Potrei parlarvi dell’inflazione nell’Eurozona tornata a salire. Ma ve l’ho detto il giorno stesso in cui la Bce ha tagliato i tassi. Carta canta. Non ci voleva certo un genio. Poiché era stata la stessa Christine Lagarde, un paio di settimane prima, a confermare un atteso colpo di coda dei prezzi nell’ultimo trimestre. Ora però non vale la pena di preoccuparsi troppo. Perché quella scelta è stata dettata da un calcolo preciso: per una volta, sarà la Fed a dover muovere la prima pedina. Al buio. Anzi, decisamente in una condizione non invidiabile. Perché la decisione sui tassi Usa arriverà il 7 novembre, due giorni dopo il voto. E, come vi ho spiegato nell’articolo di giovedì, nel pieno di un’esplosione dei rendimenti obbligazionari. La Bce ha tempo fino al 12 dicembre. La riunione del 13 novembre non contempla infatti decisioni di politica monetaria.



In compenso, il 27 novembre si terrà un altro meeting. Anch’esso non monetario. E ibrido: sia a Francoforte che virtuale. E qui il profilo è quello di una finestra emergenziale lasciata aperta. In caso la Fed incorresse in un clamoroso policy error e il mercato andasse fuori controllo. Tutto tranquillo?

No. Lo mostra questo grafico. Stando all’ultimo sondaggio ARD DeutschlandTrend, solo il 14% dei rispondenti giudica positivamente l’azione del Governo federale. E solo quattro volte da 1997, data di inizio di tracciamento attraverso questo campionamento demoscopico, l’Esecutivo in carica aveva fatto peggio. Una volta nel giugno 2010 sotto la coalizione Cdu-Liberali (12%) e tre volte fra il 2003 e il 2004 sotto quella rosso-verde (11% e 13%). Ma cosa più importante, il 54% di chi ha partecipato al sondaggio ritiene necessario un voto anticipato, mentre il 41% pensa che la coalizione semaforo debba andare avanti fino alla naturale scadenza di mandato. Settembre 2025.



Ora, la questione ci riguarda. Molto. Paradossalmente più del voto della Liguria appena concluso o quello dell’Umbria che già scalda gli animi. Per trovare la notizia, ho dovuto addentrarmi nei meandri del sito della Rai regionale del Piemonte. E ho scoperto che l’impatto della crisi Volkswagen è già arrivato alla Scanferla di Avigliana, azienda d’eccellenza che produce parti metalliche ad alta precisione, destinate soprattutto ai cambi delle auto tedesche. È un momento drammatico per le piccole e medie imprese come la mia – ha dichiarato ai microfoni della tv di Stato, il titolare Riccardo Scanferla -: Abbiamo fatto ricorso agli ammortizzatori sociali per cercare di limitare il danno. Risultato: dipendenti in cassa integrazione, -15% di fatturato in 6 mesi e ordini annullati. Prosegue l’imprenditore: Siamo partiti nel primo semestre con delle buone prospettive produttive, c’è stato un calo nel secondo semestre, ma non ci si aspettava una crisi così profonda.



E qui, fermi tutti. Come può un uomo che guida una fabbrica del genere non aspettarselo? Certo, leggendo giornali e siti autorevoli, tutto era bellissimo. L’unica notizia era il Dax che sfondava un massimo storico al giorno. Ma se avesse letto IlSussidiario.net, forse la crisi strutturale tedesca l’avrebbe vista arrivare. E magari, anticipata cercando qualche soluzione tampone. Prima di ritrovarsi con l’acqua alla gola. Perché la mia ossessione per l’interscambio Italia-Germania è nota. Seconda solo a quella per il delirio monetarista del Giappone. Forse, ora qualcuno smetterà di sventolare le bandierine dell’italico Pil. Oltretutto, al netto di revisioni Istat che nell’arco di due settimane si sono trasformate da manico del coltello a lama che cade. E occorre prendere al volo.

E come si risponde a una situazione simile? Stando al testo che conosciamo della Legge di bilancio, tagliando i 4,6 miliardi previsti dal fondo dedicato all’automotive. Ora ritenete ancora i miei allarmi eccessivi? E attenzione, perché questo è solo lo spoiler. Drammatico. Durissimo. Ma solo lo spoiler. Il grosso dell’effetto palla di neve arriverà da metà novembre in poi. E come risponde l’Europa a questa situazione da de-industrializzazione? Spedendo in fretta e furia una delegazione di sherpa a Pechino per cercare di rimediare a quella colossale e autolesionistica idiozia dei dazi sulle auto elettriche cinesi.

Possibile che nessuno si accorga di niente, prima di fare danni? E vi assicuro, il sottoscritto non è un genio. Come più volte e da più parti mi fanno notare, non sei nemmeno laureato. In effetti, ciò che scrivo deriva da un diploma di liceo scientifico. E da un’avversione quasi epidermica per le narrazioni imposte e la diplomazia di relazione. Quindi, capirete che scoprire come in un momento simile l’Europa perda tempo a commissionare e presentare con tutti gli onori un report dell’ex Presidente finlandese e oggi Special Adviser, Sauli Niinistö, dal titolo Safer togheter, fa cadere le braccia.

Il motivo? Al centro del working paper fa sfoggio di sé una palese denuncia dell’inadeguato grado di preparazione dei Paesi membri a una crisi sistemica, sia essa un attacco militare o una nuova pandemia. Soluzione? I vari Governi devono approntare piani che garantiscano acqua e generi alimentari per 72 ore in tutte le case e strutture. Di fatto, un invito a fare scorte. Praticamente, l’Europa ci sta dicendo che occorre porsi in modalità bellica.

Russofobia ormai sfuggita a ogni controllo? Variante Covid pronta a tramutarsi in alibi per far digerire proprio ai tedeschi una nuova, mega-emissione di debito comune che tenga insieme con lo sputo un’Unione ormai in entropico ordine sparso? O forse, semplicemente qualcuno ritiene salutare preparare teste e cuori a una crisi industriale e macro-economica che devasterà salari, stato sociale e potere d’acquisto, quasi la tosatura dell’inflazione fosse stata uno stress test?

Ognuno la pensi come vuole. Ma da ora in poi attenzione agli ottimismi partigianamente ideologici. O, quantomeno, attenzione a palesarsi con bandierine e trombette dalle parti di Avigliana.

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