Spaventati per il tonfo di Wall Street? Fate male. Perché sono altre le cose che dovrebbero mettere i brividi. Ad esempio, la Fed.
La sua decisione di tagliare ancora i tassi, ma, contestualmente, dimezzare quelli attesi per il 2025 e soprattutto alzare dal 2,1% al 2,5% le previsioni sull’inflazione per il prossimo anno, cosa ci dice? Che o sono dei geni del Male o degli psicopatici a guida della valuta benchmark mondiale. Perché tagliare i tassi con una mossa choc solo a settembre, 50 punti base di colpo che hanno fatto gonfiare le aspettative di un Qe mascherato come la coda di un pavone e solo tre mesi dopo, di fatto, innescare un implicito, nuovo Qt? Perché di questo si tratta. Il ciclo espansivo più breve di sempre. E se il sottoscritto con il suo diplomino di liceo scientifico vi dice da mesi che il problema inflazione è ormai strutturale, poiché necessario a calmierare i costi di un debito pubblico Usa fuori controllo, volete che quei geni plurilaureati e con master della Fed non lo sapessero? Non a caso, torna l’inflazione. Torna la data-dependency.
Perché allora tagliare i tassi di 50 punti base a settembre e poi proseguire, se sai che da qui a pochi mesi magari ti toccherà persino alzarli? Signori, ve lo dico da sempre: il Qe ha innescato un processo di giapponesizzazione globale. Bce compresa. Ed ecco allora che, di colpo, la Fed scopre che occorre essere cauti. E Wall Street implode nel peggior calo post-Fomc dal 2020. E nel maggior aumento del Vix dal Volmageddon del 5 febbraio 2018. Molto scenico, non vi pare? Forse troppo. Forse volutamente scenico.
Sapete cosa deve preoccuparvi? Il fatto che nessun brillante analista nei giorni scorsi si sia pubblicamente posto questa domanda: cosa sta accadendo davvero sul mercato? Perché qualcosa stava accadendo. Anzi, in realtà stava accadendo da 12 giorni consecutivi. La A/D Line dello Standard&Poor’s 500, ovvero la ratio advancers/decliners parlava chiaro. E di cosa si tratta? Il numero di azioni che salgono e che scendono in ogni singola seduta. Già due giorni prima che iniziasse il Fomc, la striscia che vede più titoli in rosso che in verde aveva abbattuto il record storico. Ben 11 di fila. La precedente era di 9 giorni consecutivi. E quando accadde? Nel settembre 2001. Quando l’Etf del Nasdaw, il QQQ che ha appena visto inserito quel proxy di Bitcoin che risponde al nome di MicroStrategy, avviò un calo che si sostanziò in un -23% nei 12 mesi consecutivi. Lo SPY, l’Etf dello S&P’s 500, invece solo un sobrio -13%. Tempi di Torri Gemelle.
Altro che pandemia. Altro che spread. E questo stava già accadendo. Anzi, accadeva da 11 giorni consecutivi di negoziazioni. E il Dow Jones? Nove giorni di calo consecutivi, peggior striscia dal 1978. Ma nessuno lo ha notato. Nessuno ne ha parlato. Soprattutto, apparentemente nessuno sentiva il bisogno di coprirsi dal rischio di un più che fisiologico reverse dei corsi, una correzione ormai alle porte. O forse no?
Perché date un’occhiata a questo grafico relativo al Vix Call Skew, ovvero alla protezione che i traders stanno acquistando rispetto ai cosiddetti tail risks del mercato.
Proprio il giorno precedente alla decisione della Fed era al massimo storico. Ovvero, si continuava ad andare in giostra, ma con una gamba pronta a saltare giù. Anzi, in realtà quel dato sulla A/D Line ci diceva che dalla giostra erano già scesi in parecchi. Senza dare nell’occhio. Alla chetichella. La musica proseguiva sui giornali e sui siti di news, le danze anche. Ma sempre più gente aveva abbandonato la pista. E si metteva ai margini come i compagni d classe timidi alle feste di compleanno. Mentre altri si avvicinano all’uscita di sicurezza, volteggiando. Indovinate chi resterà al centro, incurante e inconsapevole? Il parco buoi. Quello che ieri ha visto andare in fumo il Natale da sogno che sperava, dopo essersi indebitato per comprare titoli ai massimi storici di valutazione. Perché i medesimi giornali e siti votati al silenzio, gli dicevano che nulla poteva andare storto. Che eravamo nel pieno del rally del secolo. Risk-free. Altrimenti banche e finanziarie a chi avrebbero venduto questo ammontare record di immondizia finanziaria impacchettata quest’anno?
Una vera manna per dividendi e bonus e una gioia per i bilanci da imbellettare, i quali arrivano alla notte di San Silvestro molto alleggeriti e pronti a una pantagruelica abbuffata di acquisti sui minimi, magari.
Infine, guardate quest’ultimo grafico.
E cosa ci dice rispetto alla situazione appena descritta e a quella dello S&P’s 500 con la sua striscia negativa record? Che senza Nvidia, oggi e al netto di equities europee che negoziano al discount record di tutti i tempi rispetto a quella statunitensi, l’indice newyorchese sarebbe invece in out-performance rispetto a quello del Vecchio continente. Don’t carry the world upon your shoulders, cantavano i Beatles. Nvidia lo sta facendo. Alla luce di una ratio di revenues trimestrali che sembra uscita da un dialogo di Una pallottola spuntata o L’aereo più pazzo del mondo, per quanto è improbabile e fabbricata ad hoc.
Ecco cosa si muoveva sotto il pelo dell’acqua del mercato. Dove gli iceberg mostrano solo la punta, mentre il corpaccione resta ancora nascosto. E sta accadendo oggi, solo perché la Fed ha attivato l’ecoscandaglio. Ma, in realtà, stava già accadendo da almeno 12 giorni di fila. Come nel settembre 2001. Ring any bells?
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