In tedesco esiste una parola che trovo straordinariamente azzeccata per descrivere la situazione italiana (sì, sto derogando alla mia promessa, ma spero che capirete come siano le contingenze stesse a richiederlo): zugzwang. Sembra cinese, lo so. Ma non lo è: significa obbligato a muovere e si riferisce a una situazione nel gioco degli scacchi in cui un giocatore si trova in difficoltà, perché qualsiasi mossa faccia è costretto a subire lo scacco matto oppure una perdita, immediata o a breve termine. Insomma, usando una terminologia anglosassone, una situazione lose-lose.
Normalmente negli scacchi avere la mossa è un vantaggio, in quanto il giocatore può decidere quali attacchi o difese portare avanti. Lo zugzwang si verifica quando non ci sono mosse vantaggiose possibili, spesso nei finali di partita, stante il ridotto numero di pezzi rimasti sulla scacchiera (e, di conseguenza, quello di mosse possibili). Ecco, l’Italia di fine 2020 è nel pieno di un esiziale e terminale zugzwang. Sgradevole sensazione, lo ammetto. Ma scaricare le colpe sugli altri o, peggio, negarne l’evidenza non migliora le cose. Anzi. L’ultimo esempio al riguardo si riferisce ancora al totem del Mes, questa volta declinato in riforma del meccanismo salva-Stati cui l’Italia ha appena aderito, salvo innescare l’ennesima tragedia greca in vista del passaggio parlamentare del 9 dicembre.
La questione appare cristallina nella sua negatività: il Mes e l’intero processo della sua revisione appaiono deleteri per il nostro Paese e, come al solito, nasconderebbero chissà quale trucco della Germania per fregarci e renderci schiavi. Ovviamente, alla luce del coté predatorio nei confronti dei nostri gioielli industriali. E delle nostre banche. E partiamo proprio da queste ultime. Certamente un boccone appetibile, quantomeno per due ragioni: primo, il numero astronomico del risparmio privato del nostro Paese. Secondo, la capillare rete di filiali, di fatto una sorta di controllo del territorio attraverso i conti correnti. Nessuno lo nega. Anzi. C’è però una questione di fondo: è colpa della Germania, dell’Olanda o magari del destino cinico e baro se le nostre banche sono stracolme di sofferenze e Btp e costrette quindi a barcamenarsi, fra strette creditizie e aumenti di capitale ciclici, accompagnati da dolorosi processi di ristrutturazione dei costi?
Forse no. Magari il doom loop fra debito pubblico e sistema bancario è responsabilità primariamente nostra in quanto italiani, cosa dite? E anche l’abuso di crediti allegri ai soliti noti poi seguiti da draconiane contrazioni del meccanismo di trasmissione verso i poveri cristi è un problemino storico del nostro Paese, oltretutto uno dei più seri, perché equivale a un regime alimentare nel quale si passa ciclicamente da abbuffate pantagrueliche e diete di pane e acqua. Il fisico, nemmeno a dirlo, ne risente. Eccome.
Il Mes servirà sì a salvare le banche ma quelle degli altri, ecco l’ultimo mantra in circolazione per tramutare il Mes nel male assoluto, il Darth Vader dell’Impero eurocratico a guida teutonica. Davvero? Primo, occorre partire dal presupposto che basterebbe comportarsi in modo tale da non aver bisogno di ricorrere al Mes, condizione che risolverebbe il problema alla radice. Secondo, i cercatori seriali di alibi rimproverano al fondo salva-Stati nuova versione il peccato originale di operare come paracadute del sistema creditizio solo in caso il Paese che ne necessitasse, avesse contemporaneamente i conti a posto. Altrimenti, il destino è quello di diventare prede a prezzo di saldo della concorrenza estera. Lo ammetto, un quadretto allarmista che ha il suo fascino. Fa presa, soprattutto in tempi di crisi economica da pandemia. Ma anche qui, fermatevi e riflettete: voi, prima di prestare denaro a qualcuno, non vorreste delle garanzie di base, anche minime, fossero solo la sua parola e una stretta di mano?
Usciamo dall’equivoco, una volta per tutte: avere i conti in ordine dovrebbe essere un dovere morale, un imperativo primario di un Paese e della sua classe dirigente, non un vezzo da primi della classe di cui vergognarsi. Perché appare quantomeno patetico, se non direttamente in malafede, scomodare l’esempio tedesco di efficacia dei ristori per crocifiggere l’esecutivo Conte e poi condannare i conti in ordine, quasi fossero sintomo di predatoria austerity: se Berlino ha potuto operare con quella magnitudo e velocità di intervento per la propria economia reale è proprio perché ha il bilancio in salute. E una ratio debito/Pil che, anche al netto dello scostamento monstre in atto e previsto per il 2021, resta ampiamente sotto quota 100%. Ampiamente. La nostra un po’ meno, invece.
E infatti, ecco la geniale intuizione: tentare l’assalto al cielo e chiedere alla Bce di cancellare il debito riconducibile direttamente alla crisi pandemica. Un’idiozia, ovviamente. Una violazione dei Trattati, ovviamente. Ma, soprattutto, un pericoloso gesto di disvelamento del proprio approccio ai problemi: ovvero, dribblandoli con la perizia di uno slalomista o scaricando le responsabilità e le origini degli stessi su altri. Generalmente, i tedeschi brutti e cattivi. Guardate questi due grafici, i quali mostrano le due facce della stessa medaglia. Il primo svela il truccchetto che la Banca centrale turca pose in essere nell’estate del 2019 per gonfiare artificialmente il livello delle sue riserve estere, ovvero contemplando nel calcolo gli swaps. Il secondo mostra la dinamica del nostro debito pubblico lordo denominato in triliardi di euro (linea rossa) e quella magicamente aggiustata in base alle detenzioni dello stesso presso la Banca centrale (linea blu), ovviamente fattorizzando una cancellazione dello stesso come auspicato da qualche premio Nobel incompreso.
Scusate, in linea teorica e di principio, quale differenza sostanziale esiste fra i magheggi messi in campo da un Recep Erdogan disperato e quello proposto da David Sassoli e fatto suo dal ministro Fraccaro? Nessuna. E quale differenza esiste, concettualmente, con lo swap fatto dalla Grecia post-Olimpiadi con Goldman Sachs e che ha portato all’esplosione della crisi sovrana del 2010-2012 che quasi mandò in pezzi l’eurozona? Nessuna. Negazione della realtà. Conti truccati o aggiustati con maquillage finanziario o politico, degno del miglior Fausto Tonna.
Certo, partendo da questi presupposti è un po’ dura credere di poter accedere eventualmente al paracadute bancario del Mes, non vi pare? La questione però non è che i Paesi del Nord, furbi come volpi, vogliono assaltare la nostra cassaforte dopo averci fregato la combinazione in ambito di condivisione dati europea, bensì che noi siamo perennemente in difetto rispetto ai criteri minimi. Signori, senza una deroga grossa come una casa sulla capital key e sul limite per emittente, nemmeno il piano Pepp della Bce avrebbe garantito al nostro spread di essere oggi ancora sotto quota 200 punti base: ma se ieri mattina il nostro decennale prezzava lo 0,70% di rendimento sul mercato e quello di Spagna e Portogallo poco più dello 0%, una ragione ci sarà. Oppure è tutto un complotto generale contro di noi, talmente diabolico da contemplare anche la partecipazione di Madrid e Lisbona?
E in tal senso, parlando ancora di banche, come valutare la questione Unicredit dopo l’addio di Jean Pierre Mustier? Certo, l’uomo è caratterialmente quello che è. E, come mi fa notare un uomo con 30 anni di esperienza nel settore, non è detto che chi è stato in grado di risolvere le emergenze, poi sia anche in grado di costruire una nuova casa. Verissimo. Inoltre, è sacrosanta verità che le banche senza nocciolo duro vedano spesso e volentieri gli azionisti diventare volubili: come spiegare, altrimenti, il repentino cambio di indirizzo del Consiglio rispetto alla strategia sulle acquisizioni? Facile: di fronte a un mondo della politica che ti porge sul piatto d’argento l’aiuto che richiedevi, perché farle la guerra su Mps in punta di un impegno di guidance preso in sede di Cda? È forse colpa del tedeschi, se il sistema bancario italiano fa riferimento a Palazzo Chigi e a via XX Settembre, più che alle leggi di mercato? Jean Pierre Mustier con la sua opposizione all’operazione statalista su Mps ha soltanto voluto rimarcare questa anomalia: in maniera decisamente netta.
L’Italia dei carrozzoni piange perché il paracadute bancario del Mes rischia di vederla esclusa o preda: pensarci prima e non mettersi nelle condizioni di recitare quei ruoli, pareva brutto? Jean Pierre Mustier ha di fatto cominciato il suo avvicinamento alla porta d’uscita con la nomina di Pier Carlo Padoan a presidente del Cda di Unicredit, atto che più politico e meno rispondente alle logiche di mercato non si poteva compiere. L’ex ministro ha infatti un unico ruolo: essere garante supremo del fatto che l’affaire Mps-Unicredit vada in porto. Punto. Colpa della Germania, forse? Magari dell’Olanda? Signori, credete pure a tutte le narrative auto-assolutorie che volete, tanto abbondano e offrono anche svariate declinazioni e sfumature di complottismo anti-italico. Si abbinano a tutto, insomma. Poi, però, fermatevi e rendetevi conto di una cosa, testimoniata dal nostro spread inchiodato in area 120, nonostante tutti gli sforzi della Bce: siamo di fronte al nostro zugzwang. E ci tocca muovere.