Wall Street sta sbandando. Il flip-flop legato ai timori di recessione è ripartito. Un giorno si sale, un giorno si scende. Nessuna certezza. Se non il fatto che da qui al 5 novembre, il rischio di montagne russe permanenti appare ormai ineluttabile. In attesa che la FED decida il da farsi rispetto al primo taglio dei tassi. In quel caso, meglio allacciare le cinture di sicurezza. D’altronde, stante il recupero da record dopo la sindrome giapponese di inizio agosto, nulla di cui stupirsi. O preoccuparsi. Quantomeno, se si prende la situazione da un’angolazione singola. Monodirezionale. Soprattutto, proiettata a reti unificate dai media.



Se invece si amplia il quadro all’insieme, forse un trend cui buttare un occhio con maggiore apprensione comincia a delinearsi. Partiamo con il dare una seconda occhiata a questo grafico, lo stesso che ho già pubblicato qualche giorno fa:

la clientela retail oggi pesa per un 57% record nella detenzione di equities USA. Insomma, Mr. Smith è andato all-in con la caccia ai minimi (se così si possono chiamare le valutazioni attuali, soprattutto una volta che le si sia rapportate a portafogli e conti titoli non degni di Warren Buffett) della mezza margin call globale innescata dalla Bank of Japan.



Ora date un’occhiata a questo secondo grafico che possiamo battezzare come il principale del pezzo:

Intento com’era a seguire le mosse di Nvidia e Gamestop, persuaso che la coda del rally in atto non avrebbe offerto repliche e che certe valutazioni dipinte come da tonfo dai siti e dai blog rappresentassero un’occasione migliore dei saldi da Walmart, ecco che invece Mr. Smith ha preferito perdere il treno del rally aureo. Il gap fra valutazione dell’oro fisico e detenzioni in ETF non è mai stato ampio come oggi. Mai. Nessuno ha voluto credere e investire nel lingotto. O nella barra. O nelle monete. E nessuno ha voluto replicare tramite strumento finanziario. Tutti a provare la camicia azzurra col collo bianco alla Gordon Gekko, tanto per vedere che effetto faceva. Il tutto mentre il sopracitato Warren Buffett scaricava titoli Bank of America come Dracula eliminerebbe l’aglio e gli specchi dal suo castello. Siete persuasi che una logica simile possa avere un fondamento che non vada a coincidere con la strada per il disastro potenziale?



In compenso, ora arriva la parte più interessante. Nota a tutti da sempre. E proprio per questo, di fatto percepita come inedita. Date un’occhiata al grafico che mostra le detenzioni di oro fisico delle banche centrali:

A luglio di quest’anno, quindi prima dello tsunami nipponico abbattutosi sulle Borse, sono tornate a salire. Ovvero, prima del policy error dei prodi kamikaze della BOJ, i loro colleghi hanno ben pensato di mettere in riserva altri lingotti. Invertendo il trend. E prima del rally sul prezzo. Ma le banche centrali non speculano. A parte la SNB elvetica, essendo soggetto di diritto privato e quotato. Le altre si cautelano. E dopo aver vaneggiato di status ormai desueto dell’oro come bene rifugio e aver millantato credito rispetto a un futuro di valute digitali, le varie FED e PBOC comprano oro fisico. Di fatto, un backing. Valutario? Forse. O magari dei debiti e delle perdite legate ai vari cicli di QE che sono serviti a pompare gli indici azionari? Gli stessi che Mr. Smith compra convinto di poter finalmente permettersi la villa in Florida per Natale. Mica è così fesso da operare su ETF aurei. O, peggio ancora, da correre ad accaparrarsi oro fisico, finché si trova. E a un prezzo ancora abbordabile. Quello lo fanno le banche centrali, appunto. Non vi pare un circolo vizioso? Non vi pare una gara a quattro cantoni di cui conosciamo già l’esito? Non vi pare che sia già scritto chi rimarrà senza sedia, quando si fermerà la musica? Ma, soprattutto, non vi pare che ciò che viene spacciato come libero mercato e di cui seguiamo con attenzione degna di miglior causa gli up and down innescati dai cambi d’umore di Nvidia, sia – in realtà e nel profondo – solamente uno schema Ponzi?

Qui il problema non è nemmeno più quello di capire se le banche centrali stiano più o meno azzeccando la mossa di politica monetaria, bensì quale agenda stiano perseguendo. Perché imporre pagamenti elettronici in ossequio alla valuta digitale che verrà, mentre si compra oro fisico, oggettivamente invia un segnale di confusione. O, peggio, la netta sensazione che si stia nascondendo qualcosa. E giova ricordare quale sia, focalizzandosi sull’Europa e quindi sulla BCE, il vero discrimine che occorre mantenere sottovuoto spinto, prima che emani effluvi pochi piacevoli. Proprio ieri, l’istituto IFO ha tagliato a 0% il tasso di crescita dell’economia tedesca per quest’anno, operando un’ulteriore revisione al ribasso anche per quello del prossimo, in questo caso dall’1,5% allo 0,9%. Ecco il commento al report di Timo Wollmershäuser, capo dipartimento dell’IFO: “L’economia tedesca è bloccata e langue nella depressione. La Germania soffre per una crisi strutturale: gli investimenti sono troppo scarsi, soprattutto nel settore manifatturiero e la produttività è stagnante da anni. Un combinato che si materializza con ordinativi negativi e un aumento del potere d’acquisto che non produce un aumento dei consumi ma piuttosto a maggiori risparmi perché prevale l’incertezza”.

Ora, provate a leggere questo dato – di per sé drammatico, stante il peso dell’interscambio commerciale fra Italia e Germania – attraverso la lente d’ingrandimento del ragionamento legato alle Banche centrali. E focalizzatelo sulla BCE. Quanti soldi ha stampato dal nulla l’Eurotower, sempre con la finalità ufficiale di sostenere economie e famiglie in tempi di crisi (cicliche)? Basta dare un’occhiata al bilancio. E alle prime perdite legate al programma di acquisto di bond. Ora chiedetevi dove siano realmente andati a finire quei miliardi. Alle aziende? Ai nuclei familiari? Oppure alle banche tramite aste di rifinanziamento a lungo termine e tassi a zero su cui operare carry trade di parcheggio e soprattutto in Borsa, gonfiando le valutazioni come anatre per il foie gras? Come spiegare altrimenti l’economia tedesca ridotta come certificano l’IFO e il DAX sempre sui massimi storici? Capite perché siamo di fronte a uno schema Ponzi potenzialmente più criminale di quello messo in atto da Bernie Madoff e altri epigoni meno noti? Capite perché è fondamentale capire il meccanismo?

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