Questo non è un grafico. Questa è la rappresentazione della morte di un business model. Questa è la Guernica della produzione industriale tedesca.
Questo è il sunto di quattro anni di follia. Iniziati con la sprofondo della pandemia e proseguiti con il combinato congiunto di transizione ecologica e sanzioni alla Russia.
Il risultato? De-industrializzazione. Questo, appunto.
E adesso? Formalmente, nulla. Le Borse europee hanno cominciato l’anno nuovo toniche. Almeno fino a mezzogiorno, quando i futures Usa hanno cominciato a inviare tremori. E siccome il Sistema è furbo, l’opinione pubblica viene ammaestrata a pensare in base agli schemi pre-1999. Ovvero, se gli indici azionari vanno bene, l’economia va bene. Perché in un mondo normale, i titoli guadagnano e perdono in base ai risultati. Gli ormai mitologici conti. I proverbiali sottostanti. Oggi, invece, ci pensano le Banche centrali. I buybacks. E la conseguente espansione lisergica dei multipli di utile per azione. Il resto è variabile indipendente. Musica di sottofondo. Di fatto, nulla più che un riempitivo. Per fare volume.
Ora date un’occhiata a quest’altro grafico. E provate a ragionare al netto delle manipolazioni.
Se il trend dei flussi creditizi verso famiglie e imprese non finanziarie e il quadro d’insieme della (fu) locomotiva d’Europa sono quelli dei grafici, l’Europa dove intende andare? Vuole diventare potenza esportatrice e fare concorrenza alla Cina? Vuole tramutarsi in consumatore seriale come gli Usa, basando la propria crescita sulla spesa, sia essa pubblica (via Bce e deficit) che privata, via indebitamento? Perché alla fine, il redde rationem arriva. Per il semplice fatto che Usa, Cina e Ue sono soggetti talmente grandi da imporre un regime di vasi comunicanti. Soprattutto dell’azzardo e del leverage. Ma mentre Washington e Pechino vivono da sempre un rapporto simbiotico fra super-produzione e super-consumo, l’Europa si configura magicamente come il proverbiale vaso di coccio tra i vasi di ferro.
Ora guardate questo terzo grafico: ci mostra l’azzeramento dei flussi bancari verso il comparto corporate non finanziario Ue dal 2020 (Covid) a oggi. Un bel -99%.
Motivo? Semplice. Le aziende si sono stra-finanziate a costo zero per trimestri grazie proprio a pandemia e Banche centrali. Quindi, chiedevano meno denaro alle banche, abbattendo il fattore domanda. Gli istituti, dal canto loro, a chi invece ne ha bisogno, lo negano il denaro. O lo fanno pagare come oro. Incolpando la Bce. Praticamente, il Faust. Proprio sicuri che il 2024, come europei, non ci porterà in dote uno tsunami di letame?
Nel frattempo, godiamoci le Borse toniche. Alla faccia dei gufi come il sottoscritto. Il quale, però, continua a raccontare ciò che vede sotto il pelo dell’acqua e sotto la sempre più sottile lastra di ghiaccio. Ad esempio, il fatto che – stando alle elaborazioni di Steno Research – i primi tre mesi di quest’anno porteranno con sé ciò che in gergo viene definito Stealth Qe. Ovvero, l’ennesimo gradito dono della coppia di fatto Powell-Yellen al sistema bancario Usa. Proprio nel periodo che già oggi vede ammassarsi tutti i pivot in grado di direzionare i mercati. Formale scadenza del Btfp, il fondo salva-banche che – nonostante i continui record – dovrebbe cessare la sua attività l’11 marzo. Attesa per il prosciugamento definitivo della facility di reverse repo della Fed di New York. Conto alla rovescia per il primo taglio dei tassi Fed, quantomeno stando alle prezzature dei futures. E tecnicalità varie che vedranno anche il Tga tramutarsi in generatore di liquidità. Insomma, tutti meccanismi che saranno in grado di porsi in outweight rispetto a ciò che già resta del Qt del bilancio Fed, destinato a proseguire al ritmo attuale di poco meno di 95 miliardi di media al mese.
Le stime? Circa 8-900 miliardi di aumento della liquidità entro fine marzo. Di fatto, un replay dello Stealth Qe scenario – il cosiddetto Qe furtivo – innescato dalla Fed nel dicembre del 2022 e sostanziatosi nell’ammassarsi di backdoor funding che nel corso del 2023 hanno mantenuto il Sistema sui binari, nonostante il formale regime di drenaggio di liquidità. A ottobre, poi, una prima prova generale di fine dell’ipocrisia. Terminata con l’inversione di marcia della Fed sull’ipotesi di taglio dei tassi e il pivot di inizio dicembre.
Se sarà così, di fronte a noi abbiamo una delle più rapide iniezioni di liquidità mai registrate da quando vengono tracciate le serie storiche. Soltanto i primi mesi di risposta coordinata alla pandemia da Covid tennero questi ritmi. Ma quella era un’emergenza. Globale. E conclamata. Oggi non viviamo forse nel migliore dei mercati possibili e, soprattutto, ben lontani da ogni ipotesi di recessione?
Stando al consensus registrato dal Financial Times nel suo sondaggio di fine anno, la Bce darà vita al primo taglio dei tassi nel corso del terzo trimestre di quest’anno. Ma occorrerà attendere la fine del 2025 per vedere il tasso sui depositi approssimarsi al 2%. Credete davvero che, a fronte di futures che nel caso degli Usa prezzano 6 tagli in più in soli 2 mesi di distanza fra una previsione e l’altra, la Bce possa permettersi una simile lentezza e gradualità? Pensate davvero che, mentre gli Usa annegheranno nella liquidità, Christine Lagarde potrà usare il bilancino e permettersi il lusso del data-dependent sull’inflazione? La quale – come mostra quest’ultimo grafico – nell’Eurozona ha appena conosciuto un bump al rialzo di fine anno. Un colpo di coda.
Policy error in arrivo? Bce che gentilmente si offre come agnello sacrificale per garantire l’alibi alla Fed? A breve, le prime risposte. Anzi, una è già arrivata. Come volevasi dimostrare, dopo i quantomeno irrituali 300 miliardi di aumento nell’ultimo giorno di trading dell’anno e il ritorno sopra quota psicologica di 1 trilione, la prima asta del reverse repo alla Fdc di New York del 2024 ha segnato martedì un crollo record da 314 miliardi, precipitando a 705 miliardi. Di fatto, ecco la prima, grande iniezione di liquidità backdoor o in disguise nel Sistema del 2024. Sembra tutto pianificato. Alla perfezione.
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