di disagio collettivo, sarete d’accordo con me. E sapete come andrà in vacanza molta gente? Come ha fatto negli ultimi quattro, cinque anni: facendo ampliare ancor più a dismisura la deriva americana del credito al consumo, andando in banca e indebitandosi. E, state certi, in quel caso il vostro istituto sarà felicissimo di erogare a tempo di record quei 5mila euro per garantirvi la vacanza, visto che li ripagherete caramente e a rate, pronti a essere strozzati ogni 5 del mese dall’autunno prossimo in poi.

Signori, se si è in difficoltà, alle ferie si rinuncia. Non esiste nella storia un Paese alla fame che ad agosto chiude per ferie. Soltanto negli aforismi di Ennio Flaiano, la rivoluzione veniva rimandata a data da destinarsi: e lui gli italiani li ha descritti meglio di chiunque altro, solo Alberto Sordi aveva un dono equiparabile nel mettere a nudo i vizi e le miserie che ci accomunano. Soprattutto, quando scatta il periodo estivo o l’arbitro sta per fischiare l’inizio della partita. E, casualmente, il Governo ha fatto di tutto perché ripartisse il calcio: panem et circenses, nel momento più drammatico. E quindi utile possibile.

Certo, potrete dirmi che in base al sondaggio, la stragrande maggioranza degli italiani che andrà in ferie lo farà restando in Italia, quindi aiuterà il Pil del Paese attraverso il turismo. Vero. Resta un fatto: il turismo è una cosa splendida, pesa per il 13% del nostro Prodotto interno lordo, ma, scusate, sarebbe il caso che questo Paese – all’alba dell’anno del Signore 2020 – decidesse una volta per tutte se vuole essere una Grecia in grande, ovvero campare di turismo, musei, bellezze naturali ed eccellenza enogastronomiche uniche al mondo o magari essere un Paese industriale moderno, stile Germania o Gran Bretagna (evito di citare al Corea del Sud o gli Usa o il Canada). Non è un problema, ognuno scelga ciò che vuole, ma il piede in due scarpe non funziona, nemmeno in questo caso. Perché chiunque di noi abbia fatto turismo in Europa nel mese di agosto, si sarà accorto che passata verso Nord la frontiera Svizzera, le serrate agostane non esistono proprio come concetto. A Monaco di Baviera o Amsterdam o Copenhagen o Vienna, i deserti urbani non esistono: è tutto aperto, tutto business ad usual anche a Ferragosto.

Sono più intelligenti? No, solo più organizzati e con più senso del dovere: fanno i turni. Quest’anno ti va bene e le ferie le fai in agosto, il prossimo le fai a giugno od ottobre. Semplice, quasi elementare. Io non mi muovo da Milano dal 2011 in estate, quindi so benissimo e per esperienza diretta come si presentava la città ai turisti in agosto: tutto chiuso, salvo i soliti locali nelle solite zone. Persino le boutique di lusso nel Quadrilatero della moda fra il 10 e il 20 agosto abbassano le serrande, nonostante l’assenza del virus e la presenza di danarosi turisti russi o arabi o giapponesi o statunitensi. Delle due, l’una: o guadagnano già abbastanza e se ne fregano dei turisti o sono poco lungimiranti a livello imprenditoriale.

Capite che, quando sentite qualche sovranista che si straccia le vesti perché l’Europa vuole decidere come spendiamo i soldi degli aiuti, la sua tesi va comunque a cozzare con la realtà sgradevole di questi dati? Capite che se alla vigilia del Vertice Ue gli unici segnali che arrivano dall’Italia sono le sfilate a Villa Pamphili, le leggi contro l’omofobia, tre quarti del Paese che scalpita per andare sotto l’ombrellone a fare selfie da postare su Facebook o come regolare la movida, rendendo sicuro a livello sanitario lo spritz, qualcuno potrebbe pensare che quei soldi – esattamente come la gran parte di tutti gli altri fondi comunitari stanziati in questi anni – stiano per finire prosaicamente nel cesso?

Provate a pensarci, prima di vedere soltanto le vostre ragioni. Perché signori miei, guardate questo grafico finale: ci mostra come già oggi, adesso, mentre cerchiamo affannati la crema solare, l’Italia sia già sotto commissariamento e dipendenza totale dell’Ue. Nei fatti, prima che nei protocolli ufficiali. Senza la Bce che a ogni piè sospinto sanitario o geopolitico o macro è intervenuta a calmierare il nostro costo del finanziamento e del servizio del debito con acquisti monstre, saremmo già stati spacciati adesso.

Era già 2011 in versione 2.0, era già la Troika senza tante discussioni e con parecchie condizionalità. Vi pare il caso di tirare la coda, addirittura ricominciando con la tiritera dell’Italexit e dell’Italia anni Ottanta in cui si stava tanto bene grazie alla lira e alle tette di Tinì Cansino al Drive in, stante la condizione di dipendenza esiziale che abbiamo da Francoforte? Allora andate in ferie sereni. Però smettetela di rompermi l’anima, dicendo che invocando l’arrivo di un controllore voglio solo che il nostro Paese sia messo con il cappio al collo finale: quella corda sta già adesso stringendo la nostra giugulare, meglio smetterla con le idiozie e prenderne atto. Altrimenti, ritornati belli abbronzati dalle ferie, non lamentiamoci delle conseguenze. E non gridiamo alla fame.

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