L’articolo di oggi sarà essenzialmente privo del solito torrente in piena di cifre, percentuali e statistiche. Ma, state certi, paradossalmente risulterà più strategico nella lettura del cosiddetto e mitologico mercato di quanto non possa apparire. Partiamo da un dato di fatto, inoppugnabile: dallo scorso febbraio, il mondo è diviso in due. Da un lato la democrazia, dall’altro la dittatura. Inutile cercare sfumature in un quadro che è di per sé l’elogio della nettezza e del pressappochismo ideologico. Ma per quanto riguarda il tema propaganda e disinformazione, è dal 2016 che la Russia rappresenta a livello globale l’emblema del falso innalzato a strumento di lotta e potere. Prendiamo questo assunto per buono, così com’è.
Ora, vi invito a dare un’occhiata a queste due immagini. Arrivano direttamente dal paradiso del pluralismo, dalla fabbrica di democrazia del mondo.
La prima ci mostra le scuse dell’Associated Press per la sua incauta copertura di quanto accaduto tre giorni fa al confine fra Polonia e Ucraina. Ora, verrebbe facile scomodare la miopia di parte, quando il nostro Primo ministro si è permesso il lusso, in un contesto ufficiale come il G20, di dire che comunque sia la responsabilità è della Russia. E la cosa grave non sta nella pochezza disarmante di una posizione simile, bensì nei media nostrani che hanno preferito concentrarsi sulla presenza della figlia nella delegazione a Bali come argomento di polemica. A proposito di informazione imbavagliata. Quantomeno, in Russia forse qualcuno tenta di toglierselo il bavaglio. Qui ce lo mettiamo da soli, di nostra sponte. Bene, in quella nota l’Associated Press scarica la propria dabbenaggine sull’informazione che avrebbe ricevuto di prima mano da una fonte anonima ma di alto livello dell’intelligence Usa. Come dire, la utilizziamo sempre e finora si era rivelata credibile. Scusateci. Peccato che per un’intera nottata, quella plateale balla abbia trasportato il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale, facendo invocare l’Articolo 5 della Nato anche dai telequiz dell’ora di cena.
Bastano quelle scuse? E come la mettiamo con la nostra supposta superiorità democratica, insita proprio nella libertà dell’informazione di generare mostri di questo livello e potenzialità, senza alcun riscontro della fonte? La Russia probabilmente censura qualsiasi dissenso. I giornalisti vivono spesso un clima di intimidazione. Ma signori, qui abbiamo rischiato l’incidente atomico. Qui ci troviamo di fronte a un’informazione così libera da permettersi il lusso di sparare on-line un’informazione di questo genere senza compiere almeno 1.000 verifiche prima di schiacciare il tasto invio. Lo ammette la stessa AP: di fatto, le è bastata l’imbeccata della sua fonte senior nell’intelligence per essere a posto con la propria coscienza deontologica. Vi invito a riflettere.
Come d’altronde sulla seconda immagine, la quale rappresenta il banner pubblicitario di un incontro che si terrà il prossimo 30 novembre a New York e organizzato dal New York Times. Insomma, l’autorevolezza fatta conferenza. Almeno sulla carta. Perché di quei quattro relatori, uno certamente non sarà presente. Altrimenti rischierebbe l’arresto in flagranza. Si tratta del primo, Sam Bankman-Fried, ex CeO di quello schema Ponzi in versione cripto che è FTX, la piattaforma di scambio per valute digitali appena terminata in amministrazione controllata. Giovedì, il nuovo CeO e liquidatore dell’azienda ha preso visione delle carte. Almeno di quelle presenti e consultabili. Ha definito quanto riscontrato l’esempio più colossale di totale mancanza di controlli e informazioni finanziarie credibili mai viste in tutta la mia carriera. E signori, si tratta dello stesso uomo chiamato a supervisionare Enron dopo il crack. Non un novizio fresco di laurea, né un avvocato d’affari alla prima due diligence.
FTX ha fatto di tutto. Ha contabilizzato come assets ciò che tale non era, ovvero assets illiquidi che divenivano garanzia implicita per la valutazione mark-to-market di tutto quanto facesse capo alle varie holding. E non solo, perché quella sovrastima di fatto garantiva a FTX di emettere securities, le quali a loro volta potevano essere utilizzate come collaterale a garanzia di altre operazioni. Le perdite sono enormi. I truffati un esercito. Ma a far paura deve essere lo spillover di quella porcheria nel sistema finanziario istituzionale. Tutti lo sapevano. Perché bastava dare un’occhiata alla piramide societaria e all’organigramma corporate per capire di essere in presenza di una frode di dimensioni colossali e natura nemmeno troppo raffinata. Eppure, i gonzi ci hanno investito in massa. Miliardi. E, soprattutto, la stampa cosiddetta autorevole invitava il gran bancarottiere come relatore ai suoi convegni. Insieme a Volodymir Zelensky, il patron di Meta/Facebook e nientemeno che la segretaria al Tesoro Usa. La stessa che si è resa conto della natura totalmente priva di controlli di FTX solo dopo l’apertura del Chapter 11.
Se questo è l’effetto collaterale della presunta democrazia e del suo addentellato chiamato libertà di stampa, forse qualcosa è andato decisamente storto negli ultimi anni. Questa non è libertà, né tantomeno informazione: questa è manipolazione. La quale, se applicata direttamente al mercato, configura almeno tre reati penali: aggiotaggio, insider trading e turbativa. Roba pesante, a livello di condanne potenziali. Quantomeno negli Usa. Ma solo sulla carta, soprattutto. Perché ormai anche lì basta pagare una multa e si chiudono contenziosi devastanti, come ad esempio quello legato alla diffusione degli anti-dolorifici a base di oppioidi. Una vera e propria strage sanitaria negli Stati Uniti, tanto che solo giovedì scorso il gigante della grande distribuzione Walmart ha accettato di pagare 3,1 miliardi di dollari per chiudere un contenzioso legato alla diffusione di quelle droghe legalizzate. Fino a oggi negli Usa sono stati pagati 38 miliardi di dollari in multe ma non un penny è andato a indennizzo delle vittime. Perché tali non sono ritenute, essendo farmaci.
Funziona tutto così, ormai. A ogni latitudine. E l’informazione è divenuta il vero e proprio driver del mercato. Un tweet può generare scostamenti da miliardi intraday sugli indici o nei rendimenti obbligazionari, può affondare un titolo o spedirlo alle stelle. Può mettere il turbo al comparto difesa, al warfare, come accaduto 72 ore fa con lo scoop dell’Associated Press. Quello che ha reso necessarie le scuse formali. Guardate questo ultimo grafico, il quale ci mostra la frequenza di guasti occorsi all’operatività proprio di Twitter nelle ultime ore, a causa delle dimissioni di massa del personale ancora occupato nell’azienda dopo il takeover di Elon Musk.
Sapete cosa significa quella linea rossa verso l’alto per il mercato e per la vostra stessa percezione di libera informazione? Che quella che voi chiamate libertà è soltanto una S.P.A. Con un padrone. E un esercito di Spartacus potenziali pronti a muovere guerra. Sabotando il sistema. Rifletteteci, prima di utilizzare la simbolica prima pagina della Pravda come coperta di Linus a difesa di ogni nostra ipocrisia.
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