A blessing in disguise. La lingua inglese è straordinaria, regala formule poetiche anche per dire che non tutto il male viene per nuocere. E infatti non c’è voluto molto per capire cosa stesse dietro il balzo del prezzo del gas che si è registrando ad Amsterdam ieri: proprio l’Olanda ha infatti deciso di chiudere il principale giacimento europeo, a partire dall’autunno. Di fatto, quando la voce energia tornerà in cima all’interesse di politica e media. Tardivamente. Capito perché non tutto il male viene per nuocere? Magari, qualcuno si sveglierà prima di sbattere ancora una volta la faccia contro il muro. Ne dubito, sinceramente. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire. Ma come, i media che leggete normalmente o che seguite su Internet o in tv non vi hanno detto che in meno di dieci giorni, il prezzo del gas europeo (Dutch Ttf) è raddoppiato, passando dai 28 euro del 5 giugno ai quasi 50 euro MWh toccati ieri in virtù di un aumento intraday di oltre il 20% all’ora di pranzo? Certo, troppo impegnati nell’attesa della Bce e della sua ennesima, inutile pantomima. Invece, le cose serie avvengono altrove.
Certo, è noto da tempo come l’operatività del sito di Groningen sia sul banco degli imputati per pericolose attività telluriche nella zona. Da molto tempo. Eppure, sia è deciso di chiudere ora. A partire dal 1 ottobre prossimo. Dove pensate che finirà il prezzo del Dutch Ttf, già oggi non a caso in impennata? Ma tranquilli, nessuna preoccupazione. Gli stoccaggi europei sono al 70%, stando ai dati diffusi solo la scorsa settimana da Bloomberg (agenzia statunitense). E poi c’è l’ipotesi di stipare le eccedenze in Ucraina, attualmente teatro di un quotidiano votato alla tranquillità più assoluta.
Nemmeno questo sapevate? La cartina mostra la mappa degli hub di stoccaggio dell’Ucraina, fra cui spicca quello di Bilche-Volytsko-Uherske, quasi al confine con la Polonia. Solo 60 chilometri. Per capirci, l’hub tedesco più grande – quello di Rehden – ha una capacity massima di 4 bcm. Quello di Bilche-Volytsko-Uherske di 17 bcm.
Perché la cosa deve interessarci e, a mio avviso, preoccuparci? Perché la Commissione Ue starebbe appunto valutando lo stoccaggio delle riserve europee in eccesso proprio in quell’hub ucraino. Serve spazio. Molto spazio. Sintomo che, a occhio e croce, tutta questa facilità di reperimento alternativo alle fonti russe – a oggi – non esiste, non vi pare? Quantomeno a livello di logistica, infrastrutture e certezza nella continuità di fornitura.
Quanto è sicura una mossa simile? Parliamo di un Paese in guerra. Un Paese le cui infrastrutture strategiche sono quotidianamente bersaglio di attacchi russi. I quali, in questo caso, avrebbero di fronte a sé la proverbiale possibilità di prendere due piccioni con una fava: colpire Kiev e anche il suo alleato europeo, oggi più che mai determinato nell’armare la controffensiva. Insomma, l’Ue verrebbe colpita proprio dove fa più male: l’energia. E la Germania ne sa qualcosa, stante il salasso di nazionalizzazioni di utilities e fondi di sostegno dello scorso inverno. Siamo sicuri che, da qui a qualche settimana, il nodo irrisolto del gas non ci arrivi fra capo e collo, magari quando l’aria condizionata diventerà bene indispensabile per famiglie e imprese italiane?
Ma noi compriamo dal Nord Africa, dal Golfo, dagli Usa. Quindi, L’Aja può permettersi di prendere una decisione simile. L’Aja, patria del Tribunale che vuole ingabbiare Vladimir Putin, in caso mettesse il naso fuori dalla Russia. L’Aja, perla di pulizia e ordine non distante da quella Amsterdam dove si trattano i futures. E da quella Rotterdam dove circolano le merci. Non a caso, c’era Mark Rutte insieme a Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen in Tunisia tre giorni fa. Davvero era preoccupato per la questione dei migranti, stante gli ultimi accadimenti al largo delle coste greche? O forse ormai le diplomazie sotterranee non hanno nemmeno più il pudore di rimanere tali? Perché chiudere Groningen il 1 ottobre, quando l’intera primavera ha visto l’emergenza gas brillantemente risolta dal combinato di wishful thinking politico e fine delle scommesse eterodirette? Forse proprio per questo.
Non tutto il male viene per nuocere, a volte serve ad aprire gli occhi. Possibile che nessuno a Roma senta la necessità di rimettere la questione energetica in cima alle priorità, da subito? Siamo così certi che l’offerta del Nord Africa sia risolutiva, al netto di un’Algeria che è dependance di Mosca? Il silenzio del Cremlino, da qualche giorno, fa rumore. Gli Usa minacciano di rifornire gli ucraini di proiettili all’uranio impoverito, in modo da garantire un business di bonifica che durerà una trentina di anni e dalla Russia nemmeno un plissé. Anzi, si ammette che Kiev sta guadagnando posizioni. Forse il Cremlino ha deciso di rispondere alle sanzioni con la sua vera arma, la stessa che l’Europa pensava di aver scaricato e che invece Cina e India stanno mantenendo in stato di perfetta efficienza, pronta a fare fuoco?
Sono un po’ troppe le coincidenze. Certo, il rasoio di Occam garantisce la non secondaria opzione di tacciare di complottismo chiunque avanzi un dubbio. E per i media è un plus. Ma i rasoi tagliano.
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