La maggioranza va inaspettatamente sotto sullo scostamento di bilancio. Non un bel segnale, anzi. Ancorché i voti mancanti facessero in gran parte riferimento a parlamentari in missione. Quindi, formalmente giustificati. Ieri nuovo voto, nulla di politico. La figuraccia resta, però. E l’opposizione si scatena, addirittura abbandonando l’Aula. Forse per distogliere l’attenzione dal fatto che la segretaria del Partito che fu di Togliatti e Berlinguer scelga Vogue per la sua prima intervista politica e sveli di affidarsi alle cure di una personal shopper esperta di armocromia. Poi si lamentano degli operai che votano a destra e dei fascisti al Governo.
Ma il problema serio è altro. Nel silenzio generale, lo stesso Emmanuel Macron che avrebbe dovuto spalleggiarci per ottenere un Patto di stabilità meno stabile, ha schierato centinaia di gendarmi a Ventimiglia. Confine sigillato. E mentre l’hotspot di Lampedusa esplode nuovamente, ecco che l’Ue ha anche bocciato lo stanziamento di fondi per la Tunisia. Di fatto, il fronte più caldo dell’emergenza sbarchi viene ignorato. Problema italiano. Caos totale. E, soprattutto, a fronte delle promesse di Bruxelles, una più che probabile volontà di rivalsa delle autorità locali. Le quali, se già normalmente voltano lo sguardo di fronte alle partenze, ora potrebbero organizzare torpedoni dall’entroterra per farle aumentare. Con la bella stagione alle porte. Sia a livello climatico, sia di turismo. E al netto delle deliranti campagne pubblicitarie della ministra Santanché, il fatto che Parigi abbia deciso di blindare con largo anticipo la Costa Azzurra da eventuali travasi la dice lunga,. Sia sulla solidarietà europea e sul Patto del Quirinale, sia su cosa ci attenda.
Ma il rischio più grande arriva da quanto emerso dal farsesco e pietoso bilaterale Italia-Ucraina tenutosi mercoledì. Giorgia Meloni non solo ha invitato tutti a credere nella vittoria militare di Kiev – Babbo Natale in confronto è vivo e lotta insieme a noi -, ma, soprattutto, le aziende italiane a investire nella ricostruzione del Paese, arrivando a quantificare il piatto in circa 400 miliardi. Non contenti della fregatura in cui stanno giorno dopo giorno sostanziandosi i mitologici 209 miliardi del Recovery Fund poi tramutatisi nel Pnrr, ecco che un Paese le cui aziende principali – a guerra già scoppiata – vedevano ancora delegazioni in trasferta a Mosca per mantenere aperti canali commerciali, decide di andare ben al di là dell’atlanticamente corretto. Mentre Parigi ormai punta tutto sul suo fondamentale ruolo di raccordo fra Ue e Cina e la stessa Germania che ha ospitato il vertice Nato sull’Ucraina impone il proprio altolà di fronte a un ingresso troppo precipitoso di Kiev nel Patto, Roma sceglie Zelensky come interlocutore unico.
Un po’ come una cinquantina di Paesi fecero nel 2019 con Juan Guaidò, l’uomo che doveva archiviare il tandem Chavez-Maduro e traghettare il Venezuela verso la democrazia. Il suo mandato presidenziale è durato meno di due mesi, in realtà. Poi, oblio. Forse persino il badge disattivato agli uffici del National Endowment for Democracy, la casa di ogni destabilizzatore per conto terzi. E dopo essere stato espulso dalla Colombia, Paese in cui sarebbe entrato illegalmente a piedi, il 25 aprile è atterrato a Miami. Dove ha fatto richiesta dello status di rifugiato.
Fantascienza? No, realtà. Lo scrive il Washington Post. Occorre stare attenti ai cavalli su cui puntare. Molto attenti. E infatti, gli altri Paesi europei paiono aver capito che aria tiri. E i loro Premier si comportano di conseguenza. Noi, invece, no. E ci stupiamo per Goldman Sachs e Moody’s che cominciano a suonare la grancassa..
Volete capirne di più sull’immenso rimescolamento di equilibri in atto? Bene, guardate questa immagine. Ma non guardate la chiusura nell’orario di trading ordinario. Guardate quella delle contrattazioni after-hours di giovedì notte.
Capito perché due giorni fa il Nasdaq è volato sulle stelle? Già, un titolo cinese ha operato da driver. Anzi, detonatore di un vero e proprio botto. Ma cosa diavolo ha annunciato la società di brokeraggio di Hong Kong, un tempo nota come Zhong Yang Holdings (BVI) Limited? Ampliamento delle piattaforme di negoziazione? Nuovo business su opzioni e futures? No, semplicemente un colossale short squeeze. Roba epica. Roba capace di tramutare le montagne russe di GameStop in sonnolente fluttuazioni da penny stock.
Eppure, qualcosa deve essere accaduto. Quantomeno, qualcosa dovrebbe spiegare quell’ammassarsi di posizioni ribassiste che hanno reso possibile un reverse di questa magnitudo. TOP Financial Group stava andando a zampe all’aria e uno sconosciuto cavaliere bianco è giunto a salvarla, spazzando via tutto lo short interest come battigia sotto la furia dello tsunami? La questione è paradossalmente più seria. Trattasi di financial warfare al massimo livello. E tutto genera da Svb, la banca saltata sei settimane fa. Perché l’istituto californiano rappresentava un cosiddetto funding bridge tra fondi e start-ups cinesi e soggetti del mercato statunitense. Ecco quindi che il takeover da parte dei regolatori Usa ha tagliato questo link di netto, oltre a quello ancora più sistemico che vedeva Svb pronta a dar vita a una joint venture strategica con la Shanghai Pudong Development Bank, soggetto con bilancio proprio e che gestisce assets per 3 miliardi di dollari.
Insomma, Svb non era strategica per i prestiti a Mr. Jones e signora o al drugstore gestito dal Mr. Robinson. Di fatto, era l’erogatore di prima e ultima istanza di aziende cinesi in cerca di finanziamenti per sbarcare sul mercato Usa. Il cosiddetto China’s dollar-based ecosystem. Vuoi vedere che, al netto di bilanci in grado di far impallidire l’accoppiata da sogno Tonna-Madoff e che tutti conoscevano da sempre, la scelta di sacrificare Svb in stile Lehman abbia risposto anche a criteri di warfare finanziario contro Xi Jinping? Oltre che da cavallo di Troia per garantire un alibi alla Fed.
Apparentemente, pare andata proprio così. E TOP Financial Group rappresentava al meglio il titolo cinese quotato sul Nasdaq da colpire, al fine di inviare un secondo segnale a Pechino. Dopo aver conquistato la casamatta, ora si cominciava a picchiare anche sugli avamposti della guerriglia. E invece, qualcosa è andato nel verso contrario. Almeno così ci dice la Borsa. E questo qualcosa appare decisamente interessante da cogliere, prima che diventi mainstream. La scelta comunicata all’alba di ieri dalla Bank of Japan di mantenere immutata la politica di stimolo è stata letta come la capitolazione del mondo Qe-addicted, spingendo così i più concreti e pragmatici a guardare con maggior benevolenza dove prosperano crescita e liquidità a iosa? Occhio agli equilibri sotto il pelo dell’acqua. Dove viaggiano sempre più veloci gli iceberg.
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