Chi ha scaricato un controvalore di 1,89 miliardi di dollari in posizioni futures su criptovalute fra il 13 e il 14 febbraio scorsi (555 milioni su Bitcoin, 336 su Ethereum ma anche altcoins come Litecoin, XRP ed EOS), tanto da spingere gli addetti ai lavori a ribattezzare quelle 24 ore come il Valentine’s day massacre? Questo grafico parla chiaro: appena Bitcoin è scesa sotto i 48.000 dollari, è partita la liquidazione. Qualcuno cercava di affondare la criptovaluta nel corso dei trading opaco del fine settimana, utilizzandola come peso morto che portasse a fondo con sé l’intero comparto?
Se così è stato, missione fallita. Perché da quel momento, Bitcoin ed Ethereum hanno conosciuto soltanto frecce di colore verde sul loro percorso. E il perché è presto detto. E va ben al di là del mero meccanismo di ancoraggio più o meno implicito e virtuale delle criptovalute alle stablecoins, a loro volta legate a valute fiat od oro. Come in un film giallo dalla trama intricata, infatti, nelle medesime ore in cui si consumava il massacro di San Valentino, gli investitori istituzionali raggiungevano quota 3% di detenzione dell’offerta circolante di Bitcoin. Il 14 febbraio, infatti, 24 entità avevano ammassato oltre 460.500 Bitcoin, pari a un controvalore di 22 miliardi di dollari al prezzo dell’epoca. Ovviamente, fra quegli investitori brillavano MicroStrategy, azienda pionieristica in tal senso, tanto da aver istituzionalizzato l’emissione di debito finalizzata all’acquisto di Bitcoin e non ai buybacks equity e Tesla. Ed ecco che questi due grafici mettono la situazione decisamente in prospettiva: da quando Elon Musk ha confermato l’acquisto monstre – 1,5 miliardi di dollari – di Bitcoin da parte della sua creatura, le valutazioni della criptovaluta sono andate alle stelle. Salvo l’inciampo a cavallo fra il 13 e il 14 febbraio scorso, il blitz.
Ma ecco che la seconda immagine parla ancora più chiaro: con il balzo all’insù registrato dopo quella liquidazione di massa rivelatasi fallimentare, in caso la sua finalità fosse stata l’affondamento di Bitcoin con un primo tonfo sotto quota 45.000 o invece strategica, in caso si volesse operare con la medesima modalità di reazione degli short squeezes, la capitalizzazione di mercato della criptovaluta è salita al nono posto nella classifica di tutti i tradable assets globali, superando proprio Tesla.
Signori, ormai non stiamo più parlando di un fenomeno a sé stante, stiamo parlando di un bene rifugio alternativo. E, come tale, nel mirino degli appetiti speculativi di molti soggetti. Spesso e volentieri, animati da finalità non solo differenti per sfumature, ma in totale antitesi sistemica. Ora guardate quest’ultimo grafico, il quale compara i trend di valutazione di Bitcoin e oro fino al 17 febbraio scorso: la criptovaluta sta performando meglio del bene rifugio per antonomasia. E non in tempi normali, bensì nel pieno di un unicum assoluto di mercati azionari ai massimi record grazie alla liquidità delle Banche centrali e contemporaneo aumento delle prospettive inflazionistiche, quest’ultime potenzialmente agente frenante dei primi (a meno che, nel frattempo, la risposta all’inflazione non sia diventata una politica monetaria espansiva). L’oro patisce la sua finanziarizzazione e intermediazione tramite i derivati e le clearing houses, Bitcoin no. E, in questo modo, agisce potenzialmente da hedging verso entrambe i rischi: crollo azionario e fiammata inflazionistica.
Qualcosa è cambiato a ridosso di San Valentino, qualcuno ha voluto inviare un segnale. Bitcoin a 52.023 dollari, livello di chiusura delle contrattazioni del 17 febbraio, mentre in contemporanea il titolo decennale Usa flirta con l’1,30% di rendimento, area non troppo distante dall’1,50% che manderebbe in cortocircuito le iscrizioni VaR a bilancio per qualche decina di triliardi di assets a livello globale, rappresenta una chiara indicazione di rotta: qualcuno sta spingendo per ottenere un duplice risultato. O, quantomeno, uno dei due possibili epiloghi che una strategia simile contempla. Primo, forzare le Banche centrali a un intervento draconiano di limitazione del trading sulle criptovalute, quantomeno fino alla possibilità di operatività diretta nel contesto della moneta digitale. Questo perché, stante il ritmo di sperimentazione real-time assunto dallo yuan digitale in Cina, tornare indietro per Fed e Bce non appare più possibile.
Secondo, forzare il mercato regolamentato (tradotto, Wall Street) a una presa d’atto della rotta da kamikaze intrapresa, in modo da sgonfiare più rapidamente del previsto le bolle più macroscopiche e instabili (tradotto, le Spac), utilizzando l’alibi del diluvio di liquidità che il Treasury sta per riversare nel sistema – in ossequio al riequilibrio delle riserve in eccesso, da 1,3 triliardi a 500 miliardi potenziali in 14 settimane da ora ad agosto – come cortina fumogena da vendere alle opinioni pubbliche (tradotto, i daily traders pronti alla rivoluzione in nome del loro conto titoli su Robinhood) per non dover ammettere la ripetizione dolosa dell’eccesso di azzardo morale già vissuto nel 1999-2000 e poi nel 2007-2008.
Non a caso, proprio ieri si è tenuta di fronte al Comitato per gli affari finanziari della Camera Usa l’audizione dei principali protagonisti del caos GameStop, fra cui il fondatore e Ceo di Robinhood e un alto dirigente di Citadel, l’hedge fund a cui la piattaforma on-line vende i flussi di trading per operare front-load. Bitcoin con il suo carico di aspettative e il suo immaginario di rivoluzione digitale contro il Sistema, di fatto appare il perfetto specchietto per le allodole in cerca di oscure manovre nel web, il classico invito a guardare il dito e non la Luna. E sapete perché? Potete leggerlo qui, è la lettera inviata il 9 luglio scorso dalla FINRA, il regolatore finanziario statunitense, proprio a Citadel, missiva con cui il fondo veniva censurato e multato. Sapete per quale violazione? Trading ahead of customer orders, formula che viene ripetuta parecchie volte nelle 12 pagine di cui si compone il pdf. Ovvero, front-running degli ordinativi retail. I cui flussi erano ottenuti pagando profumatamente Robinhood. La quale, proprio grazie a questa voce di entrata miliardaria, poteva permettersi il lusso di tenere il piede in due scarpe e millantare la propria missione liberatrice: libero trading per tutti, senza commissioni.
Capito come funziona il giochino del trading on-line, quantomeno quando parliamo di volumi decisamente alti? E capito da quanto tempo andava avanti e da quanto tempo i regolatori ne erano a conoscenza? Scusate, prima avevo definito il grafico su oro e Bitcoin come l’ultimo del pezzo. Non è vero, corre l’obbligo di pubblicare anche questo, tanto per mettere la questione in prospettiva definitiva: chi è stato profumatamente pagato, fino allo scorso ottobre, per tenere discorsi e conferenze – quasi tutte via Skype o Zoom, stante i lockdown – dalla stessa Citadel?
Janet Yellen, attuale segretario al Tesoro Usa. Capito perché c’è tanta fibrillazione attorno a Bitcoin?
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