I lavoratori mantengano il posto o sarà scontro sociale. Con piglio e lessico da tardi anni Settanta, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, avvertiva così il Governo dalle colonne di Repubblica riguardo la necessità di proroga del blocco dei licenziamenti fino al 31 dicembre in vista dell’approvazione del Decreto agosto. Di converso, Confindustria parlava con toni severi di economia pietrificata proprio a causa dell’impossibilità delle aziende di ridimensionare gli organigrammi alla luce delle mutate esigenze produttive da post-Covid. In mezzo, il buon senso, come al solito destinato a un inglorioso naufragio stile Cast away. Per una volta, però, penso che sarebbe decisamente ingiusto attaccare le logiche anacronistiche che governano i rapporti nel mondo del lavoro di questo Paese. La questione, infatti, è decisamente più ampia. Globale, direi. E ben più grave.
Mentre in Italia montava infatti l’ennesimo muro contro muro fra sindacato più rappresentativo e industriali, Oltreoceano volavano follie come foglie al vento in autunno. La prima perla, totale, arrivava dall’autorevole Washington Post, il quale avvisava i lettori riguardo l’ultima mossa dei Democratici in seno al dibattito sul rinnovo del piano di stimolo federale per l’economia. Per capirci, la prosecuzione della mini-helicopter money da 600 dollari alla settimana esauritasi il 1 agosto scorso. Bene, tanto per intorbidire le acque in vista dell’autunno e del voto di novembre e nel patetico tentativo di raccattare a strascico i cascami del protesta del Black Lives Matter, Nancy Pelosi e soci stanno pensando a un disegno di legge che ampli il mandato della Fed e contempli per la Banca centrale anche la mission di contrastare la diseguaglianza razziale.
Ora, capite da soli che ci troviamo di fronte al classico esempio di utilizzo doloso del politicamente corretto per proseguire con una folle campagna di sussidio a pioggia dell’economia. La quale, ovviamente, ha come pressoché unico beneficiario Wall Street e il sistema bancario, ma, ammantando il tutto con immagini degne di Via col vento, il quadro che ne deriva appare sfumato il giusto per mettere tutti gli eventuali critici con le spalle al muro: chiunque abbia da ridire, anche in punta di logica, immediatamente verrà bollato come suprematista bianco e iscritto automaticamente alla lista di chi attende l’espulsione dal genere umano. Ma c’è di peggio, vi assicuro, anche se pare impossibile.
Intervistati nel corso di una tavola rotonda organizzata lo scorso sabato da Bloomberg, infatti, Simon Potter, capo dei market groups della Fed di New York ed ex numero uno nientemeno che del Plunge Protection Team e Julia Coronado, per otto anni economista presso il Board of Governors della Banca centrale Usa, hanno infatti lanciato la loro proposta rivoluzionaria per una nuova idea strutturale di contrasto della povertà nell’evenienza di crisi macro-economiche come quella innescata dal Covid e dal lockdown dell’economia. L’ultimo ritrovato in fatto di follie keynesiane, infatti, si chiamerebbe Recession insurance bonds, un nuovo strumento monetario immediatamente utilizzabile in caso di fall-out occupazionale sull’economia e che garantirebbe accreditamento elettronico in tempo reale di denaro sui conti degli americani attraverso una semplice app dello smartphone. Insomma, ormai gli economisti non servono più per elaborare teorie che garantiscano la creazione di posti di lavoro in un contesto di economia sana e funzionale, ma soltanto per generare nuove e più esotiche forme di welfare totale e sussidio universalistico.
E come funzionerebbe il nuovo meccanismo? Il Congresso dovrebbe garantire alla Fed la possibilità di operare direttamente su una frazione del Pi che venga ridistribuita in automatico ai cittadini in caso di recessione. Come? Appunto attraverso i Recession insurance bonds, i quali opererebbero come obbligazioni zero-coupon dormienti e che verrebbero invece attivati in automatico una volta che i tassi di interesse raggiungessero l’area dello 0% o che il livello della disoccupazione segnasse un aumento dello 0,5%. A quel punto, la Fed attiverebbe le securities e depositerebbe i fondi generati digitalmente sulle app dei cittadini. Trasferimento elettronico diretto, un sussidio che scatta di default in base a un impulso legato al raggiungimento di target macro predefiniti. Simon Potter, uomo che ha guidato per anni l’organismo di raccordo fra le varie banche Usa chiamate a sostenere emergenzialmente il mercato azionario in caso di bisogno, non esattamente un missionario comboniano, spiega la ratio della proposta: “Il Congresso necessita di troppo tempo per decidere e deliberare, mentre negli stati di crisi i cittadini necessitano di trasferimenti rapidi e automatici. Per questo abbiamo bisogno di un’infrastruttura ad hoc separata. La Fed potrebbe comprare bonds rapidamente senza doversi rivolgere al mercato privato. Ad esempio, se il 15 marzo il Paese si trovasse con i tassi virtualmente a 0%, attraverso il nuovo strumento potremmo attivare un X ammontare di quei bonds. In contemporanea, la Fed manterrebbe monitorato il tasso di disoccupazione e se questo superasse una determinata soglia, compreremmo un ammontare maggiore. In parole povere, i bonds si andrebbero a determinare sul lato degli assets in attivo del bilancio della Fed, mentre i dollari digitali che verrebbero bonificati sui conti della gente andrebbero a contabilizzare sul lato delle passività. Garantendo denaro ai consumatori, puoi limitare la profondità e la durata di una recessione”.
Ora, per come ragiono io e per la mia impostazione di teoria economica, uno così andrebbe ricoverato e obbligato a nutrirsi di pillole rosse e blu per un periodo prolungato di tempo. Ma il fatto che una follia simile sia proposta da un uomo il cui compito è stato per anni quello di alzare il telefono e “invitare” le varie JP Morgan, Goldman Sachs o Citadel a comprare titoli per evitare che gli indici sprofondassero, garantendo contemporaneamente un do ut des da parte del Congresso, dovrebbe far riflettere anche i supporters delle teorie keynesiane più estreme. Anche perché Potter, sul finale dell’intervista, va decisamente over the top: “Si potrebbe anche generare vera inflazione. E questo potrebbe essere di beneficio non solo per evitare la discesa a tassi negativi, ma anche per creare un mercato dei tassi di interesse più sano, una più sana curva dei rendimenti”. Siamo all’eugenetica economica, signori. E alla luce di deliranti e un po’ criminali mezzucci simili per garantire allo Stato di continuare a fare allegramente deficit e a Wall Street di macinare rialzi artificiali garantiti da denaro a pioggia, voi volete che io mi stupisca ancora per i toni da contrapposizione fordista che stanno animando il dibattito fra corpi intermedi in Italia?
Signori, in America, nella presunta patria del liberismo selvaggio, stanno vendendo ai cittadini l’illusione di denaro federale gratis in caso di crisi, di totale de-responsabilizzazione, di assoluta sovietizzazione del sistema finanziario e delle dinamiche economiche soltanto per garantire a banche e multinazionali la prospettiva di Qe perenne. I soldi che il Governo spende a deficit, l’indebitamento sistemico su cui si basa questo schema, chi lo paga, se non i cittadini stessi? I quali stanno ipotecando il futuro di figli e nipoti (già indebitati fino al collo per andare al college, comprare l’auto o la casa, dipendere in toto dalle carte e dal credito al consumo) per il miraggio assistenzialista di un accredito automatico da parte del Tesoro via Fed, quando i tassi di interesse o quelli di disoccupazione raggiungano automaticamente un certo livello. Siamo alla follia, la stessa logica pavloviana che governa gli algoritmi di Borsa. Perché, quindi, stupirsi dell’irresponsabilità ontologica di un Maurizio Landini che minaccia già oggi uno sciopero generale per metà settembre, quando l’Italia viaggia con un Pil a -12%? È assolutamente nella logica distorta delle cose, è consequenziale all’instaurazione del fatato mondo del Qe strutturale, dove basta schiacciare un tasto per creare denaro dal nulla.
Deficit, debito, sono diventate parole vuote, slogan da sbandierare in campagna elettorale. Stiamo lastricando la strada verso il disastro, scorciatoia già ampiamente imboccata dalle Banche centrali attraverso i loro folli programmi di acquisto corporate. I quali avevano un senso se calibrati e limitati negli ammontare e nel collaterale accettato, ma che, al livello attuale, sono soltanto stamperie di denaro per mantenere in vita zombie firms che il mercato ha già condannato al fallimento e che sopravvivono a dispetto dei bilanci (e a spese di contribuenti e soggetti di mercato sani e responsabili). Una cosa sola, occorre dire: caro Landini, vada a vedere come stanno operando i suoi colleghi europei di fronte alla crisi da Covid, dalla Cgt francese alla IG Metall tedesca. Solo in Italia persiste il blocco dei licenziamenti a questo livello e solo in Italia si sta lavorando unidirezionalmente al rinnovo degli ammortizzatori sociali senza una loro seria riforma strutturale, anche al fine di limitare le enormi storture presenti nei principi di erogazione. Solo in Italia.
Vuole dirmi che Cgt e IG Metall sono sindacati gialli, che lavorano segretamente per i padroni? O forse sarebbe il caso di dire, una volta per tutte, non solo che il sindacato in Italia esiste ormai soltanto e sostanzialmente per difendere le rendite di posizione, ma anche che, al netto dei disastro macro che ci attende in autunno, forse più che essere parte della risposta al problema, si configura sempre più come sua aggravante? Attenzione, perché se anche il blocco dei licenziamenti verrà prorogato formalmente fino al 31 dicembre, se un’azienda non sta più in piedi, chiude. O smette di far lavorare e pagare gli stipendi. Le leggi di domanda e offerta, quantomeno quelle, ancora non possono essere manipolate del tutto dalle Banche centrali. Ma ci arriveremo, temo. La sovietizzazione totale del sistema ormai è in agenda e il Qe perenne, globale e strutturale ne è l’avanguardia. Parola dell’uomo che guidò il Plunge Protection Team. Creato e voluto da quel compagno di Ronald Reagan.