Se leggendo un giornale o un sito di informazione, vi imbatteste in questa formula – Henry Hub vs TTF -, cosa capireste? Siate onesti, la gran parte di voi la tratterebbe come fosse arabo. A ragione, oltretutto.
Intendiamoci, questa è la terminologia esatta ma strettamente da addetti ai lavori. E il problema non siete voi. Ma la stampa, siamo noi. La quale non solo di certi argomenti si guarda bene dal parlare, ma, soprattutto, le rare volte in cui si avventura in questa impresa, generalmente lo fa senza spiegare. Senza approfondire. Senza addentrarsi in quelli che è più comodo lasciar percepire e sedimentare come meandri oscuri agli occhi dell’opinione pubblica.
In realtà, quella terminologia così apparentemente astrusa altro non è che il differenziale di prezzo fra il gas naturale Usa e quello europeo. Tutto qui. E cosa ci mostra questo grafico fresco fresco di proiezioni per l’intero 2025? Che l’anno prossimo segnerà uno spread medio di 11,10 dollari. Chiaramente a favore degli Usa e del loro gas naturale. In gergo si chiama arbitraggio. E gli Stati Uniti grazie alla guerra in Ucraina e alle sanzioni alla Russia stanno per incassarne i dividendi. Economici. Ma anche e soprattutto geopolitici.
Non a caso, uno dei big player a stelle e strisce come Venture Global ha annunciato l’inizio della produzione di LNG (gas naturale liquefatto) nel suo secondo, gigantesco impianto di Plaquemines in Louisiana. Guarda caso, l’annuncio è arrivato a pochi giorni da una floatation da 3-4 miliardi di dollari, qualcosa che non si registrava a Wall Street dal 2013 con l’Ipo da 2,9 miliardi di Plains GP. E quando è cominciata la Bonanza per Venture Global? Con l’esplosione dei prezzi post-sanzioni alla Russia. Non è infatti un caso che il suo primo terminal per l’export, il Calcasieu Pass, sia entrato in operatività nel marzo del 2022. E non basta. Un terzo progetto denominato CP2 sta attendendo l’autorizzazione all’export dal Dipartimento dell’Energia, atto che Joe Biden aveva congelato. Nemmeno a dirlo, Donald Trump ha già reso noto che eliminerà quella moratoria. E guarda caso, Venture Capital è in causa di fronte alle autorità europee per inadempienza contrattuale nella fornitura appunto di LNG via mare. A fargli causa, BP e Shell. Non una utility di provincia. Insomma, capite cosa ci attende nel 2025?
E ora date un’occhiata a questo secondo grafico. Non solo l’America ha ormai consolidato la sua quota di mercato europeo nell’export di gas e farà di tutto per non perderla, ma, soprattutto, esattamente in questo momento sono oltre 20 i cargo che si stanno dirigendo verso i porti europei, dopo un re-reouting dall’Asia proprio in ossequio a quell’arbitraggio. Un 30% in più rispetto alla media attesa per il 2024.
Nei primi 10 mesi di quest’anno, gli Usa hanno esportato in Europa circa 82 milioni di metri cubi di LNG, stando a dati di Kpler. E con il viaggio dal terminal di Cove Point in Maryland a quello tedesco di Wilhelmshaven che impiega 12 giorni contro il triplo per raggiungere Guangdong in Cina, la scelta appare scontata.
Ora, al netto delle implicazioni politiche di aver sacrificato il gas sicuro e a basso costo della Russia con quello carissimo e dipendente da lunghe traversate degli Stati Uniti, occorrerebbe porsi una domanda. Quantomeno sarebbe il caso che se la ponesse il Governo. E se questa corsa all’export facesse esplodere i prezzi interni negli Usa e Donald Trump decidesse la prossima primavera di bloccare o limitare le esportazioni per non incorrere nell’ira popolare e nel ritorno dell’inflazione, cosa ci attenderebbe la prossima estate come europei? Uno spoiler relativo a livello di stringente realismo di questo interrogativo ce lo offre quest’ultimo grafico. Stampatevelo, a futura memoria.
Stando a rilevazioni appena rese nota dalla Gas Infrastructure Europe (GIE), gli stoccaggi sotterranei combinati di gas di Regno Unito e Ue sono calati di 83 terawatt-ora (TWh) tra il 1 ottobre e il 26 novembre. Si tratta di uno svuotamento con un ritmo quattro volte più veloce della media degli ultimi 10 anni. E al livello massimo dal 2016. Sarà forse per questo che, come mostra il grafico pubblicato la scorsa settimana dal Financial Times, già oggi i traders pagano un premio record per le consegne di gas naturale per la prossima estate e in vista delle scorte da rimpolpare per l’inverno 2025? Si prezza e si incorpora un’Europa nel pieno del caos di approvvigionamento energetico russo-ucraino, forse? Non a caso, proprio le autorità europee hanno appena concordato un aumento degli stoccaggi dal 45% al 50% entro il mese di febbraio. E si parla di almeno il 50% di riempimento.
E sapete quali Paesi hanno visto l’upgrade più drastico dei loro livelli da rimpolpare da qui a tre mesi? Austria, Ungheria e Italia. Ma di certe cose, si sa, meglio non parlare. Salvo poi maledire il caro-bollette e Vladimir Putin.
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