Dunque, se sostieni che l’11 settembre sia stata un’operazione interna dell’intelligence Usa, sei un complottista. Se invece – come hanno fatto ieri Repubblica e Corriere – garantisci ampio spazio e copertura mediatica al fatto che la Russia abbia usato un’arma ad alta energia su agenti di FBI, CIA ed esercito USA e che nel cervello degli attentatori di Mosca fossero presenti microchip e sostanze psicotrope, sei un realista che difende l’Occidente dai nemici delle libertà. Signore e signori, benvenuti nel Russiagate 2.0. Questa volta, all’ennesima potenza. Perché non strumentale solo al voto presidenziale Usa, come accadde quattro anni fa e anche otto anni fa. Bensì anche alle Europee di giugno.
E infatti, et voilà, puntuale come il Qatargate che non ti aspetti, salta fuori la denuncia del misconosciuto Premier belga: eurodeputati pagati dalla Russia per sostenere la loro propaganda all’interno delle istituzioni Ue. Viene da chiedersi quali decerebrati il Cremlino abbia assoldato, visto il record assoluto di sanzioni e decisioni russofobe assunte dall’Ue negli ultimi due anni e mezzo. Ma a tempo di record, ecco che l’Europarlamento ha già il nome del mandante e parrebbe pronto alla gogna per i traditori. Sono letteralmente disperati. Perché la loro retorica ormai fa sorridere.
In Turchia, le elezioni hanno parlato chiaro. Recep Erdogan ha perso. E sapete perché? Perché ha fatto gestire la lira turca e i tassi di interesse da un branco di pazzi o yes men. E quando ti ritrovi con un’inflazione venezuelana soltanto certi economisti possono pensare che sia un bene perché tempera gli interessi su un debito che a sua volta oscilla fra il giapponese e il greco. Mentre le tue riserve estere stanno in piedi solo grazie agli swaps valutari della Pboc, la Banca centrale cinese. Semplicemente, la gente ha fame. E non ti vota più. È la democrazia, bellezza! La quale, ogni tanto, salta fuori anche nelle democrature. Sapete invece dove è stata soppressa, totalmente ed ex ante? In Ucraina. Perché domenica si sarebbe dovuto votare per le presidenziali anche lì. Invece quello stinco di democratico di Volodymir Zelensky ha deciso che il clima di guerra non consentisse un voto sereno. Qualche tg ha ricordato questa anomalia tutta sponsorizzata dall’Occidente, per caso? Zero. Fanta-idiozie sulla Russia e attacchi a Recep Erdogan, il quale – salvo colpi di Stato estivi, un classico turco come il Cornetto Algida lo è per l’Italia – pare aver accettato l’esito del voto. In attesa del bonifico da Pechino.
Perché far adombrare al solito ex agente russo l’ipotesi dei microchip impiantati nel cervello degli attentatori per farli obbedire all’ordine di compiere l’attentato, equivale a dire che Mosca ha operato in modalità incendio dei Reichstag. Ovvero, Vladimir Putin avrebbe scientemente lasciato massacrare civili inermi per costruirsi l’alibi e avere mano libera in Ucraina per chiudere i giochi. La conferma? Il fatto che sia stata ampliata a coscrizione ad altri 150.000 cittadini, di fatto la prova provata di una campagna di primavera per annientare le difese ucraine ancora in attesa di armi dall’Occidente. Ovviamente, questa gente non ha il coraggio di dirlo chiaro. Cita fonti anonime. Si nasconde dietro i si dice. I pare. Si nasconde dietro la vulgata in base alla quale i microchip li avrebbero impiantati gli ucraini. Ma come, in Italia si chiede di non invitare chi sostiene certe tesi nei talk-show, perché inquinerebbe il dibattito e poi i principali quotidiani sembrano romanzi di Isaac Azimov? E perché non ribaltare l’assioma, allora? Anche a Kiev fa comodo l’accaduto. Prima dell’attacco contro il teatro russo, nessuno più si filava l’Ucraina. E, soprattutto, gli stanziamenti erano ormai al lumicino. Di colpo, tutti stanno ripensando a quella politica di abbandono. E Volodymir Zelensky è tornato a fare la sua colletta globale.
Avete notato, poi, come sia durata poco la retorica dei brogli nel voto in Russia? Come siano sparite a tempo di record le presunte prove di militari con passamontagna e mitra che passavano in rassegna le cabine elettorali? E anche la telenovela sulle ultime ore di Navalny, tra passeggiate siberiane e altre bizzarrie, non ha attecchito granché. Forse perché l’economia russa doveva crollare e, invece, oggi potrebbe prepararsi a spedire il barile di petrolio sopra i 100 dollari, stante il taglio della produzione a partire da ieri?
Dove sono finite le code di russi affamati che assaltano i bancomat vuoti e poi puntano il Cremlino come nell’ottobre 1917? E le banche collassate a causa dell’esclusione dal sistema Swift? E le entrate fiscali dell’export energetico azzerate dalle sanzioni, mentre i credit default swaps suonano il de profundis per Vladimir Putin? Peccato che Cina e India abbiano garantito addirittura di più, comprando con il badile e sotto costo, grazie al geniale cap e alle sanzioni. Ora vogliono utilizzare i beni russi congelati per finanziare Kiev? Tranquilli. Non lo faranno. Semplicemente perché a livello di diritto internazionale non possono, pena creare un precedente che metterebbe nelle braccio della morte metà dei vulture funds di Wall Street. E siccome sanno che quella ucraina è una causa persa, alzeranno la voce fino alle Europee. Poi fino alle presidenziali Usa di novembre. Dopodiché, Kiev diventerà una fermata della metropolitana di Mosca. È tutto scritto.
E sapete perché? Guardate questo grafico si chiama economia di guerra e permette alle spese per costruzioni negli Usa di esplodere letteralmente. Nel pieno di una crisi bancaria che dura da un anno e che al centro ha proprio l’esposizione al settore del real estate, mentre i tassi per contrarre mutui immobiliari sono ancora ai massimi da anni!
Capite da soli che è tutta un’enorme pantomima. Che quella crisi bancaria è stata creata a tavolino. Non a caso, per mesi, ha consentito alle banche un arbitraggio molto fruttuoso fra i tassi a cui si finanziavano emergenzialmente e quelli che ottenevano un secondo dopo dalla medesima Fed, depositando la cifra ottenuta come riserve. Ecco il mondo libero che si vuole difendere in Ucraina. Gira tutto attorno a Wall Street e alla Fed, il resto è soltanto sceneggiatura per Netflix.
E attenzione, perché se l’Italia ha ancora pochi mesi prima del redde rationem autunnale con i conti pubblici, il Patto di stabilità e la manovra correttiva, il fatto che un ex maccartista come il ministro Guido Crosetto di colpo inviti tutti a darsi una bella calmata nei toni che si stanno utilizzando contro la Russia, parla chiaro. Perché quando il ministro della Difesa che fino all’altro giorno sembrava Clint Eastwood in Gunny salta fuori con un appello a evitare scelte di pancia contro una potenza come Mosca, forse ci offre lo spoiler di qualcosa che va oltre il buonsenso. Russia e Cina non possono essere snobbate da un’economia come quella italiana che da qui a fine anno finirà le sue scorte di doping edilizio, pena un default dei conti e un deficit a doppia cifra. Ma fino a oggi, è stato così.
Vuoi vedere che Giorgia Meloni da Washington ha portato in dote solo un bacio in fronte? La ricreazione sta davvero finendo. E quando il Corriere della Sera è così disperato da evocare microchip impiantati nei cervelli dei terroristi, c’è davvero da augurarsi che la campanella suoni in fretta. Dentro Matrix, d’altronde, ci siamo già. Da tempo.
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