Da oggi, il mondo dovrà fare a meno della Cina per una settimana. Puntualmente, infatti, il l’appuntamento con il Capodanno lunare blocca totalmente il Paese per i festeggiamenti, quest’anno ancora più attesi e sentiti del solito dopo l’incubo della pandemia del 2019-2020. Come mostra questo grafico, la Pboc ha voluto rispettare la tradizione fino in fondo, iniettando nel sistema nel solo mese di gennaio 3,58 triliardi di yuan sotto forma di nuovi prestiti. Ma non basta: dando un’occhiata al dato aggregato del Total Social Financing, si scopre che alla fine del mese scorso quella voce equivaleva a 5,170 triliardi yuan. Più o meno, 800 miliardi di dollari. Insomma, in un mese Pechino ha iniettato nell’economia il corrispettivo di 6 mesi di Qe della Fed.
In vista della settimana di black-out, possiamo dire che ha “caricato il bancomat”. Ma anche negli Usa hanno voluto omaggiare la ricorrenza. Se infatti Joe Biden ha telefonato a Xi Jinping in quello che è stato il primo colloquio diretto dall’insediamento alla Casa Bianca, appena agganciato il ricevitore ha annunciato la creazione di una task-force sulla Cina in seno al Pentagono – e non al Dipartimento di Stato o del Commercio, differenza sostanziale di approccio al problema – e sanzioni legate al golpe militare a Myanmar. Delicatezza diplomatica di cui solo i Democratici al potere sono capaci, godendo di immunità da sedicente superiorità morale ed egemonia mediatico-culturale: l’avesse fatto Donald Trump, si starebbe già invocando l’Onu per mancanza di tatto nel timing scelto. Ma non è questa la nota più interessante in arrivo dalla Cina, confidando che a Washington non siano così scorretti da mettere in campo iniziative diplomatiche “scomode” proprio nel corso dei prossimi dieci giorni. È un’altra e, guarda caso, ha anch’essa una correlazione diretta con quanto accaduto negli Usa.
Ricorderete tutti come lo scorso giugno la insolvente Hertz tentò di emettere 1 miliardo di nuove azioni at-the-money agli onnivori investitori delle piattaforme on-line, nonostante il conclamato ricorso al Chapter 11. Soltanto l’intervento del giudice fallimentare bloccò l’azzardo, visto che la fila dei compratori si era già formata e appariva in modalità saldi da Harrods la mattina del Boxing Day. Bene, dove Hertz ha fallito, la cinese GCL New Energy Holdings ha invece messo a segno il colpaccio. Nonostante abbia fatto default solo la scorsa settimana su un bond da 500 milioni di dollari, il 10 febbraio l’azienda nel settore dei pannelli solari ha venduto 2 milioni di nuove azioni sul mercato di Hong Kong, garantendosi 117,4 milioni di capitale fresco. Il motivo? Semplice. Nonostante dopo il default annunciato il 1 febbraio, il titolo sia nettamente calato in Borsa, lo stesso oggi segna ancora un lusinghiero +54% da inizio anno, grazie al fatto che dal 2 febbraio in poi ha invertito la tendenza e messo a segno un +49%. Insomma, i daily traders cinesi fanno la fila per comprare azioni delle aziende decotte o, peggio, in default.
Tutti pazzi? No, tutti certi che nessuno – alla fine – fallirà. Ed è la stessa logica che anima chi opera su Robinhood, puntando tutto su titoli sottovalutati come GameStop o Amc. È il frutto malato del monetarismo a oltranza. E onnipotente. D’altronde, quando inondi sistematicamente il sistema di liquidità, questo è ciò che accade. Nessuno più fallisce. E anche quando accade che si faccia default su un pagamento obbligazionario, come successo alla GCL, alla gente non importa. Anzi, corre a comprare i nuovi titoli che emetti.
Capite da soli che siamo alla follia. E questo grafico lo conferma: compara la massa monetaria M2 di Cina e Stati Uniti. I quali, signori, a dispetto di quanto si possa pensare sono quelli rappresentati dalla linea rossa.
Da marzo 2020 in poi, quando la pandemia ha “costretto” la Fed a tornare in campo, un vero e proprio tsunami di liquidità. E dove è andato a finire tutto quel cash, formalmente inteso e spacciato come aiuto all’economia? Lo mostra quest’altro grafico, il quale mostra plasticamente la medesima dinamica nel medesimo arco temporale: dal marzo 2020 in poi, il boom.
Tutti dicono addio alla Playstation e al poker on-line e si lanciano sul trading, pur non capendoci niente e avendo passato gli ultimi dieci anni a maledire Wall Street e i banksters. Le piattaforme, ovviamente, fiutano l’affare e abbassano o annullano le commissioni d’ingresso e il costo del servizio sul conto titoli. Tanto, come ha fatto Robinhood, i soldi veri li si ottiene rivendendo i flussi di clientela agli hedge funds. Un’enorme partita di giro.
Ora, però, qualcosa pare essersi rotto. Ancorché silenziosamente. Questi ultimi due grafici mostrano paradossalmente le due facce della stessa medaglia. Il primo dipinge a tinte vivide, quasi caravaggesche o degne del Van Dyck, l’attuale livello di valutazione di mercato attraverso la cosiddetta Shiller ratio legata all’espansione dei multipli di utile per azione. Dubito serva un mio commento.
Il secondo invece è un pochino più complesso. Mostra come, dopo l’attacco da balena di Softbank di fine agosto 2020 e la folle corsa di GameStop dell’ultima settimana, il prossimo obiettivo di approdo per l’esposizione gamma/call dei dealers potrebbe essere lo Standard&Poor’s 500. Le condizioni che resero possibili quelle performance (o scorrerie barbariche, decidete voi), infatti, paiono ricalcate dalla dinamica evidenziata dal team sui derivati di Société Générale: troppa domanda per copertura dalla volatilità e pressoché nessuna offerta, stante il montante timore che i Treasuries non operino più da hedging efficace, se realmente si materializzasse un contesto macro di reflazione. Insomma, quota ormai 4.000 garantita. E poi chissà cosa può accadere. Altrimenti, perché tanta scarsità di variance swaps – un derivato utilizzato per speculare sulla magnitudo nella variazione di prezzo di un asset sottostante, sia esso un tasso di cambio o di interesse oppure un indice azionario – sul mercato a fronte di una sete di protezione crescente e inestinguibile, nemmeno si trattasse di oasi nel deserto?
Non siamo forse nel migliore dei mondi equity possibili? O forse è proprio arrivata l’ora per un’ennesima wake up call in direzione della Fed, adagiatasi troppo sugli allori dopo che annuncio del vaccino e vittoria di Joe Biden le hanno “dato il cambio” e garantito un po’ di riposo in panchina? Tira una strana aria, elettrica. Ovviamente, la si sente solo a certe latitudini. Ma riverbera ovunque, statene certi.
Pensate che Beppe Grillo stia rischiando di spaccare in due il Movimento in nome del Ministero per la transizione ambientale, solo perché è un pazzo? O forse perché è conscio che l’ossessione green sarà la grande abbuffata dal prossimo anno, come mostra chiaramente il caso dei pannelli solari falliti della GCL New Energy Holdings, tramutati proprio grazie al default in assoluti oggetti del desiderio? L’uomo è tutt’altro che stupido. Anzi. E ottimamente consigliato, da sempre. Il mix di liquidità alluvionale e investimenti nella sostenibilità ambientale rappresentano non solo il business del futuro prossimo, ma anche un potenziale hedging politico da qualsiasi piega negativa la situazione finanziaria possa assumere: in una folla di potenziali capri espiatori, avendo l’imbarazzo della scelta rispetto al bersaglio del proprio indice accusatorio, nessuno se la prenderà con la povera Greta e accoliti, non vi pare? E sotto la dicitura green, vi assicuro, già oggi c’è davvero di tutto, roba da Circo Barnum.
A partire dalla stessa Europa che tramite il Next Generation Eu quel tipo di investimenti li impone, pena perdere i fondi stanziati (e Beppe Grillo lo ha capito prima e meglio degli altri, non a caso Mario Draghi lo ha accontentato a tempo di record): vi siete chiesti come mai, ad esempio, la Bce continui imperterrita a comprare bond corporate di aziende legate al comparto dei combustibili fossili, nonostante il mandato opposto della Commissione Ue? Forse perché è stupido lasciar precipitare allo status di zombie firm ciò che con un po’ di liquidità e tanta ipocrisia può trasformarsi in una GCL New Energy Holdings.
Il sistema è ormai è marcio e manipolato, fino al midollo. Non a caso, si sta passando una mano di verde sulle incrostazioni e sulla muffa, tanto per non dare nell’occhio. Ma quel dato rispetto alla mancata offerta di copertura dalla volatilità parla chiaro: tutti sanno che sta arrivando il tifone. Ma continuano a giocare sulla spiaggia. Sperando di evitare gli ombrelloni sradicati e di raggiungere in tempo le cabine. In attesa che torni il sereno, sotto forma di acronimo monosillabo. Ancora e ancora, fino a quando il sistema non salterà per la dinamica opposta ma ugualmente esiziale a quella di Lehman: troppa liquidità, infatti, equivale a nessuna liquidità. E ci stiamo avvicinando a quel paradossale tipping point. A passo di carica.
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