Benvenuti nella realtà. E, paradossalmente, non è stato l’annuncio della Bce di conclusione del Pepp il prossimo 31 marzo a farci ingerire a forza la pillola blu di Matrix, bensì quanto deciso dalla Bank of England. La quale, causa fuso orario, ha comunicato le proprie decisioni con una mezz’ora di anticipo rispetto a Francoforte. A sorpresa, dopo il policy error del 4 novembre che obbligò il Governatore a scusarsi con i consumatori britannici ai microfoni della BBC, la Old Lady ha alzato il costo del denaro dallo 0,10% allo 0,25%, telegrafando ai mercati qualcosa di ben più serio di meri 15 punti base: l’inflazione è una preoccupazione maggiore di Omicron. Il tutto nel Paese che conta oltre 60.000 contagi al giorno e vede gli hub presi d’assalto.



Detto fatto, nell’arco di pochi istanti il nostro spread (insieme a quello greco) è esploso: quasi +10% intraday a quota 140, ridimensionata solo dal comunicato Bce che invece confermava la natura da Teflon dell’Eurotower. Ovvero, ignifuga a ogni fiammata inflazionistica. E quando il tuo differenziale reagisce in quel modo alle decisioni di una Banca centrale che nemmeno fa riferimento all’euro, la preoccupazione pare d’obbligo. Poi, l’ulteriore doccia fredda. La Bce mantiene sì i tassi a zero, ma il Pepp terminerà il 31 marzo 2022 (Omicron permettendo, ovviamente, perché un ripensamento è tutt’altro che da escludere da qui al board del 3 febbraio) e, soprattutto, due postille operative hanno gettato ulteriormente nello sconforto i Majakovskij del 6% di Pil e del Btp come nuovo bene rifugio intergalattico.



Primo, come mostra questo grafico, viene rivisto il principio base del Qe nella sua sigla-ombrello, ovvero l’App creato nel 2012 proprio da Mario Draghi. Nel 2023, infatti, quella facility-madre vedrà il suo controvalore di acquisti scendere a soli 20 miliardi al mese. In sé, allarmante, ma non nell’immediato, poiché come mostrano le aree ombrate del grafico, il 2022 vedrà ancora operativo uno scudo relativamente solido. Insomma, volendo calciare il barattolo, c’è ancora qualche mese per giocarsi la partita sul fronte che conta, quello della revisione del Patto di stabilità.



Ma è la seconda postilla quella che maggiormente preoccupa e, di fatto, ha immediatamente operato un off-setting in negativo del bicchiere mezzo pieno dell’App e della promessa di flessibilità open-ended per lo stesso. Non solo il reinvestimento titoli in seno al Pepp durerà soltanto un anno, ma, cosa ben peggiore, all’Eurotower si parla di roll-off del portfolio di acquisti pandemici. Tradotto, la Bce non è più da considerasi come incubatrice a lungo termine del debito italiano comprato durante la pandemia, quindi l’intero processo di reprice del rischio Paese potrebbe innescarsi da un momento all’altro. Magari, in prima battuta e come stress test, già dalla prossima settimana, visto che dal 22 dicembre al 2 gennaio tutti i programmi di acquisto dell’Eurotower verranno sospesi per le festività natalizie e di fine anno.

Non stupisca quindi – e, soprattutto, non inganni – il ritracciamento del nostro differenziale dopo il picco di giornata: la Bce, ovviamente, da qui a martedì prossimo andrà front-load sul rischio di mercato rappresentato dai bond italiani e greci, operando a maglie amplissime sulla capital key nel mandato operativo per Bankitalia e Bank of Greece. In parole povere, si cerca di accatastare più sacchetti di sabbia possibili sulla trincea, prima della pausa e del loop potenziale fra prezzatura di rischio sovrano e variabile Omicron rispetto alle prospettive macro.

Solo un caso che proprio Italia e Grecia siano gli unici due Paesi ad aver operato lo strappo e imposto il tampone ai turisti stranieri in arrivo, anche se vaccinati? Solo un caso che proprio Roma e Atene, apparentemente, stiano remando contro al loro petrolio, il turismo e in piena alta stagione da festività? Chiedere al sempre più depresso ministro Garavaglia per referenze.

Quanto è pesato l’ultimo intervento di Jens Weidmann in seno al board in questa svolta più rigorista del previsto della Bce? E quanto sarà invece disposto a concedere il futuro Governatore della Bundesbank? Il quale, giova sottolinearlo, non ha ancora un nome e un’identità a due settimane dalla fine del mandato. Qualche problema per Olaf Scholz nel far digerire ai Liberali la candidatura dell’ultra-colomba Isabel Schnabel?

Guarda caso, lo stesso cancelliere tedesco ha aperto una linea diretta di dialogo con Mario Draghi sulla riforma del Patto di stabilità, mostrando da subito più propensione alla resistenza di quanto si pensasse. O soltanto sperasse. La vera partita inizia solo ora. E il sottoscritto ha una sola certezza: rimpiangeremo Angela Merkel. E molto. Perché questo grafico parla chiaro.

Per quanto Christine Lagarde abbia dichiarato come sia altamente improbabile un aumento dei tassi nel 2022, la stessa Bce ha alzato le sue stime inflazionistiche per l’anno prossimo dall’1,7% addirittura al 3,2%, praticamente raddoppiandole e ammettendo come di transitorio nel trend dei prezzi ci sia ben poco, visto che le stime per il 2023 sono passate dall’1,5% all’1,8%, livello confermato anche per tutto il 2024. Possibile reggere una simile pressione senza alzare i tassi, nemmeno di 10 punti base, per dodici mesi interi? Prepariamoci, perché a breve vivremo il disvelamento della reale necessità di proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo.

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