Non vi stupisce che in questo Paese si parli di tutto, tranne che di economia? Ovviamente, il sottoscritto non vuole che i banconi dei bar o le banchine della metropolitana si tramutino di colpo in aula accademiche. Mi riferisco alla politica. La stessa che non più tardi di giovedì ha scoperchiato un vaso di Pandora enorme in sede di Europarlamento. Su 131 contrari totali alla mozione che invita i Paesi membri a togliere il divieto di utilizzo di armi Ue contro Mosca, ben 49 sono stati eurodeputati italiani. Oltre un terzo. Solo 7 i favorevoli. E due gli astenuti. Uno dei quali, Lucia Annunziata del Pd. Partito uscito a dir poco lacerato dal voto in sede europea.



Cos’è accaduto? Di colpo il partito più filo-Kiev del Paese (scusate ma Azione non merita nemmeno di essere definito tale) si è tramutato in un nido si quinte colonne del Cremlino? Riconoscenza a scoppio ritardo per i rubli al Pci? O forse, di fronte a un atto che potrebbe rivelarsi senza ritorno a livello di scontro economico e commerciale prima che militare, un sussulto di buon senso ha scosso le coscienze?



Perché l’inverno è alle porte. E il nostro Paese è totalmente sprovvisto di una fornitura energetica su cui fare affidamento. L’Algeria è una chimera. Oltretutto controllata da Gazprom. E il gas liquefatto Usa costa uno sproposito. Oltretutto, nel Golfo del Messico pare in formazione l’ennesimo ciclone. Quindi, scordiamoci che prima del 5 novembre qualcosa si muove in direzione Spagna. E pensate che, in caso di vittoria di Donald Trump, Washington poi fornirà un bene così prezioso senza un ulteriore ricarico da do ut des?

Mezza Europa sta continuando a comprare gas russo. E chi ha cercato di non farlo, sta di fatto fallendo. Il karma è una brutta bestia. Doveva essere Mosca ad andare in default, invece è dalla Germania che arrivano sempre più segnali di crisi strutturale. Dopo Volkswagen. Mercedes-Benz. E guarda caso, ad affossare il titolo in Borsa ieri sono stati i numeri in arrivo dalla Cina. Più che karma, trattasi di vendetta. Perché Berlino aveva flirtato in maniera a dir poco esplicita con il Dragone, cedendo addirittura parti dell’hub portale di Amburgo. Poi, di colpo, la freddezza più totale. Ora arriva il conto.



E il nostro, stante lo stralcio tout court del Memorandum sulla Via della Seta, sgarbo che la fredda accoglienza riservata a Giorgia Meloni nel suo recente viaggio in Cina ha dimostrato di non essere stato perdonato? Il nostro conto è ancora in elaborazione alla cassa. Ma state certi che sarà molto più pesante di quello tedesco. Perché Berlino può spendere ancora per un inverno. I conti lo consentono. Noi no. Noi già oggi siamo sorvegliati speciali. Sotto procedura di infrazione. E con un falco di prima categoria alla guida degli Affari economici, mentre tutt’intorno a quel dicastero, Spagna e Francia tutelano i loro interessi con cavalli di Frisia spacciati per Commissari. Sarà per questo che non si parla di economia dalle nostre parti?

Perché Confcommercio ha dovuto ammettere che la stagnazione del Paese è seria e l’obiettivo dell’1% di crescita per l’anno in corso appare ormai irraggiungibile. E qui la questione non è mica di prestigio politico. La questione è di conti della serva. Se il Def e la Nadef sono basati a livello di stime e coperture su un Pil all’1%, il fatto che questo sia più basso, complica non poco una Manovra che già oggi sta basandosi su una questua perenne di fondi. Il problema ulteriore? Lo scorso 30 luglio, l’Istat certificava come il Pil per l’anno in corso a livello tendenziale si sarebbe attestato allo 0,7%. Quindi il dato di Confcommercio appare ispirato a un ottimismo degno di certe previsioni da data-dependency della Fed.

Certo, abbiamo emesso tanto e collocato tanto come Tesoro. Certo, i tassi sono stati garantiti dalla Bce in modalità reinvestimento titoli e questo sembra permettere un minimo sindacale di ottimismo. Ma resta il fatto che dal 2025, salvo cambi di programma che coincidano però con una recessione tout court che ci stroncherebbe, l’Eurotower non schermerà più il nostro debito. Fine. Quella carta torna sul secondario. Si naviga a vista. E, soprattutto, in base a un principio di mark-to-market. Ed ecco che allora si spiega il perché di quel calore glaciale emanato dalle fotografie post-vertice fra Giorgia Meloni e Mario Draghi a Palazzo Chigi. Spernacchiato in Europa, stante una bocciatura della sua agenda che solo la patetica devozione al santino nazionale ha ridimensionato nella portata sui media, l’ex Premier e capo della Bce sta di fatto scrivendo e dettando il programma degli ultimi due anni di governo. Riforme e spending review. Tradotto, cassa con pensioni, risparmio privato e ricchezza immobiliare.

Preparatevi. Non c’è altra via. La Germania non permetterà mai l’emissione di debito comune, a meno di non accettare come conseguenza AfD al 60% dei consensi a livello nazionale. Berlino bloccherà ogni possibile compromesso per vendere in patria la linea intransigente e, contestualmente, spenderà tutto il possibile per tamponare gli effetti di una crisi industriale senza fine. Se l’Italia pensa di ottenere deroghe dalla Bce, se lo scordi. Il mio timore, al netto di certi tremolii che cominciano a sentirsi dalle fondamenta del sistema bancario e assicurativo, è che qualcuno possa giocare la carta di un nuovo tetto alle detenzioni di debito domestico, al fine di tamponare crisi out of the blue. Se così fosse, difficilmente potremmo gestire l’aumento dei costi per interessi.

Nel silenzio generale, infatti, il Governo di Olaf Scholz non solo ha convocato i vertici di Volkswagen per chiedere conto dei rumors relativi a un aumento da 15.000 a 30.000 degli esuberi programmati, ma ha anche aperto un’indagine interna sulla gestione del post-vendita statale di titoli Commerzbank. Perché apparentemente, la Cancelleria e le Finanze si attendevano acquisti parcellizzati da parte di piccoli investitori. Invece, ecco Unicredit arrivare e razziare il razziabile. Una scalata. Sgradita. In primis ai potenti sindacati tedeschi che temono ridimensionamenti in patria, al fine di tutelare l’Italia. Sta accadendo questo, tutt’intorno. Ma nessuno ne parla. Il ministro Giorgetti è sparito. Giorgia Meloni non affronta il tema. Unica voce, Antonio Tajani in difesa degli extra-profitti bancari. Qualcuno gli dica che ci sono molti modi per auto-sabotarsi politicamente. E lui ha scelto il peggiore. Perché da ottobre, l’Italia diverrà come il mercato la notte del 4 agosto scorso. Ciò che si sviluppa gradualmente e sottotraccia, di colpo scoppierà all’improvviso. Un’emergenza dopo l’altra, una corsa contro il tempo dopo l’altra. Lo dicono le cifre. E la prova del nove per questo Paese. Normalmente, infatti, questo periodo dell’anno è quello in cui scattano trenini governativi tipo Capodanno per festeggiare l’esplosione del turismo e il suo boost per il Pil del 3° trimestre. Oggi invece abbiamo l’allarme (ottimista) di Confcommercio sul dato generale del 2024. Solo un caso?

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