Il governatore della Federal Reserve, Powell, ieri mentre evidenziava gli impatti economici da Covid si impegnava a “supportare l’economia e i flussi di credito alle famiglie e alle imprese americane”. La politica monetaria della Federal Reserve non cambierà e rimarrà estremamente accomandante per supportare economia e mercati. Il mercato americano ha chiuso ai massimi di giornata e il dollaro ai minimi verso l’euro sfiorando l,18, l’oro ha proseguito la sua corsa.



I “mercati” potrebbero quindi continuare a mostrare l’andamento degli ultimi mesi con una divaricazione tra performance finanziaria ed economica evidente. Possiamo chiederci cosa possa “andare storto”? La prima possibilità è una seconda ondata di epidemia che imponga a diverse economie una nuova fase di “lockdown” con i relativi, e pesantissimi, impatti su un’ampia fascia di imprese e attività. Per alcune economie e per alcuni settori un secondo lockdown sarebbe semplicemente insostenibile; soprattutto per quelle, come quella italiana, che hanno “curato” il problema con lockdown draconiani che sono un’eccezione sia a livello europeo che globale (lo testimoniano andamento della produzione industriale e dei consumi elettrici), ma che si sono autoconvinte di aver fatto bene.



La seconda possibilità è che tra gli investitori, per usare le parole di Bank of America, si faccia strada la “percezione che la Fed abbia esaurito le munizioni”; questo potrebbe portare il mercato a “riconsiderare la put della Fed e supportare il dollaro attraverso gli asset meno rischiosi”. Faceva notare ieri “Alhambra partners” che il movimento dell’oro negli ultimi anni e mesi è avvenuto nonostante l’assenza di inflazione e di aspettative di inflazione. L’oro, in altri termini, è ed è stato una protezione contro la deflazione e contro il fallimento delle banche centrali che cercano disperatamente e con tutti i mezzi leciti e “illeciti” di iniettare inflazione da più di dieci anni senza successo. Pensate, banalmente e tra i tanti esempi, al target di inflazione della Bce. Se ci fosse inflazione o aspettative di inflazione “vera” in uno scenario di crescita il mercato venderebbe oro per comprare azioni e commodities per prendere sia gli utili che l’espansione dell’equity via riduzione del debito. Il debito si cura con crescita e “buona” inflazione; in un ambiente deflattivo, come quello degli ultimi anni, il debito è un mostro impossibile da ammansire.



Dire che il mercato possa perdere fiducia nella Fed significa dire che il mercato comincia a dubitare delle banche centrali come tali. In uno scenario di questo tipo gli investitori si “buttano” sui Paesi percepiti come meno rischiosi e vale la previsione di Bofa sul dollaro. I flussi che dall’Europa si sono mossi verso le borse americane negli ultimi anni sono colossali. In un mondo dove le banche centrali perdono efficacia, gli investitori si rifugiano sulle costruzioni percepite come più solide in scenari estremi. Di certo, tanto per intenderci, non quelle senza esercito e senza costituzione.

L’avvertimento di Bofa non è fanta-finanza. Le analisi che dimostrano il fallimento dell’azione delle banche centrali nel generare inflazione vera e “buona” si sprecano e seminano dubbi tra gli investitori. La borsa americana e il dollaro sono stati negli ultimi dieci anni il rifugio degli investitori globali, a partire da quelli europei. Pensate se qualcuno provasse a minare ulteriormente questi “rifugi” in uno scenario in cui gli investitori già si chiedono apertamente e da molto tempo se non abbiamo già raschiato il fondo del barile degli strumenti delle banche centrali.

In conclusione: la Fed non cambia e per i mercati non cambia niente all’unica condizione che non si rompa la magia della fiducia degli investitori sulla banca centrale americana. In caso contrario, sinceramente, preferiremmo essere occupati nel settore primario. E in fondo è questo l’azzardo dei mercati: se salta la fiducia nella Fed sostanzialmente salta tutto e a quel punto i problemi sono molto più ampi di un crollo dei mercati.