Non so quanti di voi conoscano lo scandalo della Banca Romana che fu al centro delle cronache italiane fra il 1892 e il 1894 e travolse il Governo Giolitti. Vi invito a documentarvi, al riguardo. Non solo perché rappresenta uno scandalo finanziario ante litteram rispetto alla finanziarizzazione che conosciamo, ma, soprattutto, perché si configura come la madre di tutte le commistioni fra mondo creditizio deviato, imprenditoria rapace e politica corrotta.



Due sono le fondamentali caratteristiche. Primo, alla fine tutti furono assolti. La classica applicazione del principio del tutti colpevoli, quindi nessun colpevole. Secondo, la metodologia con cui il Governatore della Banca Romana garantì – nel decennio precedente all’esplosione dello scandalo – fondi pressoché infiniti per mazzette e ruberie. Il buon Bernardo Tanlongo, infatti, si era inventato un metodo infallibile. Stampava la moneta in più necessaria a colmare i buchi generati dalle sue elargizioni di sistema. Fisicamente. Nel senso che, con la scusa ufficiale di sostituire le banconote usurate in circolazione, dava mandato alla stamperia di Londra abilitata di coniare nuova moneta. Ufficiale e con tanto di filigrana originale. Peccato che la moneta circolante, quella formalmente usurata, non venisse ritirata contestualmente per andare al macero. Restava circolante. Semplicemente, i numeri di serie venivano raddoppiati contando sul fatto che nessuno ci facesse case. Et voilà, la base monetaria raddoppiava anch’essa. E gli ammanchi contabilmente coperti, nonostante la Banca Romana non avesse ovviamente sufficiente ora da porre a garanzia del nuovo conio.



Non male, quantomeno per l’epoca. Non c’erano derivati. Non c’erano swaps. Ma c’era già la contabilità creativa. E la corruzione. Ma, soprattutto, la manipolazione monetaria. Ora pigiate un simbolico tasto di fast forward, come quando volevate mandare avanti veloce un’audiocassetta. Cos’è il Qe perenne in cui viviamo da oltre un decennio, se non l’applicazione più raffinata e politicamente corretta del metodo Tanlongo? E c’è chi ancora lo applica. Chiaramente, nel pieno rispetto della legge. E, anzi, essendo anche preso ad esempio.

È il caso, ovviamente, della patria dell’Abenomics, quel Giappone visto dai cultori del Mmt e del debito che non esiste come la patria d’elezione, il laboratorio permanente di ogni monetizzazione, la fabbrica di quella magica ricetta per il benessere artificiale e infinito chiamato helicopter money. Bene, cos’ha annunciato Tokyo non più tardi del 28 ottobre scorso? Che a fronte del dato inflazionistico CPI più alto dal 1989 (solo il 3%, ma ricordiamoci che stiamo parlando della nazione della lost decade da deflazione cronica), non solo la Bank of Japan ha annunciato l’aumento degli acquisti in seno al Qe, al fine di preservare quella politica sul controllo della curva dei rendimenti (decennale non oltre il cap fisso dello 0,25%) che nelle ultime settimane era andata totalmente fuori controllo nonostante l’intervento costante e gli acquisti pressoché onnivori, ma il Governo ha anche lanciato un programma di stimolo da 200 miliardi di yen per – rullo di tamburi – combattere l’inflazione! Ovvero, la Bank of Japan stampa di più per contrastare gli effetti nefasti dell’aver stampato a ciclo continuo. Disintossicare un alcolizzato con la grappa.



E il Governo pensa di riuscire a calibrare e incanalare ulteriore liquidità nel sistema unicamente verso le spese energetiche, ottenendo così il duplice risultato di combattere gli eccessi che alimentano i dati inflattivi senza l’effetto collaterale di un loro travaso da ampliamento della base monetaria circolante. Praticamente, roba da TSO di massa per l’intero Governo e il board della Banca centrale. E invece, c’è qualcuno che guarda a questa mossa da reparto psichiatrico e auto-combustione di ogni libro di economia esistente al mondo come il colpo di genio che sblocca la situazione. E combatte l’inflazione rendendo tutti più ricchi. Praticamente, il retropensiero di Bernardo Tanlongo e il suo miracoloso caso di contabilità creativa.

Cosa potrebbe andare storto in un mondo perfetto come questo? È presto detto. Ce lo spiegano in prima battuta questi due grafici, i quali mostrano come gli indicatori paiano indicarci che sia il dato inflazionistico globale CPI che l’indice che misura il grado di hawkishness delle Banche centrali – ovvero la predisposizione alla modalità rialzista sui tassi – stiano raggiungendo il loro picco. Anzi, qualcuno scommette che lo abbiano già raggiunto.

Conseguenza pressoché immediata, la Fed sarebbe pronta a dar vita al cosiddetto pivot della sua politica monetaria: ovvero, mitigare i rialzi per garantire un sostegno all’economia reale che affronta i primi, pesanti rallentamenti pre-recessivi. Magari, già a partire dal board di oggi e domani che potrebbe decidere per un ritocco meno drastico. E lo stesso, stante le proiezioni da film horror dei dati di crescita dell’eurozona, potrebbe essere costretta a fare la Bce, dopo due ritocchi di fila da 75 punti base l’uno, a fronte di un’inflazione che ha visto un calo solo in Spagna e proprio ieri ha toccato il record assoluto di +10,7% in ottobre. Tutto come da copione, almeno per chi mi legge con assiduità.

Qual è il rischio? Ce lo mostra questo terzo e ultimo grafico: stando all’analisi di oltre 320 rilevazioni uniche compiute da Deutsche Bank nei trend storici delle economie di 50 Paesi sviluppati e in via di sviluppo, una volta che l’inflazione ha raggiunto l’8% – dato ampiamente superato a fronte di un CPI medio globale in doppia cifra, per precisione al 10,16% – le economie di Stati Uniti ed Eurozona ci mettono parecchi mesi a registrare una discesa sensibile, stante una media inter-trimestrale rappresentata dall’area di sfondo azzurra e la media dalla linea blu.

Guardate invece le proiezioni attese dai dots di Bloomberg per il ciclo attuale: questa volta, come tutte le volte dalla crisi Lehman in poi, sarà diverso. Calo repentino e in tempi record. Tradotto, Fed e Bce possono cominciare tranquillamente a rallentare i rialzi. Già adesso. Perché, come ci dissero con i rischi inflattivi legati a una liquidità infinita da Qe, non esistono effetti collaterali da potenziale early pivot del ciclo rialzista. Proprio sicuri? Perché siccome anche i bambini sanno che il mercato equity e obbligazionario è già arrivato a un livello di stress da liquidità e rischio di controparte tale da non reggere altri rialzi, il sospetto è quello di una politica da incidente controllato che ora le Banche centrali devono comunque far terminare.

Tradotto? Prepariamoci a un mondo che dovrà presto rivedere almeno al 3-4% l’obiettivo inflazionistico statutario delle Banche centrali, stante livelli di prezzi strutturalmente più alti per esigenza assoluta di compressione di uno stock di debito pubblico e privato ormai insostenibile. Domanda: i salari godranno di automatica e costante rivalutazione? Risposta: sperateci.

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